A Noto si “ascolta” il “canto delle stelle”: studiare l’universo con il radiotelescopio

Non solo di luce sono fatti i corpi celesti, ma di materia non visibile che ci dice tante cose dei processi di formazione delle galassie e ci consente di conoscere l’evoluzione stessa dell’universo.

Il mezzo, per questo tipo d’indagine, è il radiotelescopio, uno strumento specializzato nel rilevare le onde radio emesse dalle c.d. radiosorgenti (stelle, nebulose, buchi neri ecc.) sparse per l’Universo.

In Italia ci sono solo tre stazioni astronomiche dotate di radiotelescopio: a Medicina, vicino Bologna, in Sardegna, a circa 60 chilometri da Cagliari e, cosa poco nota a noi siciliani, a Noto, in provincia di Siracusa.

La stazione di Noto, che ho avuto modo di visitare, grazie al gruppo “Beni Culturali”, diretto e coordinato dall’attivissima prof.ssa Mirella Spillicchi da Modica (RG), è dotata di un’antenna parabolica del diametro di ben 32 metri, non tra le più grandi ma, comunque, un vero e proprio gigante che si orienta verso il campo celeste e ne carpisce i “suoni”. L’antenna, poi, è collegata ad altre, sparse in tutto il mondo, per ricostruire i fenomeni celesti attraverso il c.d. sistema interferometrico, cioè combinando i risultati di osservazione dello stesso oggetto, visto dalle diverse stazioni nello stesso momento (a tal fine ci si avvale di orologi atomici). In questo modo si ottiene la massima risoluzione nella ricostruzione grafica della stella o della galassia o di ogni altro fenomeno siderale.

Grazie all’osservazione radiotelescopica gli scienziati hanno scoperto che dietro le nebulose ci sono attività enormi di energia (ad es. quella sprigionata da una stella invisibile ai telescopi ottici), hanno potuto misurare l’età e la grandezza di una giovane galassia, valutando l’estensione di idrogeno che la circonda e, cosa ancora più affascinante, hanno “ascoltato” il “suono” del fondo cosmico, cioè la radiazione primordiale residua sprigionatasi durante la nascita dell’universo stesso (Big Bang).

Ovviamente, guardando l’universo, osservando le stelle, parlando della composizione del sole o della luce assorbita da un buco nero o della morte di una stella, ci si rende conto che la terra, questo nostro mondo così apparentemente grande, in realtà non è altro che una goccia di vita dentro un oceano di ignoto.

Albert Einstein ci ha spiegato che “tutto è relativo” e che le cose assumono un diverso significato a seconda del campo dal quale le si osserva. Noi, persone “comuni”, che di queste cose possiamo apprendere solo gli aspetti più superficiali, guardando le stelle, “ascoltandone il canto”, di fronte alla grandezza infinita e inimmaginabile dello spazio, non possiamo non chiederci se abbia veramente senso accanirsi con le guerre, per la ricchezza, per il maledetto dio denaro o anche per le scaramucce con il vicino di casa, spesso alimentate da motivi tanto futili quanto privi di logica. Ed invece, nella quotidianità del ventunesimo secolo, abitanti di città rumorose di giorno e (forse) troppo illuminate di notte, abbiamo perso l’abitudine di cambiare il nostro campo di osservazione e di alzare lo sguardo verso il cielo, di confrontarci con la nostra insignificanza. Alla luce assordante della modernità siamo diventati ciechi e sordi ai richiami della natura e ci stiamo evolvendo, smartphone alla mano, in esseri isolati e deformi, che vivono attraverso i pericolosissimi “filtri eterodiretti” dei social. E sembra si sbagliasse il poeta, quando scriveva della luna, immaginando che ci sarebbero stati sempre giovani che di sera/al suo lume appartati/si sorprenderanno/a dire parole felici.

Ma questa è già un’altra storia!

Per chi si trova nelle “terre di Montalbano” e vuole visitare la stazione radioastronomica di Noto, può farlo agevolmente. Anzi,  è bene sapere che lo staff di questa struttura organizza visite guidate, sia per adulti che per le scolaresche. Basta collegarsi al sito http://www.noto.ira.inaf.it o visitare la pagina facebook (basta cercare @radiotelescopionoto).

Buone stelle a tutti!

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