Un incontro importante con la città di Vittoria quello di sabato: un affollatissima Sala delle Capriate con persone (tra le quali un altissimo numero di studenti dei licei) attente e interessate agli interventi dei relatori che hanno analizzato le nuove strategie di contrasto alle infiltrazioni delle mafie nella nostra economia.
Dopo l’intervento iniziale della Presidente, Eliana Giudice (LEGGI SOTTO IL DISCORSO INTEGRALE) con proposte concrete, il saluto dell’assessore Bonetta in rappresentanza del sindaco e del Prefetto di Ragusa, Maria Carmela Librizzi.
E’ stato Paolo Borrometi a iniziare il giro di interventi, parlando a tutto campo dell’esigenza di essere “cittadini e non sudditi”, precisando che “Vittoria non è città di mafia ma che la mafia c’è, come c’è a Palermo, a Roma ed a Milano”.
“Le Forze dell’Ordine – ha detto Borrometi – devono essere il nostro punto di riferimento, anche culturale. Bisogna aiutarle e dar loro informazioni e denunce che possano permettere un’attività di contrasto al crimine organizzato sempre maggiore“.
Poi ha snocciolato, una per una, le inchieste condotte in Città, dal Mercato all’economia criminale. Fino ai recenti numeri della Caoldiretti/Eurispes che fanno della Provincia di Ragusa la prima per indice di criminalità organizzata.
Fino agli imprenditori “ai quali va tolto l’utile del non denunciare“. Facendo esempi concreti di imprenditori che hanno tolto la lavorazione dei propri prodotti a Di Mercurio e dando la lavorazione al cognato di Di Mercurio.
Poi un messaggio per i giovani che, per Borrometi, sono “il presente e non il futuro di Vittoria“.
Infine un richiamo alla politica: “Alle scorse elezioni – ha detto Borrometi – le liste erano piene di pluripregiudicati ma nessuno ha detto nulla. Esempio ne è Giovanni Tonghi, pluripregiudicato, nipote del mafioso Turi D’Agosta (detto Turi mutanna). La politica nelle prossime elezioni dovrà dare l’esempio, allontanando qualsiasi ombra nelle liste, su questo saremo intransigenti nel denunciare”.
Dopo Paolo Borrometi ha preso la parola il presidente onorario della Fai, Tano Grasso che, con attenzione, ha ricostruito la storia del pizzo e della criminalità in questo lembo di terra. Grasso ha elogiato, così come Borrometi e il prefetto Giuffrè, l’operato dell’associazione Antiracket vittoriese e “lo splendido intervento della presidente Eliana Giudice”.
Il magistrato Bruno Giordano, già protagonista di un partecipatissimo laboratorio sulla Costituzione tenuto a Vittoria nelle settimane precedenti, si è soffermato sulla storia della criminalità organizzata in Città, fino ad una lucida rappresentazione delle attuali problematiche.
A concludere, prima del messaggio di saluto della dottoressa Valentina Botti (a nome della Procura di Ragusa e del Procuratore, Carmelo Petralia), il discorso finale del Prefetto Santi Giuffrè, commissario per l’Antiracket nazionale.
Giuffrè ha sottolineato l’importanza di fare squadra contro la criminalità organizzata, citando come un “esempio” le parole della Presidente Eliana Giudice e di Paolo Borrometi.
IL MESSAGGIO DEL VICEMINISTRO DELL’INTERNO, FILIPPO BUBBICO:
IL DISCORSO INTEGRALE DELLA PRESIDENTE, ELIANA GIUDICE:
Porgo un saluto di benvenuto e un ringraziamento a tutte le autorità civili, militari ed ecclesiastiche che ci onorano oggi della loro presenza. Un saluto e un ringraziamento al Sindaco di Vittoria e ai rappresentanti delle istituzioni, agli operatori commerciali, agli imprenditori, ai professionisti, ai presidenti delle associazioni di categoria e ai presidenti delle altre Associazioni Antiracket Fai oggi presenti.
Sono già passati due anni da quando si è costituita a Vittoria l’Associazione Antiracket della Fai, grazie all’opera encomiabile di Tano Grasso, (voglio ricordare per i pochi che non lo sapessero che il modello dell’associazionismo antiracket è una sua geniale invenzione), e grazie al lavoro prezioso e instancabile di Renzo Caponetti, nostro presidente onorario.
E oggi abbiamo il piacere di averli di nuovo qui con noi, e abbiamo il piacere di avere anche il prefetto nazionale antiracket Santi Giuffrè, che ha una vasta esperienza sul campo, avendo ricoperto il ruolo di questore e avendo diretto diversi uffici di vertice dell’amministrazione della pubblica sicurezza. Ma in questa occasione importante del nostro secondo anniversario abbiamo voluto avere tra noi anche Paolo Borrometi, giornalista d’inchiesta e direttore del sito La Spia, da poco insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine al merito dal nostro Presidente della Repubblica, insieme a Federica Angeli di Repubblica. Paolo vive ormai da anni sotto scorta in seguito ad una aggressione subita ed alle continue minacce, anche di morte, che riceve, dobbiamo dirlo, sopratutto qui a Vittoria. Voglio dirvi una cosa: a questo Paese serve una classe politica incorruttibile e soprattutto lungimirante, ma ancora di più servono giornalisti liberi e coraggiosi.
E Paolo è uno di questi. Grazie a lui abbiamo potuto conoscere la mappatura criminale di questa città, nomi che spesso già si conoscevano, diciamocelo, ma si sussurravano soltanto e nessuno aveva il coraggio di fare. Ed è a questo che serve il giornalismo, quello autentico, quello non servile, a fare luce sugli intrecci criminali che avvelenano la nostra società e la nostra economia. Per questo suo importante lavoro Paolo continua ad essere oggetto di minacce pesantissime: ma ogni minaccia fatta a un giornalista, (dobbiamo essere coscienti), è una minaccia fatta alla libertà di noi tutti. Oggi siamo ancora una volta chiamati a fare il punto della situazione criminale in città e lo facciamo nell’ambito di questo convegno, organizzato proprio allo scopo, non solo di rimanere vigili e presenti sul territorio di nostra pertinenza, ma anche di dialogare, con i nostri illustri ospiti, sulle nuove strategie di lotta ad un fenomeno, quello mafioso delle estorsioni, in continuo mutamento ed evoluzione, specie nella realtà imprenditoriale di Vittoria.
Abbiamo già segnalato infatti come la situazione in città sia difficile e particolare: non esiste una raccolta capillare del pizzo a commercianti ed imprenditori, ma opera da anni una capillare infiltrazione criminale, ormai divenuta cronica, della mafia e dei suoi tentacoli nell’economia cittadina. Qualche giorno fa abbiamo partecipato alla giornata di mobilitazione che si è tenuta al mercato ortofrutticolo di Vittoria: la crisi che sta colpendo l’intera economia della fascia trasformata è sempre più drammatica e noi siamo fermamente convinti che le tante imprese sane di questa terra siano strangolate dalla politica commerciale comunitaria che ha aperto ai paesi terzi, senza preventive valutazioni di impatto e senza adeguata attenzione alle tematiche fitosanitarie.
Però non possiamo scordarci che la presenza della criminalità organizzata nei vari passaggi delle merci, dal produttore al consumatore, è una delle principali cause della lievitazione dei prezzi e delle speculazioni varie. Se i produttori vendono il loro prodotto a cifre molto contenute, il condizionamento illecito delle fasi successive che precedono la vendita determina un improprio aumento dei costi. Un’indagine dell’Antitrust ha evidenziato che i prezzi per l’ortofrutta moltiplicano in media di tre volte dalla produzione al consumo. La moltiplicazione delle intermediazioni, l’imposizione di servizi di trasporto e logistica, il monopolio negli acquisti dai produttori agricoli provocano non solo l’effetto di un crollo dei prezzi pagati agli imprenditori agricoli, che in molti casi non arrivano a coprire i costi di produzione, ma anche un ricarico anomalo dei prezzi al consumo che raggiungono livelli tali da determinare un contenimento degli acquisti. Il rapporto annuale Agromafie 2016, stilato dalla Coldiretti in collaborazione con l’Eurispes, ci dice a tal proposito qualcosa di agghiacciante: che Ragusa è la provincia italiana con il maggior Indice di Organizzazione Criminale della filiera agricola.
Secondo il rapporto Ragusa ha raggiunto il massimo, 100 Ci segue Reggio Calabria, 99 e Napoli al 78. I dati pubblicati dalla Coldiretti ci confermano che l’economia criminale non solo si èinfiltrata nel nostro tessuto economico, ma rischia di diventare padrona della principale attività di questa terra. La crisi del mondo agricolo rischia in tal modo di divenire il grande business per l’economia criminale, perchè chi ha liquidità fa affari e rileva imprese cotte dalle difficoltà economiche. L’intera filiera agricola ragusana, dalla produzione fino ai trasporti (e sappiamo che le mafie utilizzano propri mezzi di trasporto dove spesso vengono anche occultate droga e armi) l’intera filiera dicevamo, secondo Coldiretti, è quindi controllata dalla mafia. Inoltre, negli ultimi anni, si può dire che le mafie sono arrivate fino alla tavola degli italiani, grazie all’ingresso diretto nella Grande distribuzione organizzata, con supermercati e insegne proprie. Naturalmente questa presenza si ripercuote sul mercato, distruggendo la concorrenza e instaurando situazioni di monopolio od oligopolio. Allora, come già ribadito, il problema a Vittoria non è più dunque quello di contrastare il pizzo perpetrato all’operatore economico di turno, ma di combattere un vero e proprio sistema criminale che si è costituito negli anni ammantandosi di una presunta liceità, ma che invece interagisce attraverso una collaudata e subdola rete di ricatti, minacce, intimidazioni. Però c’è un altro aspetto che vogliamo sottolineare: le imprese sane della nostra terra debbono cominciare a porsi il problema di chi offre loro i servizi, non può interessargli solo che il servizio sia fatto bene e soprattutto che costi poco. Altrimenti l’impresa abbatte si i costi, ma a che prezzo? Il pizzo è trasformato in servizio e la mafia è diventata impresa sempre più economicamente forte e capace di fare concorrenza sleale, finendo per stritolare e risucchiare le imprese sane.
L’Associazione Antiracket vuole allora proporre oggi un nuovo modello, un modello di legalità agli imprenditori di Vittoria e dell’hinterland, improntato alla scelta di una vera e propria filiera di legalità, cioè la scelta di avere rapporti economici solo con quelle aziende che garantiscono trasparenza, e percorrono a loro volta percorsi di legalità. L’impresa legale deve insomma fare circuito legale, utilizzando come partner commerciali solo quelle realtà che si impegnano (per iscritto, pena la decadenza di ogni rapporto commerciale) a denunciare eventuali richieste di pizzo o qualsiasi condizionamento mafioso. Questa deve essere la nuova frontiera da percorrere se si vuole davvero difendere la nostra economia dalle infiltrazioni delle mafie e dalla crisi.
E per questo a breve chiederemo la collaborazione delle Associazioni di categoria, che si sono mostrate molto attente a queste tematiche, per sollecitare i propri iscritti ad adottare un vero e proprio “Codice etico” che da un lato le aiuterà a prevenire i condizionamenti della criminalità organizzata e dall’altro segnerà una scelta di campo netta nei confronti della legalità. Mi piace ricordare che a Palermo la mafia mette l’attack nelle serrature dei negozi e poi aspetta di vedere come reagisce il commerciante. Se ha paura, è la vittima perfetta del pizzo, se reagisce e chiama le forze dell’ordine, allora viene lasciato in pace. E ancora voglio sottolineare che è molto difficile che si verifichi una ritorsione nei confronti di un imprenditore o commerciante che abbia denunciato facendo parte di una Associazione Antiracket Fai.
Bene, oggi sono qui con noi sei nuovi soci che si vanno ad aggiungere ai 13 fondatori e ad altri cinque che si sono iscritti lo scorso anno. L’ A.A. sta quindi crescendo, a breve si costituirà parte civile nei processi che riguardano le infiltrazioni mafiose nel nostro territorio. Continuerà a lavorare costruendo ogni giorno una canale di denuncia e di raccordo tra operatori commerciali vittime del racket e dell’usura e le Istituzioni deputate, ma ha bisogno di un passo in avanti di tutti, di un’assunzione di responsabilità da parte di tutti gli operatori commerciali e di tutti i cittadini.
Vittoria e il ragusano si devono scrollare di dosso questo marchio infamante di essere terre di mafia, devono ritrovare la fiducia nelle istituzioni, nel lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine (che ci sono e sono pronte a supportarci, ve lo assicuro), devono valorizzare le risorse di questa splendida terra per non vedere ancora i propri giovani partire per non tornare più.”