Il sistema di ‘triangolazione’ tra imprenditore, clan e politica, con lucrosi guadagni per tutti, funziona anche perche’ questa “mentalita’ che possiamo definire casalese e che ci e’ stata inculcata da giovani”, “e’ quella che posso definire la regola del 5%, della raccomandazione, dei favoritismi, la cultura delle mazzette e delle bustarelle che prima ancora che i camorristi ha diffuso sul nostro territorio proprio lo Stato”, uno Stato “del tutto assente nell’offrire opportunita’ alternative e legali alla nostra popolazione”. A ribaltare ruoli e accuse e’ il boss dei casalesi pentito Antonio Iovine, nell’interrogatorio reso il 17 maggio scorso al pm Antonello Ardituro depositato nel corso del processo a Santa Maria Capua Vetere, presidente Orazio Rossi, a carico dell’ex sindaco di Villa Literno Enrico Fabozzi accusato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso.
“Non voglio nascondere ne’ allontanare da me le responsabilita’ che la camora e io abbiamo avuto in questo sistema ne’ i gravissimi delitti che abbiamo commesso – aggiunge – ma probabilmente le nostre condotte sono stata la conseguenza di questo abbandono”. La mentalita’ casalese, spiega ancora ‘o Ninno, e’ quella in cui “si confondono i ruoli tra il camorrista, l’imprenditore, il politico, il funzionario”, per cui “non c’e’ nessuna possibilita’ di estirparla radice di questo sistema”. Gli accordi nel sistema si prendevano “generalmente prima di appaltare i lavori, in quanto in questo modo si evitava di dover intervenire attraverso il blocco dei cantieri, che costituiva un metodo violento e che portava rischi piu’ alti in termini di possibile intervento delle forze di polizia”. Del rsto, il boss collaboratore di giustizia spiega agli inquirenti che dagli anni ’90, e soprattutto dal ’95, “il clan (dei casalesi, ndr.) ha assunto una dimensione essenzialmente imprenditoriale, …mettendo in secondo piano le condotte che in maniera piu’ immediata sono associate a una organizzazione criminale…attivita’ come le estorsioni che sul territorio sono andate avanti in maniera piuttosto automatica, mentre i capi dei clan hanno potuto occuparsi prevalentemente dei grandi affari”.
SOLDI PER TUTTI, ANCHE PER I SINDACI
La Dda di Napoli ha depositato il primo verbale da pentito del capoclan dei Casalesi, Antonio Iovine detto ‘o ninno, per anni ai vertici della camorra Casertana. Il verbale, due sole pagine, e’ ora agli atti di un processo al tribunale di Santa Maria Capua Vetere per associazione camorristica ed estorsione contro suoi ex fedelissimi. “C’erano soldi per tutti in un sistema che era completamente corrotto, soldi anche per sindaci- dice Iovine ai pm – non aveva alcuna differenza il colore politico del sindaco perche’ il sistema era ed e’ operante allo stesso modo. In questo ambito si deve considerare anche la parte politica e i sindaci dei comuni i quali avevano l’interesse a favorire essi stessi e alcuni imprenditori in rapporto con il clan per avere dei vantaggi durante le campagne elettorali in termini di voti e finanziamenti. Non aveva alcuna differenza il colore politico del sindaco perche’ il sistema era ed e’ operante allo stesso modo”. “So benissimo di quali delitti mi sono macchiato. Sto spiegando un sistema di cui la camorra non e’ l’unica responsabile”, aggiunge. L’ex boss sara’ interrogato il 7 giugno collegato in videoconferenza.
AL CLAN I SOLDI DEL RIMBOSCHIMENTO
Alcuni milioni di euro erogati dal ministero dell’Agricoltura per il rimboschimento nell’alto Casertano finirono nelle casse della cosca. Lo racconta a verbale il boss dei Casalesi Antonio Iovine, di recente collaboratore di giustizia. “Si trattava di lavori appaltati attraverso finanziamenti del Ministero dell’Agricoltura – dice – e Della Volpe Vincenzo ottenne di essere colui che avrebbe gestito per conto del clan i relativi appalti. Della Volpe utilizzo’ anche imprese del Napoletano, vivai che avevano le categorie giuste per accedere a questi finanziamenti. Se non sbaglio questi finanziamenti si riferiscono al periodo in cui il ministro dell’Agricoltura era Alemanno e ricordo il particolare che il ministro venne a San Cipriano per una manifestazione elettorale al cinema Faro su invito di mio nipote Giacomo Caterino, anche lui impegnato in politica tanto che e’ stato candidato alle elezioni comunali e provinciali ed e’ stato anche sindaco di San Cipriano”.