Bluffare è un’arte. Il bluff non è solo una tattica di gioco, del poker, in questo caso.
È una disciplina che richiede un’approfondita conoscenza dei comportamenti umani, delle reazioni emotive e della comunicazione non verbale.
È un’arte che rende capace chi ne è padrone, di leggere negli occhi dell’avversario schermando nel contempo i propri.
È una tattica, un’arma per attivare le quali non basta essere capaci di mentire, ma bisogna assecondare le parole con un opportuno atteggiamento del corpo: è noto, per esempio, che sbilanciando il tronco in avanti o all’indietro, si rivela di nascondere qualcosa. Lo stesso sorriso, che pure è un sistema molto utilizzato per mascherare la tensione di un tentativo di bluff, se diverso dal solito, può rappresentare una grave debolezza.
Gesticolare con le mani è un sintomo d’inquietudine, così come mordersi le labbra e accavallare le gambe sono sintomo di ansia. Il tono della voce se alta rivela una menzogna.
Le pause troppe lunghe nel corso di un colloquio segnalano che nel discorso c’è qualcosa di artefatto, probabilmente non veritiero.
Si bluffa alla grande al primo appuntamento d’amore (soprattutto gli uomini, a quanto pare), attribuendosi anche virtù che non si possiedono. Solo che la partita, quando ci si siede a giocare a questo particolare tavolo verde, dura molto poco: presto il fumo si dirada, lasciando spesso capire che di arrosto proprio non ce n’è.
Altro settore in cui va di moda il bluff è quello dei colloqui di lavoro: in quel caso, per scoprire le carte, basta attendere che la verità emerga… nel periodo di prova. Il
più grande bluff nella storia fu l’ “Operazione Minceat”, varata in occasione dello sbarco degli alleati in Sicilia, nel luglio 1943: i tedeschi sapevano che ci sarebbe stato uno sbarco nel Sud Europa, ma erano incerti se predisporre le maggiori difese in Grecia, in Sicilia oppure in Sardegna. Le spie britanniche fecero trovare ai tedeschi in mare, a largo di Huelva, in Spagna, il cadavere del finto maggiore inglese William Martin, che nella tasca aveva una lettera indirizzata al generale Alexander, il vice di Eisenhower, contenente i dettagli dello sbarco in Grecia. Poi fecero trovare una seconda lettera, in cui si descriveva come i servizi segreti alleati avrebbero dovuto far credere ai tedeschi che lo sbarco sarebbe avvenuto in Sicilia.
Insomma: il vero in forma di bluff, un doppio inganno che, molto spesso, funziona a perfezione.
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