Secondo Antonio Gramsci la democrazia esplica una funzione morbosa di confusionismo, di scrocco, di predicazione dell’incoerenza. È impaludamento, più che effettivo progresso. Ovviamente, la critica del pensatore comunista è indirizzata alla democrazia borghese, in quanto strettamente legata alla sostanziale immutabilità dei rapporti di forza all’interno della società e, quindi, dentro le istituzioni. In contrapposizione ad essa, che Gramsci considera particolarmente debole, come poi si è rivelata rispetto all’ascesa del fascismo, egli rielabora il concetto di “egemonia”, quale unico strumento efficace di governo democratico. Scrive dal carcere: tra i tanti significati di democrazia, quello più realistico e concreto mi pare si possa trarre in connessione col concetto di «egemonia». Nel sistema egemonico, esiste democrazia tra il gruppo dirigente e i gruppi diretti, nella misura in cui lo sviluppo dell’economia e quindi la legislazione, che esprime tale sviluppo, favorisce il passaggio (molecolare) dai gruppi diretti al gruppo dirigente.
Personalmente credo che su questo argomento, così come su tanti altri che connotano la grandezza del pensiero gramsciano, il nostro abbia colto l’essenza stessa del problema, peraltro quanto mai attuale all’indomani di un voto politico, quello del 4 marzo scorso, dal quale non solo ne è uscita sconfitta la Sinistra (ciò che le impone un reale e radicale cambiamento, a partire dalla generazione chiamata a rappresentarla), ma anche del concetto stesso di democrazia, così come sopra spiegato, nella misura in cui, oggi, nessuno di coloro che hanno partecipato alla competizione elettorale ha ottenuto l’egemonia (gramscianamente intesa).
Sapendo di non potere vincere le elezioni il PD di Renzi ha creato, attraverso il sistema elettorale del Rosatellum, l’attuale situazione di stallo istituzionale. Come dire: non possiamo giocare noi? Allora ci portiamo il pallone, ma in questo modo il Partito Democratico ha accentuato le paure e le incertezze dei cittadini, a causa delle quali questi ultimi sono, oggi più che mai, disposti ad affidarsi alla guida forte dell’uomo solo.
Adesso il PD sale, di fatto, sull’Aventino e, rivendicando una dignità ormai compromessa dopo anni di governo con Alfano e Verdini, chiude ogni discussione con i 5 Stelle. Un gioco molto pericoloso, questo, perché spinge il movimento di Di Maio tra le braccia di Salvini, anzi rende il primo ostaggio del secondo e degli impulsi più istintivi e, in quanto tali, meno libertari, emersi dall’ultimo voto politico, anche dentro una certa parte dell’elettorato pentastellato, con tutto quello che ne consegue, soprattutto in termini di tenuta del tessuto democratico del paese.
Ivano Fossati ha scritto che la democrazia è una gemma imperfetta ma, in tempi duri, come quelli che stiamo vivendo, è l’unica casa sotto il cui tetto vale la pena di riparare il futuro dei nostri figli. Un futuro il cui costo non è nemmeno paragonabile ad una improvvisa e quanto mai tardiva manifestazione di stupido orgoglio politico.