Calleri (Pres. Fondazione Caponnetto): “Siamo un Paese all’avanguardia nella lotta alla mafia ma serve fare di più…”

L’intervista al Presidente della Fondazione Caponnetto, Salvatore Calleri.

D: Presidente Calleri lei che guida una importante Fondazione dedicata al giudice Caponnetto padre indimenticato del pool al quale si devono le prime condanne definitive a Cosa Nostra in Italia come valuta oggi la situazione nel contrasto giuridico alle mafie?

R: Oggi ci si trova di fronte a delle organizzazioni criminali mafiose che mi piace definire ad “ampio spettro”.  Moderne ed al contempo arcaiche. Raffinatissime ed al contempo rozzissime. Le mafie mutano ed il contrasto deve mutare di conseguenza. Noi lavoriamo ancora troppo sul contrasto del giorno dopo. Al contrario dei significativi passi avanti ci saranno solo quando si arriverà ad un più efficace contrasto del giorno prima.

Da un punto di vista strettamente giuridico io auspico che l’art 416bis trovi sempre più spesso applicazione anche alle nuove forme mutanti di mafia, italiane e straniere.

In questo momento inoltre occorre seguire con la massima attenzione i rapporti di cosa nostra e ‘ndrangheta con i c.d. Borghesi colletti bianchi che definisco con un terrmine ben preciso: i deviati.

D: Recentemente in particolare in Sicilia cosa nostra ha ripreso a sparare, ad indimidire, quale è la sua opinione in merito?

R: Da un po’ di tempo ci sono segnali non belli di minacce a coloro che in modo pratico contrastano la mafia facendo normalmente il proprio lavoro arrivando anche al caso recente del Presidente del Parco delle Nebrodi Antoci che è stato oggetto di attentato alla sua persona per fortuna fallito. Il merito di Antoci è stato quello di mettere delle regole chiare e trasparenti che hanno tagliato fuori la mafia rurale dei terreni dal Parco. La mafia dei terreni non va considerata come un qualcosa di cui non preoccuparsi in quanto marginale perché al contrario di quanto si pensi essa racchiude tre caratteristiche che la rendono pericolosissima: 1) l’arcaicità della tradizione rurale familiare; 2) la modernità nell’attingere fondi mediante anche un sistema consolidato di truffe; 3) la capacità di rapportarsi con i colletti bianchi funzionali al sistema.

Con i terreni la mafia rischia meno di altri traffici a livello di pene e guadagna moltissimo. Avere toccato questo ingente guadagno ha portato la mafia a sparare.

Inoltre si registrano in Sicilia altre tipologie di minacce che vanno dalle lettere con i bossoli al recente duplice avvertimento avvenuto nei confronti della Publiservizi di Catania. Avvertimenti, si badi bene, da non sottovalutare.

D: Ha visto l’ultima puntata delle Iene dedicata alla mafia dei terreni? E se si cosa ne pensa?

R: Ho visto la puntata e nel complesso la valuto positivamente, ma con un difetto. Il merito della trasmissione è stato quello indubbiamente di fare il punto su tutte le inchieste sui terreni in Sicilia, dalle Nebrodi fino a Siracusa. Fatto importante in quanto permette di avere il quadro di insieme su tale questione. Ho però come dicevo riscontrato un difetto: quello di una sorta di par condicio tra il dover sentire da un lato l’antimafia rappresentata dall’ottimo Antoci e dall’altro uno che nella trasmissione sembra essere parente di un mafioso dire che l’attentato se lo è fatto da solo. Ora di questa par condicio sinceramente non se ne sente il bisogno. E lo sa perché ciò accade? Perché oggi si tende a parificare l’antimafia sociale ed amministrativa alla mafia come se fossero 2 facce della stessa medaglia. Non è così. L’antimafia è come l’oro, che purtroppo a volte è falso, la mafia è qualcosa di negativo che positivo non lo è e soprattutto non lo è stato mai.

D: Cosa serve oggi per combattere la mafia?

R: L’Italia è indubbiamente un paese all’avanguardia nella lotta alla mafia ma serve fare di più.

In primo luogo rafforzare il regime del 41bis in modo che i mafiosi non siano in grado di parlare tra loro. Ultimamente ci sono stati dei casi sulla stampa che hanno mostrato delle anomalie.

In secondo luogo smettere di dare spazio mediatico ai parenti dei mafiosi.

In terzo luogo cambiare le norme sui beni confiscati affrontando la materia senza alcun tabù in modo laico mettendo sul tavolo tutte le ipotesi tra cui anche la vendita.

In quarto luogo adeguare la capacità di contrasto alla mafia mutante ed alla categoria dei deviati.

In quinto luogo stare vicino ai giornalisti, ai testimoni di giustizia ed alle vittime di usura.

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Nato a Ragusa il Primo febbraio del 1983 ma orgogliosamente Modicano! Studia al Liceo Classico "Tommaso Campailla" di Modica prima, per poi laurearsi in Giurisprudenza. Tre grandi passioni: Affetti, Scrittura e Giornalismo. "Il 29 marzo del 2009, con una emozione che mai dimenticherò, pubblico il mio primo romanzo: “Ti amo 1 in più dell’infinito…”. A fine 2012, il 22 dicembre, ho pubblicato il mio secondo libro: "Passaggio a Sud Est". Mentre il 27 gennaio ho l’immenso piacere di presentare all’Auditorium “Pietro Floridia” di Modica, il mio terzo lavoro: “Blu Maya”. Oggi collaboro con: l'Agenzia Giornalistica "AGI" ed altre testate giornalistiche".

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