Catania, Presepe vivente in Cattedrale fra degrado e dignità

Aria di festa per le strade di Catania. Vetrine illuminate, luci colorate e, ovunque,  bancarelle traboccanti di dolciumi e torroni, in particolar modo in piazza Università, il cuore “colto” del centro storico catanese, laddove il barocco siciliano risplende in ogni palazzo che si affaccia sulla piazza .

Passeggiando sul selciato in pietra lavica, fra i quattro candelabri di bronzo posti ai quattro angoli della piazza, testimonianza delle quattro leggende catanesi più importanti (Uzeda, Anfinomo e Anapia, Gammazita e Colapesce) ci si imbatte in un grande cono di lucine colorate che risplende e illumina tutta la piazza, un albero di Natale voluto lì dal Comune di Catania, come tanti altri in tante altre piazze.

Superata piazza Università, le luci improvvisamente si spengono e giù, verso piazza del Duomo, tutto sembra ingrigirsi ma non per l’assenza di lucine intermittenti e nemmeno per il barocco ingrigito della bellissima cattedrale.

C’è qualcosa di strano nell’aria, sui visi della gente che entra ed esce dalla cattedrale: fuori, sulle gradinate che conducono ai portoni d’ingresso, due grandi teli bianchi mossi dal vento; ciò che vi è stato scritto in rosso non lascia adito a dubbi: “I QUARTIERI PERIFERICI NON SI  ABBANDONANO” dice uno e ” I DISAGIATI DI LIBRINO, PIGNO E SAN GIORGIO”, l’altro.

Mentre sto li a guardare, mi raggiunge un vecchio amico, che non vedevo da tempo, il quale mi domanda se ho già visto il presepe vivente che è stato allestito in Cattedrale.

Entriamo in chiesa.

A prima vista sembra tutto normale: la navata centrale e quelle laterali arricchite da grandi quadri sacri che ricordano la vita della “santuzza”, sono maestose; i marmi delle pareti, degli  archi e degli stessi pavimenti conferiscono un’aria di gelido rigore all’ambiente mentre l’organo sovrasta qualsiasi altro rumore. Durante una breve pausa dello strumento, riesco a sentire le risa e la vocina di un bambino che mi si avvicina – avrà due o tre anni – mi porge una bottiglia d’acqua più grande di lui: io gli sorrido e lo seguo con lo sguardo mentre, tornando indietro, raggiunge la sua mamma e insieme a lei, si dirige dove sono “accampati” gli altri.

L’idea non è proprio quella di un presepe, sui volti dei presenti nessuna serenità ma tanta stanchezza e rabbia e voglia di tornare alle loro case: ma quali case? Queste 20 famiglie accampate all’interno della cattedrale non hanno casa!

Appoggiati sul portone di ferro che chiude l’ingresso di estrema destra della chiesa, una pila di materassi, coperte e cuscini donati dalla Caritas e da altri volenterosi cittadini. Altri materassi in terra sono ricoperti di piumoni e coperte, ospitano diverse signore, alcune delle quali in stato di gravidanza e poi i bambini, ne conto 4, forse 5, ma i presenti mi rassicurano che i bambini trascorrono la notte nelle case dei nonni e di altri parenti mentre i più grandicelli vanno a scuola regolarmente e la sera, comunque, tornano a casa dei nonni.

 Quelli che sono presenti dentro la chiesa, da quasi venti giorni, sono loro: i disagiati dei quartieri “invivibili”, dove alloggi popolari restano chiusi per anni per ristrutturazioni che non vengono nemmeno cominciate, dove mancano le infrastrutture, dalle strade ai giochi dei bambini, dove ci sono famiglie costrette a vivere dentro un garage, insieme al proprio animale d’affezione o addirittura col proprio cavallo.

Quello che queste persone chiedono per sé stesse e per le altre famiglie dei quartieri disagiati della città è il riconoscimento della loro dignità” mi dice A., una volontaria che sta condividendo giorni e notti con quelle famiglie. Il suo volto mi è noto, l’ho già visto in un video girato all’interno della chiesa, la sua voce è rauca per il freddo e l’umidità sofferti nelle lunghe notti trascorse in cattedrale.

“Siamo abbandonati dalle istituzioni, nessuno viene a parlare con noi – mi dice –  io sto insieme a loro, cerco di venire loro incontro e mi rendo utile come posso.”

Come fate per l’alimentazione, domando alla volontaria; “Alla cena ci pensa la Caritas, mentre a colazione l “Etoile” ci aiuta insieme a tante altre persone.

Quante famiglie stanno vivendo questa situazione?

“Quelle qui presenti sono una ventina e vengono da diversi quartieriMa loro sono soltanto una specie di avamposto: esistono quartieri che non scendono in piazza e noi siamo qui  anche per loro, perchè il loro disagio è il nostro e viceversa e gli appartamenti che chiediamo non sono solo per i gruppi qui presenti .”

Ma esistono gli appartamenti che chiedete?

“A S. Giorgio esistono tre palazzine vuote che potrebbero contenere trecento famiglie – mi racconta la volontaria – un altro palazzo a Librino, uno di quelli che costruì Massimino, una costruzione che di fatto è chiusa da più di 25 anni e poi c’è il palazzo di cemento, ancora a Librino, un palazzo tristemente famoso perché ricettacolo di spacciatori e quant’altro, una specie di rudere che avrebbero dovuto abbattere e che, invece, stanno cercando di ristrutturare, spendendo un patrimonio!”

“Se dal viale Rapisardi ci si muove verso Librino – continua la volontaria – si può vedere la spazzatura e il degrado che c’è ovunque, spazzatura e nient’altro:  le nostre periferie sono fatiscienti. Io abito li, mi affaccio alla finestra e vedo solo rifiuti, nessun servizio per gli anziani, strade disastrate, niente scuole, strutture sportive o centri di aggregamento per i ragazzi che vivono in strada o per i bambini: c’è solo la Mary Poppins che fa qualcosa, ma non può bastare.

Ma vi rendete conto di che lavoro immane comporterebbe per il Comune rendere “dignitosi” questi quartieri?

“Si, ma se in questi quattro anni l’Amministrazione avesse fatto qualcosa, oggi non saremmo a questo punto. E’ una situazione assurda che somiglia a quella delle favelas… e l’ospedale San Marco? Mi dice lei che fine ha fatto? Doveva essere pronto in qualche mese, aveva detto il sindaco, ma sono passati quattro anni e non se ne parla ancora. Lì dove abito io, ci sono due palazzine che da trent’anni sono senza ascensori e dentro vivono anziani che non possono gestirsi minimamente. Non ci sono centri di incontro per gli anziani o per ospitare i ragazzini che restano sulla strada, ma con quali possibilità di futuro? Destinati a delinquere? Non c’è niente, solo la strada e la delinquenza e questo è  vergognoso!”

“Perchè il sindaco non viene da noi? – prosegue A., mentre la sua voce viene sovrastata a tratti dal suono dell’organo che non si sa bene cosa stia provando – Questa è una manifestazione silenziosa, siamo persone pacifiche, ha paura di venire da noi? Il sindaco è venuto a chiedere i voti nei nostri quartieri e senza scorta: è venuto in giro con noi sui motorini.  L’altra sera, nel giorno dell’Immacolata, è arrivato fino all’angolo lì in fondo e  si è fermato, non si è fatto vedere qui da noi. Forse pensano di prenderci per stanchezza ma noi da qui non ci muoviamo, saremo qui anche a sant’Agata e oltre, fin quando non ci daranno risposte certe.”

“Il sindaco, deve capire che non si fanno false promesse – interviene un “disagiato”, un signore che nel frattempo si è avvicinato –  e che nelle periferie vivono uomini e donne civili e per bene che non meritano di essere trattati come animali, abbandonati a sé stessi.  A noi non interessa la politica, non ci interessano i politici, abbiamo bisogno di aiuto! Si muovessero e la smettessero di piazzare “quadri rotti” nelle aiuole: hanno speso 800.000 euro per quei quadri, con un quarto di quei soldi avrebbero messo gli infissi che mancano in quei trecento appartamenti e avrebbero risolto almeno uno di quei problemi!”

Altre persone ci raggiungono e dicono la loro ma il coro è unanime: “in quei quartieri vivono persone, non animali!  E se qualcuno fra loro ha commesso qualche reato (e lo sta pagando) è per questo giusto che i suoi figli percorrano la stessa via e continuino a delinquere? Ma se li lasci in strada, senza un lavoro, senza scuole o centri di aggregamento cosa ne sarà di loro? Capisce cosa intendiamo per identità, imprescindibile dal nostro essere persone bisognose di aiuto e di considerazione e anche di rispetto?

Si avvicina una mamma giovanissima con una bambina fra le braccia. La bimba è bellissima e ben curata. Chiedo alla giovane donna quanto tempo abbia la bimba e lei risponde “un anno e tre mesi” le chiedo come faccia a “gestire” quella situazione con una bimba così piccina e lei che ha notato la preoccupazione sul mio viso, mi rassicura: la bimba trascorre la notte a casa della nonna e lei va a riprenderla al mattino, stessa cosa fa un’altra mamma che lei mi indica, un’altra giovanissima mamma con un altro bimbo altrettanto piccino. “I bambini che vede trascorrono la notte a casa dei nonni e durante il giorno in chiesa con noi mamme”. Domando ancora come fanno per la loro igiene personale e lei sempre rassicurante risponde che usano l’acqua fredda dei bagni della cattedrale, nel frattempo le prove dell’organo proseguono e coprono le nostre voci. Domando ancora se qualcuno  è andato a trovarli ma la risposta è “ovviamente no, parleranno con noi solo e quando lasceremo la chiesa altrimenti niente.

“Ma fra qualche giorno sarà Natale”, replico e lei sorridendo si allontana dicendo “e noi siamo già benedetti  signora.”.

Saluto ed esco dalla cattedrale convinta che nemmeno la “santuzza” potrà fare qualcosa per  far mettere giudizio ai sigg. politici; alla mia sinistra un lenzuolo bianco che non avevo visto arrivando, i grossi caratteri rossi dicono “DITE LA VERITA’ – DALL’AMMINISTRAZIONE  CI E’ STATO DETTO : LASIATE LA CATTEDRAE  E VI RICEVERO’- FACILE DA DIRSI- MA NOI NON ABBIAMO DOVE ANDARE”.

 Alla mia destra, a cento metri, le mille luci accese delle luminarie del salotto di Catania, continuano a consumare energia elettrica che paga il Comune e ci ricordano che Natale è solo per la Catania di serie A, gli altri continuino a ricercare e pretendere la loro dignità di esseri umani.

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Aggiungi una immagine