Ma il cielo è sempre più blu?

Qualche giorno fa, mentre ero in auto, la radio ha mandato in onda la canzone “Ma il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano. Il testo, del 1975, parla della società degli anni settanta, degli squilibri che la caratterizzavano e della difficoltà di abbattere queste differenze, del muro di gomma di una società che evolveva (siamo nel pieno della lotta armata degli anni di piombo) con violenza e conflittualità individuale, generazionale e sociale. Questo testo mi ha offerto lo spunto per riflettere su cosa sia realmente cambiato in Italia e su come siano realmente cambiati gli italiani nel corso di questi quaranta anni ed un’analisi maggiormente approfondita del suo testo mi ha suggerito un giochino, forse banale, ma che mi ha divertito e fatto riflettere. Il giochino è questo: ho traslato temporalmente ogni frase scritta nel 1975 al 2014 e ho immaginato come suona alla luce delle abitudini e dell’attualità odierna.

Nell’ Italia di oggi le metropoli vedono campi nomadi disseminati un po’ ovunque e senza controllo da parte delle forze dell’ordine: c’è ancora “chi vive in baracca”, ma  se il Sindaco di Vicenza chiede un po’ di lavoro in cambio delle bollette pagate, i Rom alzano il loro grido di dolore: Non potete farci lavorare! C’è “chi suda il salario” e sono i tanti che lavorano con coscienza per il datore di lavoro: ma, di contro, c’è sicuramente chi non vuole lavoro, ma solo stipendio: ne sono piene le segreterie politiche (fino a ieri) o meglio (oggi) le piazze di Grillo che raccolgono molti onesti elettori in buona fede, ma anche moltissimi che sono incazzati con il sistema solo perché ad entrare alla ASP o al Comune con la pedata sono stati altri e non loro. “Chi ama l’amore” per fortuna ancora c’è e per dirla con Lorenzo Jovanotti grazie a loro, che “hanno ancora il coraggio di innamorarsi” il mondo tiene ancora in piedi e negli ospedali italiani c’è ancora qualche neonato italiano. “I sogni di gloria” poi dilagano: tutti i ragazzini a sognare di diventare Messi e tutte le ragazzine a sognare di diventare Velina. Quanto poi ai sacrifici che ci vogliono per arrivare ad alti livelli in tutti i settori (nel calcio come nella televisione, come nei mestieri e nelle professioni) se ne sbattono allegramente. “Chi ruba pensioni” e non solo, non ha mai smesso di rubare, pool di mani pulite o meno. Di “chi ha scarsa memoria” sono pieni i Palazzi, compreso, purtroppo, il Parlamento e le Segreterie dei Partiti, tutti, ma proprio tutti, anche quelli che ricordano solo le malefatte degli altri dichiarandosi l’Onesto Assoluto. “Chi mangia una volta” non c’era più ma oggi, ai tempi della crisi e delle lamentele, è ritornato ad esserci e i pensionati che cercano nell’immondizia ne sono la prova provata. “Chi tira al bersaglio” per fortuna è stato arrestato, prima ancora che dalla Polizia, dalla Storia: battuti i terrorismi ideologici l’Italia è preda dei terrorismi sociali: se non hai Sky per la partita della Domenica, l’ultimo smart-phone e la macchina all’ultima moda non sei nessuno. Quindi è necessario averle, pazienza poi se mangi una volta o neanche quella. “Chi vuole l’aumento” lo meriterebbe, non tanto per il lavoro svolto ma per una corretta redistribuzione della ricchezza: nel 1975 un manager guadagnava 12 volte quello che percepiva un operaio; oggi 250. “ Chi gioca a Sanremo” vorrebbe giocare anche a Taormina, ma siccome in Sicilia c’è la mafia e non la possiamo favorire, va a Malta o in Croazia insieme ai mafiosi che nel frattempo si sono organizzati (loro sì con efficienza) in quei paesi. “Chi porta gli occhiali” è diminuito: prodigio della tecnologia oggi c’è chi porta le lenti a contatto, meglio se colorate, per sembrare più giovani e più cool, in ossequio alla sottocultura dell’inestetismo che pervade ogni cosa. “Chi va sotto un treno” è ancora il disperato di allora: la disperazione non cambia col tempo, semmai aumenta. “Chi ama la zia” la ama perché gli zii o i nonni sono diventati per molti l’unica fonte di reddito: grazie alle loro pensioni molti rasentano, ma non sprofondano, la soglia di povertà. A Porta Pia non si va più per visitare il monumento ai bersaglieri che nel 1870 la violarono per riportare Roma all’Italia, ma per imboccare la Nomentana nella notte e andare a prostitute, più schiave che puttane, per strade divenute squallide e sordide. “Chi trova scontato” lo fa per necessità e magari gira tre, quattro supermarket per trovare le offerte e risparmiare qualche Euro. “Chi sogna i milioni” lo fa grattando biglietti dorati che promettono ricchezze e fortuna, ma che pagano meno del 20% sugli incassi. “Chi gioca d’azzardo” è soprattutto anziano e lo fa sputtanando le pensioni in un solo giorno alle slot, se non tutte truccate sicuramente tutte truccabili come dimostrato dalle Iene. “Chi gioca coi fili” spesso muore: i fili sono quelli di rame che vengono rubati dall’alta tensione da romeni ed extra comunitari di varie nazionalità che spesso restano attaccati a quei fili senza neanche rendersene conto. “Chi ha fatto l’indiano”… tutti noi almeno una volta, non prova vergogna e non sente la coscienza sporca e si gira semplicemente dall’altro lato per non avere rogne. “Chi fa il contadino” lo fa con difficoltà e con poca soddisfazione economica: d’altronde l’Europa non fa altro che chiudere accordi con paesi terzi, tutti a danno della nostra e a vantaggio della loro economia. L’accordo tra Italia e Marocco grida ancora vendetta. “Chi spazza i cortili” è filippino o cingalese: gli italiani non spazzano più i loro cortili e nemmeno le strade delle loro città, e si vede: Palermo e Napoli, vergogne mondiali. “Chi ruba” lo fa ad ogni livello: dal politicante che ruba i fondi dell’expo al piccolo imprenditore che deruba tutti noi non pagando le tasse, non spiccando fattura, non emettendo scontrino: vero è che molta evasione è di necessità, ma adesso stiamo davvero esagerando. “Chi lotta” non c’è più, o forse non ci sono più le palle per farlo: basta un pacco di sigarette, una partita alla Tv e un piatto di spaghetti e ci dimentichiamo di lottare. “Chi ha fatto la spia” continua a farla per averne vantaggi e chi dovrebbe farla non la fa, per paura: se denuncia un estortore, lo Stato quasi sicuramente non lo proteggerà e allora meglio farsi gli affari propri. “Chi è assunto alla Zecca” o è un esodato o non ha la speranza di vedere suo figlio assunto alla Zecca, visto il blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione. “Chi ha fatto cilecca” non ha preso il Viagra, quello sì sempre più blu. “Chi ha crisi interiori” se le fa certificare per non andare a lavoro o per farsi dare una rendita Inail: una volta magari scriveva e dava alla luce un capolavoro letterario o almeno si sfogava un po’, oggi sniffa una bella pista di cocaina e per qualche ora la crisi interiore scompare per poi ricomparire più bella e possente che pria. “Chi scava nei cuori” lo fa ancora per comprendere, innamorarsi, condividere o per acquisire segreti da usare per avvantaggiarsi ? “Chi legge la mano” lo fa all’144 con scatto alla risposta e alla tariffa di 3 Euro al secondo ed evade del tutto le tasse. “Chi regna sovrano” è regnante dai tempi del Gattopardo, cambiare tutto per non cambiare niente. “Chi suda” lo fa perché poi bisogna mettersi il costume e lo fa sul tapis roulant di una palestra a 50 Euro il mese e non sulla spiaggia all’aria aperta e gratis. “Chi lotta” lo fa in proprio, egoisticamente: si lotta per il posto superiore, per la donna di un altro, per la posizione migliore e persino per il parcheggio più comodo: nessuno più lotta per le grandi cause, se non tramite Facebook con un Mi Piace o un Condividi, i più volenterosi con un Tweet. “Chi gli manca la casa” si vede scavalcare nelle graduatorie per gli alloggi popolari da extracomunitari di ogni nazionalità e non ha nessuna speranza di ottenere un ricovero. “Chi vive da solo” lo fa, spesso, per necessità dopo avere divorziato e perso tutto, figli inclusi, o, spesso, da anziani, per essere stati abbandonati dai loro parenti, e per essere invisibili alle Istituzioni. “Chi prende assai poco”, magari dopo una Laurea, bestemmia e non comprende, ma non può lasciare il lavoro sfruttato perché “lo sai quanti c’è ne come te fuori dalla porta? Se vuoi, la paga è questa. C’è la crisi!”

“Chi gioca col fuoco” non lo fa più per spirito d’avventura ma per necessità: rischia tutto per avere qualcosa subito e magari per 5000 dollari si presta a fare lo scafista o il corriere della droga. “Chi vive in Calabria” convive da 50 anni con gli infiniti lavori della Salerno Reggio e con l’ndrangheta, che nel frattempo si è spostata al Nord per guadagnare di più ed essere meno visibile. “Chi ha fatto la guerra” è morto o è all’ospizio morente: nessuna memoria, nessuna radice, nessuna colpa, nessun rimorso, nuovi errori. “Chi prende il 60” prega di arrivare in tempo senza che il bus si scassi o l’autista proclami sciopero da un momento all’altro, dopo aver ricevuto un SMS dai COBAS. “Chi arriva agli Ottanta” non sa se essere felice di essere vivo o se essere infelice per le condizioni in cui versano la maggior parte degli Ottantenni. “Chi muore al lavoro” continua a morire, nonostante tutte le leggi sulla sicurezza: quando il caporale ti viene a prendere al mattino, nella nebbia di Agrate Brianza o nella brina di Vittoria, e ti sceglie per la giornata di lavoro sottopagata, sei felice, mica pensi ai dispositivi di protezione e alla 626. “Chi è assicurato” vede aumentare il suo premio di anno in anno senza ragione e deve pure stare attento alla revisione del mezzo: se non c’è, l’assicurazione non paga. “Chi è stato multato”, o paga immediatamente (il 70 % della multa, stato infame e ruffiano) o ingaggia una lotta senza speranza di vittoria con Serit o Equitalia che cominciano a bombardarti di interessi, raccomandate, minaccie di esproprio di ogni bene posseduto, mutande escluse (almeno fino al momento in cui scrivo, domani non so …). “Chi possiede” è intimorito da IMU, ICI, etc. etc. e dalle Patrimoniali incombenti oltre che da TARSU, ERSU, IRSU ed ogni tipo di tassa possibile esistente in Italia (e ne esistono davvero parecchie). “Chi va in farmacia” non può prendere nessun farmaco, neanche salvavita, se non paga: negli anni ’70 ci si andava a riempire le borse e  a formare il debito pubblico enorme che abbiamo; oggi andiamo a farci derubare dalle case farmaceutiche che vendono un kilo di latte in polvere trenta volte  più caro che nel resto d’Europa. “Chi grida al ladro” non vede arrivare la Polizia, e il ladro gli ride pure in faccia. “Chi ha l’antifurto” sta attento a non farsi beccare il codice dai ladri che sennò gli aprono la macchina meglio che non c’è lo avesse, questo maledetto antifurto. “Chi ha fatto un bel quadro” paga per farlo commentare da Andrea Diprè in TV e cerca gloria, non esaltazione dell’arte. “Chi scrive sui muri” oggi si chiama writer lo fa con decine di spray di ogni colore deturpando i monumenti pubblici, senza nessuno che lo disturbi: nella migliore delle ipotesi lancia, ad un mondo che se ne fotte, messaggi sgrammaticati o cifrati come TVB, TATT etc. etc.

“Chi reagisce d’istinto” viene definito bullo e trattato come un appestato e se non lo definisci anche tu così, sei politicamente scorretto, non accettato e complice. A meno che non dai la colpa alla Società, alla TV, alla disgregazione della famiglia o a cagate del genere, e allora fai la figura dell’intellettuale colto, illuminato, evoluto e un pizzico di sinistra, che non fa mai male. “Chi ha perso” non perde e non vince così come “chi ha vinto” non vince e non perde: niente vale nulla, né la sconfitta né la vittoria, perché dobbiamo trovare il biscotto per pareggiare. “Chi cambia la barca felice e contento” lo fa in Corsica o in Costa Azzurra o a Malta per le tasse idiote che siamo stati capaci di mettere, annientando uno dei settori economici italiani principali: i cantieri navali. “Chi tutto sommato” non lo trovi più, perché nessuno vuole più accontentarsi e l’ingordigia danza il tango figurato sul palco in coppia alla miseria, sia essa economica o spirituale. “Chi parte per Beirut e ha in tasca un miliardo” lo fa per evitare condanne a sette anni per associazione mafiosa ed estradizioni varie ed eventuali. In tasca non ha più un miliardo, ma cinquecentomila Euro che, in banconote da 500, sono più comode da trasportare. “Chi odia i terroni” si candida con la Lega e magari viene pure eletto, nella maggior parte dei casi figlio o nipote di terroni trasferitisi al Nord per cercare fortuna, ammazzandosi di lavoro in fabbrica. “Chi copia Baglioni” è decisamente fuori moda, tranne che un giorno del mese di Settembre all’anno a Lampedusa, dove Baglioni organizza un concerto in favore degli immigrati e dove milionari senza nessuno spessore salgono su un palco a inondarci di banalità su razzismo, accoglienza, fratellanza e via dicendo. “Chi vende amuleti” diventa miliardario soprattutto se si chiama Wanda Marchi e ha il Mago Do Nascimiento a fianco, salvo poi venire arrestata senza che restituisca il maltolto. “Chi scrive poesie” nel 99% dei casi è destinato alla fame e siccome lo sa, non si azzarda nemmeno. “Chi tira le reti” lo fa con fatica e stando attendo ai fermi biologici che noi attuiamo a vantaggio dei peschereggi tunisini, libici ed egiziani che, infischiandosene altamente delle nostre leggi depredano il nostro (?) mare. “Chi mangia patate” almeno è già abituato: con i tedeschi, pronipoti dei nazisti e della DDR, nuovi padroni d’Europa e dell’Euro, mangeremo patate tutti, ma forse potremo scegliere come: se fritte o bollite o al forno. “Chi beve un bicchiere, chi solo ogni tanto” lo fa per dimenticare in che razza di mondo viviamo, ma poi torna alla realtà. “chi tutte le sere” è un alcoolizzato e va messo in terapia psicologica e farmacologica, essendo privi oramai anche di procurarci coscientemente una bella cirrosi epatica o un buon delirium tremens, che se delirium è, lo è certamente meno del delirio di questi tempi tecnologizzati e smarriti, che neanche Google li può ritrovare.

Che ne pensate? Il cielo è sempre più blu?

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Aggiungi una immagine