“Il clan ‘Trigila’, egemone nella zona sud della provincia aretusea, da oltre un ventennio gestisce tutta l’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, sottopone ad estorsione i titolari di esercizi commerciali ed imprese e si è immessa, soprattutto, negli ultimi anni, attraverso una ‘lungimirante’ opera di infiltrazione, anche nelle attività economiche lecite. Ne sono emblematico esempio (…) il recente avvio di attività commerciali direttamente gestite da familiari di esponenti di primaria importanza del gruppo, come i bar gestiti dalla famiglia Waldker a Noto oppure il chiosco-bar gestito ad Avola dal figlio di Michele Crapula, Aurelio detto “Cristian” o, ancora, l’attività di pompe funebri e rivendita di fiori gestita, sempre ad Avola, dalla figlia di Michele Crapula, Desireè”.
Quanto si legge è contenuto nella richiesta cautelare che porterà, lo scorso autunno, all’arresto di due esponenti del Clan Trigila, a seguito della cosiddetta operazione “Ultimo atto”, eseguita dalla Polizia di Avola.
Pubblichiamo questo e, a seguire, altri atti pubblici che vedono citati i familiari del boss di Avola, Michele Crapula, pur non coinvolti in provvedimenti di restrizione di libertà.
Speriamo, così, di far chiarezza sul coinvolgimento degli stessi familiari del boss di Avola, facendo capire pubblicamente che i nostri articoli non sono “cose assurde ed infondate di un giornalista squilibrato”, come chi vi scrive è stato definito (testualmente) dai diretti interessati, bensì la ricerca della verità e la voglia di informare una collettività che, solo conoscendo, sarà libera di decidere da che parte stare.
Facciamo un passo indietro, il boss Michele Crapula è in galera da anni, più volte accusato e condannato per mafia. Allo stesso Crapula, o meglio al suocero, Aurelio Magro, è stata prima sequestrata e poi confiscata la mega villa della quale ci siamo occupati più volte (LEGGI ARTICOLO), frutto di attività illecite e marchiata con le iniziali del boss MC.
Il boss Michele Crapula è sposato con Venera (detta Vera) Magro, figlia del defunto (e anche lui coinvolto per mafia) Aurelio Magro ed insieme hanno tre figli, tutti citati nelle “carte” che pubblichiamo: Rosario (detto Saro), Cristian e Desirè.
Sempre da “Ultimo atto”, troviamo le dichiarazioni di alcuni collaboratori di Giustizia (per la loro tutela non li citeremo per nome, riportando solo le dichiarazioni). Entrambi i collaboratori sono stati reputati attendibili da diversi uffici giudiziari.
Il primo collaboratore riferisce che:
Il gruppo Crapula si occupa di droga ed estorsioni, io mi sono sempre occupato prevalentemente di droga ma ho anche perpetrato qualche estorsione.
Sono affiliato al gruppo criminale facente capo a Michele Crapula e sono entrato nel gruppo nel 2008. Preciso che detto gruppo è inserito nel clan Trigila di Noto, nel senso che i proventi delle estorsioni e dei reati vengono mandati in parte a Noto. Il gruppo Crapula, però, gode da sempre di una certa autonomia, nel senso che non occorre l’approvazione dei vertici del clan Trigila quando si deve decidere, ad esempio, se sottoporre un esercizio ad estorsione. Lo stesso accadrebbe qualora il gruppo Crapula decidesse di commettere un omicidio, ma questa cosa non è mai capitata da quando io ne faccio parte.
Non tutti i componenti del gruppo Crapula sono noti ai vertici del clan Trigila.
Rosario Crapula, figlio di Michele, è legato al gruppo di suo padre. Non so se spacci droga, ma raccoglieva i proventi delle estorsioni e li divideva per fare gli stipendi.
Il secondo collaboratore dichiara che:
Fra gennaio e marzo del 2015 ho fatto sapere a Trigila che” il gruppo “Crapula faceva estorsioni ad Avola senza che il clan ne fosse informato”. Come ritorsione “rubai un mezzo ad una delle ditte che stavano lavorando ad Avola e pagando il pizzo a Crapula”.
In un’altra importante operazione, questa volta dei Carabinieri, relativa a spaccio di sostanze stupefacenti e risalente al 2012, venivano citati ancora una volta i familiari del boss Michele.
Dall’intercettazione di tre soggetti legati allo spaccio della droga, i militari riferiscono che:
“l’uomo avrebbe avuto già un’autorizzazione ad effettuare l’illecita attività da “Saro”, cioè “Crapula Rosario”.
Precisando poi, che lo stesso è
“figlio di Michele esponente della locale cosca mafiosa”.
Un’altra importantissima operazione coordinata dalla Dda di Catania e condotta dalla Polizia, prese il nome di “Nemesi”.
In “Nemesi”, la Polizia riassume alcune conversazioni e, in una prima, riferisce che “il Di Stefano (ovvero, Antonino Di Stefano, detto “Iano ra vedova”) fornisce al Caruso in ordine al prossimo versamento delle somme a vantaggio del Crapula.
Effettiva consegna, da parte del Di Stefano, ai familiari del Crapula, nella persona della moglie Magro Venera, della somma di 10mila euro verrà effettivamente accertata sulla scorta delle conversazioni intercettate”.
Nelle intercettazioni – per la Polizia – Di Stefano corrisponde:
“al Crapula Michele una percentuale mensile del 7% su tutti gli introiti dell’organizzazione criminale. Nel corso del dialogo, in particolare, il Di Stefano – afferma la Polizia – faceva espresso riferimento alla moglie di Crapula Michele, Magro Venera ed al suocero, Magro Aurelio, come soggetti deputati ad ottenere il versamento della menzionata quota pretesa dal Crapula”.
Di seguito una delle tante intercettazioni (in questo caso ambientale) allegate nel fascicolo del Processo “Nemesi“:
CATANIA Sebastiano informa DI STEFANO Antonino che “ANGELO” ha convocato “AURELIO”, con il quale vuole incontrarsi perché “… gli deve parlare …”. Per tutta risposta, il DI STEFANO, meravigliato dalla notizia, chiede al CATANIA su chi dovrà provvedere ad informare l’ “AURELIO”, precisando che lui stesso, poco prima, era stato da “VERA” alla quale “… Le ho portato quelle cose”. Intervenendo a sua volta, il CATANIA chiede al DI STEFANO se lo stesso le aveva precisato “… che ci siamo fatti il prestito per darglieli ?”.

Infine c’è il ruolo del cognato del boss Michele Crapula e di Venera Magro (detta Vera), Golino Paolo.
Paolo Golino, di mestiere meccanico, è stato coinvolto nell’operazione “Nemesi”. Lo stesso Golino avrebbe – secondo le carte dell’operazione Nemesi – aiutato il clan, in particolare il cognato Michele Crapula, nella raccolta di proventi di estorsioni.
Come si potrà vedere, tutto ciò che abbiamo pubblicato da quasi un anno (LEGGI PRIMO ARTICOLO – SECONDO ARTICOLO – TERZO ARTICOLO) è perfettamente aderente alle parole dei collaboratori ed ai documenti ostensibili (quindi pubblici) che caratterizzano le ultime operazioni di Polizia e Carabinieri nella zona meridionale della Provincia di Siracusa. Cogliamo l’occasione per precisare inoltre che, il chiosco gestito dal figlio di Michele Crapula, Cristian, venne sequestrato dalla Polizia e poi dissequestrato, il caso è stato archiviato (abbiamo pubblicato la notizia qualche settimana fa).
Noi continueremo a fare il nostro lavoro di ricerca della verità e, prossimamente, pubblicheremo un approfondimento-inchiesta sull’acquisizione dei Crapula dell’attività della signora Cancemi, utilizzata per allargare la propria influenza commerciale nel campo delle onoranze funebri.
Tutto affinché la gente di Avola sappia con chi ha a che fare e decida, come spesso ripetiamo, da che parte stare. Se stare dalla parte del clan Trigila (e con i Crapula) o se stare dalla parte dello Stato, delle Forze dell’Ordine e di chi cerca di lottare il cancro della mafia.
LA MAFIA AD AVOLA, OLTRE CRAPULA
La bella cittadina di Avola che, lo vogliamo precisare, non vede solo la presenza del gruppo di Michele Crapula.
Vi è la presenza di diversi gruppi mafiosi e delinquenziali, come quello legato a Tonino Carbè che gestisce lo spaccio di droga per conto diretto dei Trigila in netta contrapposizione con i Crapula (lo stesso Carbè avrebbe aggredito ed umiliato, poco tempo fa, un importante esponente del gruppo “Crapula”, ridicolizzandolo nei confronti di tutti).
In libertà troviamo Paolo Zuppardo che oggi si occupa di diversi affari delinquenziali, come la droga ed alcune estorsioni nelle realtà locali.
Zuppardo è stato già coinvolto in diverse operazioni di Polizia e si è reso, inoltre, protagonista di minacce pubbliche nei nostri confronti e nei confronti di amministratori della città di Avola.
Entrambi, Carbè e Zuppardo (ed i loro sodali) rappresentano una vera e propria “emergenza criminale“ ad Avola.
Si spera possano essere presto assicurati alla Giustizia, come accaduto con Angelo Monaco da noi denunciato pochi mesi fa ed arrestato dalla Polizia questa settimana, con 70 chili di droga (LEGGI ARTICOLO).
Assicurati alle patrie galere ma per alcuni pentiti ancora molto influenti, troviamo personaggi di spicco della realtà avolese: su tutti parliamo di Antonino Campisi, detto “Toninu u scoppiu” e Marco Di Pietro (detto “Marco Motta”).
Paolo borrometi ti stimo continua così con la tua opera di informazione.. la mafia arretra quando gente come te fa il proprio dovere .. al contrario avanza.. con gli omertosi.. quelli che si schierano .. senza sapere il male che fanno a loro stessi ed alla società che li circonda!del resto chi ha paura muore ogni giorno .. chi non ha paura muore una volta sola!