Una critica alla democrazia e alla facilità con la quale il popolo si lascia abbindolare dalle lusinghe di politici senza scrupoli.
Il monito, rivolto ai cittadini, affinché essi si facciano governare da uomini corretti, uomini di valore che abbiano a cuore le sorti della città più che le proprie e personali carriere politiche.
E’ questa, da un certo punto di vista, la morale de Le Rane, di Aristofane, riproposta a Siracusa, nell’ambito della corrente edizione delle rappresentazioni classiche.
Il testo, modernissimo nonostante i suoi oltre duemilaquattrocento anni, è stato colorato dalla comicità disinvolta di Ficarra e Picone, che hanno impersonato Dioniso e il suo servo, con magistrale capacità di giocare sui ruoli, sull’inversione delle situazioni, mettendo in mostra i vizi e le debolezze ma anche le aspirazioni del genere umano.
Il coro ha accompagnato il susseguirsi delle battute, innestando nella funzione sua propria, quella cioè lirica, tipica del testo classico, anche una nota di piacevole intrattenimento.
La trama, evidentemente legata alle condizioni politiche di Atene al tempo di Aristofane, riesce a superare gli stretti confini temporali, facendo di personaggi politici come Cleofonte modelli attualissimi di una classe dirigente mediocre ed incolta, incapace di fare il bene collettivo e buona solo a prendersi gloria e onori, pur senza meritarli, ma abilissima ad accrescere il proprio consenso, facendo leva sui bisogni, sui dolori e sulle paure di un popolo sempre più inebetito.
Alla fine Plutone consente a Dinoniso, sceso nell’inferno per riprendersi Euripide, di riportarsi, invece, Eschilo, la cui opera, intrisa di valori alti, viene considerata indispensabile dal Dio del teatro per restituire al popolo ateniese il valore perduto e, quindi, rimettere gli uomini saggi al governo della città.
Con questo testo Aristofane rivendica, quindi, anche il ruolo fondamentale della lirica, della poesia, oggi diremmo della cultura, nella politica, perché le scelte politiche di una grande democrazia si basano sulla capacità del popolo di riflettere prima di esprimersi e di scegliere sempre con razionalità e buon senso. Ma razionalità e buon senso presuppongono uno sforzo collettivo, che nasce dall’assorbimento degli insegnamenti propri della cultura e la loro rielaborazione nella vita pratica e quotidiana.
Affidarsi è molto più facile che partecipare!
Aristofane rivendica, duemila anni prima di Gramsci, il ruolo organico dell’intellettuale nella vita e nell’esperienza politica, di cui quello stesso intellettuale organico può e deve diventare una guida imprescindibile.
Senza una tale guida, la mediocrità può facilmente assurgere al vertice delle istituzioni democratiche, al punto da affidare il governo della città ad un uomo che, dice Aristofane, confonde l’elmo con un pitale!
La riflessione sul testo antico non può non soffermarsi sulla sua eccezionale attualità, a maggior ragione analizzando la qualità della classe dirigente italiana, nazionale e locale.
A Modica, per esempio, il dibattito politico rimane relegato negli stretti confini di chi è a favore del primo cittadino e di chi è contro di esso, secondo una logica dei numeri che mette in secondo piano il vero interesse della città.
La fascia tricolore diventa, quindi, ostentazione di una maggioranza cortigiana e senza voce o il traguardo di un’opposizione apparentemente incapace di radicare un pensiero e un’azione politica al di fuori degli angusti confini delle sedute consiliari.
Mancano gli intellettuali, mancano gli uomini di cultura, ai quali affidare il compito di rendere ancora degni di apprezzamento i valori della correttezza, della lealtà, dell’onestà, della generosità, della condivisione.
O meglio, gli intellettuali ci sono, ma sono stati relegati al ruolo di comparsa da una parte o isolati ed emarginati, quando non disponibili alla sottomissione politica.
Un monito agli intellettuali contemporanei, quindi, viene dal passato, perché facciano della cultura la culla dei migliori principi, a tutto beneficio della nostra martoriata, ma pur sempre ancora necessaria, vitale, amatissima e pericolosamente leggera Democrazia!