Dai bla bla bla del Governo, alla realta’ dello stato sociale fotografato da organismi terzi

La riforma sanitaria del 1992 sancisce che lo stato sociale non può garantire tutto a tutti ma solo erogare uno standard minimo di prestazioni, lasciando alle Regioni o ai cittadini la soddisfazione dei bisogni non coperti con le risorse pubbliche.

Nel 1999 è approvata la legge Rosy Bindi, che ribadisce il principio costituzionale del diritto alla salute sancendo che lo Stato s’impegna a garantirlo nei livelli essenziali individuati sul territorio nazionale.

Lo Stato sociale è una caratteristica dello Stato che si fonda sul principio di uguaglianza sostanziale, da cui deriva la finalità di ridurre le disuguaglianze sociali. In senso ampio, per Stato sociale si indica anche il sistema normativo con il quale lo Stato traduce in atti concreti tale finalità; in questa accezione si parla di welfare state (stato di benessere tradotto letteralmente dall’inglese).

Qual è il problema principale di questo Paese?

La disuguaglianza ! Non stiamo attraversando una crisi di beni: se si va al supermercato gli scaffali sono pieni, non come nelle crisi dei Paesi post-sovietici, per dire. I beni esistono, ma non sono distribuiti. Pochi hanno grande ricchezza e molti non hanno i soldi per acquistarli, quei beni: è una crisi di distribuzione della ricchezza. Chiunque assecondi l’accrescimento di questa differenza fra classi sociali non potrà che acuirla, chiunque non abbia il coraggio d’intervenire sui grandi patrimoni e ricreare un sistema di welfare vero per il Paese, investendo nella formazione, nella creatività e nei diritti invece che nei cacciabombardieri e in opere grandemente indesiderate e pericolose, non potrà che essere la ragione della crisi.

Questo Governo in carica riuscirà a smentire queste cose, che sembrano le premesse della sua visione politica ?

Secondo Bankitalia, la crisi ha colpito prevalentemente i giovani che vivono in famiglia, mentre l’occupazione dei capofamiglia ha mostrato segnali di maggiore tenuta. Tali risultati riflettono non solo la maggiore incidenza dei contratti di tipo precario tra i giovani, ma anche un sistema di protezione del lavoro che favorisce chi ha contratti di lavoro più stabile, prevalentemente del settore industriale, e che di fatto risulta fortemente segmentato su base generazionale.

L’Italia è 45esima nel rating mondiale della felicità dell’Onu. Il Rapporto mondiale sulla Felicità 2013 declassa il fu Bel Paese rispetto alla classifica del 2012. Come spiegano gli esperti, il tutto è dovuto allo smantellamento dello Stato sociale e alle città nel caos, ma anche all’assalto alla Costituzione.

L’Italia è un Paese in caduta liberà, ecco quello che emerge dal nuovo Rapporto mondiale sulla Felicità dell’Onu. Un Bel Paese che non c’è più, visto che scendendo al 45esimo posto del rating della felicità, viene superato addirittura da alcuni Stati con criticità abbastanza serie, come Israele, Colombia o Messico. Tendenza, questa, che è ormai consolidata, visto che ancora un anno fa il nostro Paese era al 28esimo posto e col passare del tempo non fa che perdere posizioni.

Mi piace pensare che chi governa possa finalmente acquisire consapevolezza delle tante criticità del nostro Paese; criticità che non sono certificate da oppositori politici, bensì da organismi accreditati che non hanno alcun interesse a denigrare l’operato del Governo ma solo il dovere di fotografare la realtà in cui si presenta l’Italia.

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