È il segno dei tempi: cambiano i rapporti personali ed i mezzi di comunicazione e con essi anche i “boss” mafiosi (o presunti tali) si adeguano.
Così si scopre che, Franco Mormina, il “capo” dell’associazione mafiosa che terrorizzava il territorio sciclitano, si avvaleva tranquillamente del suo profilo facebook (FOTO).
Già il soprannome che lui stesso si era affibbiato su facebook era “tutto dire”: sul noto social network, infatti, si era soprannominato Franco Mormina “Monello”.
E proprio su quest’ultimo non è difficile notare come, fra gli amici, vi siano personaggi di spicco della società sciclitana.
Non che essere “amici” su facebook di un boss (se i giudici confermeranno le accuse) sia un reato, si badi bene, ma in una realtà come quella sciclitana appunto – dove la vox populi è “tutti sapevano” – ci si domanda come mai talune personalità abbiano scelto di “concedere” l’amicizia a quello che, se non altro, era già un “noto pluripregiudicato e sorvegliato speciale di P.S.”.
Così, sempre scorrendo nel profilo visitabile e consultabile pubblicamente anche da chi non ha “l’onore” di fregiarsi dell’amicizia del “Monello”, si trovano auguri per il compleanno di Mormina, “particolarmente affettuosi” da profili riconducibili a personaggi politici in carica.
E non trovandoci in Lombardia, né in Friuli Venezia Giulia, quando qualcuno usa il termine “zu”, si connatura certamente un “rispetto” che, probabilmente, è fuori luogo concedere ad un “boss”.
Così, sempre scorrendo, si nota come l’appellativo di “zu” sia ricorrente, così come il “rispetto” di molti che scrivevano nella bacheca del “Monello”.
Curiosando fra le informazioni, sempre “pubbliche” nel profilo, non si può non apprezzare come Mormina fosse particolarmente attento anche alle questioni “socialmente sensibili”, come i “costi della politica”. Ricorrenti, infatti, sono i suoi post su “deputati che prendono 30.000 euro per fottere la vita degli altri”, lavoro che non arriva e quindi colpa dello Stato, fino a link o frasi del tipo: “meglio un ribelle sincero che un umile falso!”.
Insomma, anche per chi è accusato per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, truffa, furto e violenza privata, aggravati dall’aver agito con metodo mafioso, è giusto tenersi aggiornato con i “tempi”!
Saranno i giudici a giudicare la posizione del “boss 2.0”, valutando se ciò che è stato deciso dalla procura e dal giudice delle indagini preliminari sia corretto.
Ma intanto la domanda resta: è il caso di “fregiarsi” di queste amicizie, seppur virtuali?