Fuori dalle cose modicane…sono come i nostri figli!

Oggi dovete consentirmi di uscire dai confini delle cose prettamente modicane e di spendere qualche parola sulla questione dei migranti.

Chi non ha visto in tv o sui giornali on line, e condiviso sui social, la foto del bimbo siriano sulla spiaggia?

Ecco, io quella foto sono riuscito a mala pena a guardarla per un attimo, ma poi ho dovuto distogliere immediatamente lo sguardo, per un improvviso senso della disperazione che mi ha invaso, quasi fermandomi il cuore, al pensiero della paura che quel bimbetto innocente ha potuto provare nei tragici momenti in cui l’acqua, madre e fonte di vita, si appropriava ciecamente e rabbiosa del suo ultimo piccolo respiro.

Mi dispiace, dovete perdonarmi, ma io non sono riuscito ad indugiare, con i miei occhi di privilegiato, sul dramma di questa morte così prematura, una morte diventata il simbolo stesso di quanto sia disperato il bisogno di vivere, un bisogno perseguito da migliaia di uomini e donne pronti a sacrificare se stessi ed i loro cari, pur di scommettere nel futuro.

Per tanti nostri fratelli non c’è altra alternativa tra la morte certa in patria ed il rischio di morire durante il tentativo di sopravvivere: una contraddittoria e nello stesso tempo paurosamente identica assurdità!

Eppure, consentitemi lo sfogo, sono rimasto impietrito nel constatare come, nei media e sui social, la vera tragedia dalla quale è scaturita questa vicenda altrettanto triste, sia passata in secondo piano rispetto al presunto problema, evidentemente per noi occidentali assai più importante, dell’opportunità o meno della pubblicazione di quella foto.

Ho visto fiorire commenti di chi sosteneva le ragioni del sì e di coloro che sostenevano le ragioni del no, in un dibattito sempre più profondo, affondato su radici filosofiche o cristiane o collegato a motivi di tutela dei nostri stessi figli i quali, con i tablet alla mano, tra un gioco e un cartone, potevano diventare spettatori inconsapevoli di uno “spettacolo” traumatizzante.

Mi sono chiesto, allora, cosa guardavano quei commentatori quando si trovavano di fronte quella foto ed ho dovuto darmi una risposta assai triste e deludente: non guardavano il bimbo morto, non guardavano il dramma esistenziale che stava dietro questa vicenda, ma guardavano semplicemente la foto stessa, esaminandone l’impatto sulle loro e sulle nostre coscienze, come se l’effetto, prodotto da quello scatto sulla benestante società europea fosse più importante di tutta la questione che ne sta alle spalle, in un perverso gioco di egocentrismo collettivo.

A questo punto è stato inevitabile pormi il problema se costoro hanno capito che quella foto non era un fotomontaggio, non era una costruzione in 3D fatta al computer, non era la provocazione di un artista, ma era la testimonianza vera di quello che sta realmente succedendo a distanza di qualche miglio dalle nostre coste, l’impronta visibile di quello che succede ogni giorno e che noi non vediamo e che, anzi, ripudiamo quando accusiamo i migranti di campare alle nostre spalle, di portare solo delinquenza, di togliere il lavoro ai nostri figli.

E nello stesso momento in cui si dibatteva su quella foto, sempre nel modo che ho appena detto, si accusava lo Stato di essere responsabile dell’omicidio dei due coniugi di Palagonia.

Nello stesso momento si accusavano i migranti, intesi come una categoria costitutiva di un’altra umanità, di causare la morte dei nostri concittadini indifesi.

Il cane che si morde la coda e l’incapacità di comprendere che, sia i migranti che i cittadini uccisi dall’Ivoriano (e forse egli stesso) sono, siamo tutti vittime e complici della stessa follia.

Siamo vittime perché la fine violenta e prematura di una vita, a Modica, in Siria, a Gerusalemme, a New York e in qualsiasi altro posto del mondo, è la sconfitta per l’umanità intera e dovrebbe sconcertarci a prescindere dal fatto che la stessa venga immortalata con uno scatto fotografico o meno.

Siamo complici perché, nello stesso tempo in cui indugiamo, non senza una certa pruriginosità, sulla morte in una sua forma tanto sconcertante nella sua semplicità, continuiamo a mantenere la prima barriera mentale capace di generare l’odio: l’idea della diversità esistenziale ed umana basata sulla diversità della provenienza.

Essere cittadini europei, italiani, siciliani, modicani, sembra renderci il diritto di provare pietà e nello stesso tempo di profferire frasi indegne, cariche di razzismo ingiustificato, contro chiunque sia altro da noi, per il solo stesso fatto di essere nato nella parte sbagliata del mondo.

Ed il razzismo allora si esplica sotto le sue più disparate, disarmanti e contraddittorie forme.

Questa idea della diversità si radica nella nostra coscienza collettiva, nel bene e nel male, anche a causa di politici, a mio avviso criminali, i quali speculano, in modi diversi, sulla sensibilità di alcuni cittadini e sulla paura di altri e questo solo per costruire il loro consenso elettorale.

Ed infatti, c’è stato chi ha voluto speculare, nello stesso identico momento, intorno alla morte di quel bimbo e sul delitto di Palagonia.

Sono rimasto sbigottito di fronte a tale e tanta sfrontatezza e mi sono detto che questi personaggi, questa razza di politicanti allo sbaraglio dovrebbe essere esclusa dalla vita politica.

Sono rimasto sconcertato nel constatare che per molti cittadini europei si dovrebbe ringraziare la Germania per avere finalmente cambiato posizione in materia di accoglienza e migrazione.

Ringraziare per cosa e perché? Perché finalmente i tedeschi stanno facendo quello che avrebbero dovuto fare da sempre?

Sono sbigottito per l’inversione dei termini di analisi posta nel nostro continente, dove tutto diventa teatrale ed oggetto di apprezzamento, sempre sotto l’onda dell’emozione, su un piano del consenso politico.

Non ci si rende conto che in questo stesso momento in cui scrivo e nel momento stesso in cui voi leggerete questi miei confusi pensieri, un bimbo di cui non conosceremo mai l’esistenza, in una qualche parte lontana del mondo, forse da solo, tremante, fermerà lo sguardo inerte su un cielo abbacinante o sulla stella più lontana del firmamento eterno o cercherà la mano calda e rassicurante della mamma per un ultimo, insaziabile abbraccio.

Tutto questo ci compete come soggetti appartenenti al genere umano, che è uno ed uo solo!

Abbiamo un dovere morale da adempiere e questo dovere si chiama AMORE, FRATELLANZA , SOLIDARIETA’.

Ragioniamoci, per i nostri figli, quelli che dormono nella stanza accanto a noi e per quelli che nemmeno conosciamo, ugualmente piccoli, ugualmente indifesi, ugualmente nostri figli…

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