Lo avevamo denunciato, urlato, per la salute dei vittoriesi: con la salute non si imbroglia e, al di là degli aspetti mafiosi per i quali Giovanni Donzelli è stato condannato (per lui una condanna per mafia “può capitare a tutti“), l’azienda Sidi Srl è una “bomba ambientale”, poiché
“la sua attività può aggravare e protrarre le conseguenze del reato, con danno per la salute umana e l’ambiente“.
E se per il Signor Giovanni Donzelli scampare ad attentato “può succedere a tutti che si trova in un bar e dovevano uccidere ad uno e sparano ad un altro“, noi dedichiamo questo articolo alla memoria di Claudio Volpicelli, morto per “sbaglio” in quel drammatico giorno, per mano mafiosa.
FACCIAMO CHIAREZZA:
La Cassazione ha accolto il ricorso della Procura di Ragusa: il sequestro alla ditta Sidi Srl, del condannato per mafia Giovanni Donzelli, era – nei fatti – giusto.
E’ questo, in sintesi, la decisione della suprema Corte, a seguito del ricorso fatto dal Procuratore di Ragusa, Carmelo Petralia e del Sostituto, Valentina Botti (che ha lavorata per mesi sul caso della “bomba ambientale della ditta Sidi Sr), che annulla il provvedimento che dissequestrava l’Azienda di Donzelli e ne rinvia al Tribunale di Ragusa per un nuovo esame, con i principi che vedremo fra poco.
E proprio sabato sera, su Rai1 in occasione del programma “Cose Nostre”, il signor Donzelli aveva definito le nostre denunce fatte da oltre un anno come “minchiate”.
Come spesso accade, però, il destino è beffardo e la sentenza della Corte di Cassazione è arrivata con un tempismo perfetto!
Abbiamo più volte scritto che la Sidi Srl (solo una delle società, la più importante, delle quali Giovanni Donzelli non sa neanche il numero preciso ed i nomi – vedi VIDEO) era ed è una bomba ambientale.
La Procura di Ragusa, per il tramite della Guardia di Finanza, ha svolto delle indagini serie e scrupolose, la cui bontà è confermata anche dalla Cassazione.
Ed anzi, dopo il sequestro valutato dal GIP, come afferma la Cassazione “la situazione è ancor più grave”.
Anche gli accertamenti dalla Cassazione sono stati ritenuti validi.
Si legge testualmente nella sentenza:
“Altrettanto difficoltosa risulta, poi, l’individuazione delle ragioni che avrebbero dato luogo alla ritenuta nullità o inutilizzabilità degli accertamenti”.
Il punto più importante, sul quale si è giocata la “partita” processuale, riguarda la classificazione: per la Procura un rifiuto pericolo, per la difesa un sottoprodotto.
Sul punto la Cassazione è chiarissima:
“Il provvedimento impugnato va poi censurato anche per ciò che concerne la qualificazione come sottoprodotto del materiale depositato.
Da tale definizione” del sottoprodotto “emerge chiaramente che il legislatore ha voluto specificare in modo dettagliato quali siano le condizioni perché un determinato residuo possa qualificarsi come sottoprodotto e dal tenore letterale della norma è altrettanto evidente che la sussistenza delle condizioni indicate debba essere contestuale e che, anche in mancanza di una sola di esse, il residuo rimarrà soggetto alle disposizioni sui rifiuti, come peraltro già osservato dalla giurisprudenza di questa Corte prima dell’introduzione dell’articolo 184-bis.
Il Tribunale del riesame, che pure riproduce testualmente la definizione di sottoprodotto, richiamando anche l’esito di analisi che ne attesterebbero la compatibilità con la definizione medesima, omette del tutto di spiegare, però, sulla base di quali elementi ricava la convinzione che la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla legge sia dimostrata.
In particolare, non si comprende come detto materiale sarebbe utilizzato ai sensi del comma 1 lettere b) e c) dell’art. 184-bis d.lgs. 152\06, dal momento che ne è stato accertato il deposito incontrollato su un terreno adibito a cava unitamente ad altri rifiuti con i quali venivano poi mescolati con mezzi meccanici (cfr. quanto indicato nel provvedimento di sequestro nella parte riportata a pag. 6 dell’ordinanza impugnata) né, tanto meno, come tale situazione sia improduttiva di conseguenze sull’ambiente e la salute come richiesto dalla lettera d) del medesimo comma”.
Infine la questione del deposito di rifiuti ad Acate, anche questo rappresenta una vera e propria “bomba ambientale”.
“Le indagini evidenziavano anche un deposito incontrollato su un terreno (in località Acate) di fanghi provenienti dal processo di recupero del polietilene dismesso e di altri rifiuti speciali”.
Per chi vuole approfondire le problematiche della Sidi Srl, rimandiamo al nostro articolo del 8 aprile 2016.
Sulla questione delle società a scatole cinesi, delle quali il Signor Donzelli non ricorda né i nomi né il numero, torneremo con un prossimo articolo.
La criminalità economica, grazie alla quale pochissimi si arricchiscono a spese della collettività (tolti gli altri innumerevoli profili di reato!), è la più pericolosa. Sarebbe arrivato il momento che i vittoriesi capiscano che la ricchezza di una famiglia, potrebbe portare a danni irreparabili per la salute di tutti!