I divorziati per la Chiesa

La questione delle persone divorziate e risposate è una delle più acute, pastoralmente, nella Chiesa cattolica romana, come hanno dimostrato anche in questi giorni le reazioni alle proposte “liberal” della diocesi di Friburgo, apprezzate in Germania ma non in Vaticano.

Tutti ricordano la parola di Gesù a proposito del matrimonio: “L’uomo non divida ciò che Dio ha unito”. Tuttavia, pur sempre affermando il principio dell’indissolubilità matrimoniale, fin dagli inizi le Chiese si sono poste la domanda: che fare se una coppia cristiana divorzia? Già nel Vangelo di Matteo (19, 9) vi è l’eco di questa discussione, perché riporta un’eccezione – seppure non ben precisabile – all’affermata assolutezza. La Chiesa latina optò comunque per una disciplina rigorosa, non ammettendo le nuove nozze dei divorziati; tuttavia poco alla volta sviluppò una normativa – spesso contestata – per dichiarare, infine attraverso la Sacra Rota, che un certo matrimonio non era mai esistito se nullo alla radice per vizi di forma o di sostanza.

Le Chiese orientali (poi diventate le Chiese ortodosse separate da Roma), fondandosi sull’inviso di Matteo, hanno sempre ammesso – “per misericordia” – le nuove nozze dei divorziati. Proprio richiamandosi a questa prassi, al Concilio Vaticano II il vescovo melkita (greco-cattolico) Elias Zoghby propose, inascoltato, che anche la Chiesa cattolica adottasse la scelta degli orientali. I papi post-conciliari hanno invece difeso tenacemente la linea rigorista, che in concreto impedisce di dare la comunione alle persone divorziate e risposate civilmente. Ma nel 1993 tre vescovi tedeschi (tra essi i futuri cardinali Karl Lehmann e Walter Kasper), facendo loro le richieste di molti gruppi di base, in una lettera pastorale comune proposero: quando una persona divorziata e risposata consideri, di fronte a Dio, irrimediabilmente naufragato il suo precedente matrimonio, e viva con amore la sua nuova unione, può decidere in coscienza di accostarsi alla comunione. L’allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, obbligò i tre prelati a rimangiarsi la proposta. Diventato egli Benedetto XVI, ha ribadito che “i divorziati non sono esclusi dalla Chiesa”, epperò ad essi l’Eucaristia rimane assolutamente vietata.

Ma lunedì scorso la diocesi tedesca di Friburgo ha iniziato di fatto a bypassare il “no” ufficiale della Santa Sede: una decisione clamorosa ma – secondo i proponenti – in linea con il continuo appello alla misericordia che caratterizza il magistero di papa Francesco. Il quale, proprio per affrontare un problema che riguarda milioni di cattolici divorziati nel mondo, l’8 ottobre ha deciso che tra un anno si celebri un’Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi per riflettere su “Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Allora, forse, si aprirà una porta per ammettere le persone divorziate e risposate all’Eucaristia.

L’annuncio dell’iniziativa papale è giunto all’indomani della clamorosa decisione della diocesi di Friburgo (non è ancora chiaro se accolta, o meno, dal vescovo dimissionario Robert Zollitsch); e perciò il comunicato vaticano, illustrando il tema del prossimo Sinodo rileva che proporre già ora “particolari soluzioni pastorali da parte di persone o di uffici locali può rischiare di ingenerare confusione. E’ bene mettere in rilievo l’importanza di condurre un cammino nella piena comunione della comunità ecclesiale”. Insomma, un “alt” ai friburghesi, in attesa che nel 2014 i rappresentanti dei vescovi del mondo con il papa prendano, insieme, le opportune decisioni. Ma ormai la frana è partita, e forse diverrà valanga. D’altronde, molti fedeli si domandano: è logico ammettere alla comunione gli omicidi pentiti (eppure le loro vittime… non risorgono!), e poi negarla per tutta la vita ad una persona divorziata e risposata? Qualcosa stride, in questa pastorale.

 

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