Questa settimana mi è capitato di leggere un articolo di Enzo Scarso che mi è sembrato apprezzabile nei toni e molto stimolante sul piano dei contenuti. Sono rimasto sconcertato, però, dal fatto che alcuni lettori abbiano commentato questo interessante articolo accusando l’autore di non avere titolo o legittimazione ad intervenire nel dibattito politico in conseguenza dei suoi passati ruoli istituzionali. Bene, siccome io non ho mai ricoperto alcun ruolo politico o istituzionale e posso definirmi, anche per motivi anagrafici, “un volto nuovo”, mi permetto di fare mie le parole di Enzo Scarso, che condivido in pieno e che credo meritino un maggiore approfondimento.
Il leit motiv della sua riflessione è il significato stesso dell’Amministrare, al quale l’autore collega in modo inscindibile il principio della responsabilità e del buon senso, in netto contrasto con le elargizioni a pioggia di denari pubblici o con il dispendio di risorse economiche per finalità meramente ludiche o, che è peggio, con il binomio drammaticamente riduttivo tra amministrare e manutenere, in una paradossale esaltazione della scerbatura (che simpaticamente Scarso definisce “quasi compulsiva”) o di altre iniziative di cui dovrebbero occuparsi i funzionari dell’ente e non gli organi elettivi, ai quali spetta il più importante compito di indirizzo politico.
Come ho già avuto modo di dire, quindi, Amministrare non significa affatto curarsi solo e soltanto della scerbatura, della manutenzione delle lampadine pubbliche o organizzare luminarie per ogni festa di paese. Amministrare significa avere una VISIONE POLITICA della città futura ed agire di conseguenza per trasformare questa visione in realtà. Per fare ciò occorre essere parsimoniosi nell’uso delle risorse economiche dell’ente, avere chiare le idee sul da farsi e sul come fare.
Amministrare non equivale ad assumere la posizione di garante con le banche per pochi centesimi di credito concessi alle imprese, ma realizzare opere pubbliche, che rendano un servizio alla città e consentano alle nostre attività produttive di lavorare e guadagnare. Piuttosto che ricorrere, quindi, a improbabili fideiussioni, il Comune di Modica dovrebbe pensare a nuove forme di convenzioni con le imprese, per consentire, oltre a pagamenti celeri e certi, anche strumenti di ausilio per il sostenimento delle spese necessarie alla realizzazione delle opere.
Forse la memoria è labile e forse ci siamo già dimenticati delle tante cose realizzate in passato, come la realizzazione dello stadio della Caitina, il completamento della piscina, la fognatura a Marina di Modica, il teatro Garibaldi, Piazza Matteotti, la pavimentazione dei marciapiedi del Corso Umberto, il rifacimento di tutta la rete viaria, la ristrutturazione dell’ex Albergo dei Poveri e le tante altre opere pubbliche che hanno impegnato molte ditte modicane dimostrando, peraltro, la loro grandissima qualità professionale, tanto che Modica, in un certo momento, ha ritrovato il suo antico ruolo di capitale della Contea.
Oggi assistiamo ad un’attività politico/amministrativa inutilmente spendacciona, che esalta le piccole cose e dimostra di non guardare più in là del proprio naso. Mi si consenta di dire, senza offesa per nessuno, che oggi è prevalsa la cultura dei nanismo politico, una cultura che riduce le prospettive della nostra società a livello di bisogni elementari, come se la sostituzione di un mattone rotto sia il massimo successo possibile della nostra classe dirigente, rinunciando aprioristicamente a quel “moto d’orgoglio” di cui ha parlato l’amico Enzo Scarso nel suo articolo e che in passato ha dato prova del grande valore dei modicani.
Ecco, appunto, non accontentiamoci. Non facciamoci schiacciare dalla desolazione della crisi e non accontentiamoci del concetto pericolosissimo per cui “almeno questo poco viene fatto”.
Dopo tanti sacrifici e dopo avere superato il pericolo imminente del dissesto economico, grazie al finanziamento di 40 milioni elargito dalla CC.DD.PP., oggi si prospetta la possibilità che lo Stato paghi tutti i debiti della P.A., consentendo anche ai Comuni di tornare a PRORAMMARE per il loro futuro. Adesso ci sono i presupposti per PENSARE IN GRANDE, come noi modicani siamo in grado di fare.
Non accontentiamoci, dunque, ma PRETENDIAMO da chi ci amministra, che è lì per SERVIRE I CITTADINI e non il contrario…