La Mcs, “Sensibilità Chimica Multipla”, è una patologia considerata “rara”. In verità di raro ha ben poco, a maggior ragione vedendo i numeri delle persone affette.
Eppure, purtroppo, c’è chi non la considera come patologia e la osteggia, sino al punto di mettere a serio rischio la vita dei pazienti.
Ecco perchè abbiamo deciso di render pubblica la denuncia che ci è pervenuta, scritta da Massimo Andellini, accompagnatore e testimone oculare di ciò che è accaduto ad una paziente affetta da Mcs che doveva sottoporsi ad alcuni controlli di routine all’IDI, di Roma.
La scena ed il racconto sono da non credere, noi li riportiamo così come ricevuti:
“La scena si svolge al reparto allergologia e il protagonista è il Dott. G. G., allergologo, che riceve la paziente Claudia Marini, affetta da Mcs (sensibilità chimica multipla), sua madre ed il sottoscritto, Massimo Andellini, che le ha accompagnate, in data 3 giugno 2014, alle ore 9,45 circa.
[sociallocker] Claudia Marini – racconta e scrive Massimo Andellini – è andata all’IDI per sostenere un esame del sangue (attivazione basofili), atto a testare se ha allergie a vari farmaci e anestetici. Deve però sostenere un altro esame, e questo lo può solo attraverso un day hospital. Così ci rivela subito l’allergologo, il Dott. G. G., al quale si presenta Claudia. con tutta la documentazione che dimostra la sua patologia, riscontrata dallo “Sportello Malattie Rare del Policlinico Umberto 1°”, Responsabile Prof. Giuseppe Genovesi, presso cui è in cura da diversi anni, e che ci risponde che sull’Mcs esistono posizioni varie e che ci dice con chiarezza di NON credere all’Mcs ed anzi che “egli ha personalmente guarito una moltitudine di malati, naturalmente immaginari, di Mcs curandoli per il riflusso esofageo”.
Così, parole dell’accompagnatore, “Rimaniamo allibiti”.
Non contenti e come prassi, Claudia Marini fa subito vedere lo stampato con le linee guida della Regione Lazio che devono essere sempre seguite nelle procedure medico-ospedaliere e “il dottore ci risponde che non lo ha letto e che quello li poi non ha il Logo della Regione”.
La paziente inizia ad illustrare al medico che ha di fronte che “ha subito un grave incidente chimico che le ha causato poi l’Mcs e che tali circostanze sono state acclarate dall’Ufficio D’Igiene-SPRESAL.
“Il dottore cambia discorso – ci scrive e racconta Massimo Andellini -. Non vuole sentire. Semplicemente non crede all’esistenza dell’Mcs”.
Per permettere di fare il day hospital a Claudia Marini, quindi, non solo non è possibile attrezzare una stanza apposita, ma nemmeno farla pulire il giorno prima con varecchina o altri detergenti profumati, fare in modo che gli altri cinque/sei pazienti presenti in contemporanea, quel giorno non si siano profumati, che non si siano profumati gli infermieri e i medici del day hospital stesso, che pure potrebbero essere tranquillamente preavvertiti il giorno prima e che, comunque, non dovrebbero andare tra i malati con profumi e unghie laccate. Mai.
“Poi – continua amaramente il racconto – c’è la faccenda dell’ago cannula. Notoriamente l’ago cannula, così come i guanti e qualsiasi altra cosa che possa venire a contatto col malato di Mcs, deve essere latex free, cioè senza lattice. E questo è detto con chiarezza sia nei protocolli, sia nelle linee guida regionali.
In quanto essere affetti da Mcs significa che tutte le sostanze chimiche sono potenzialmente pericolose per essi.
Il Dott. G. G., invece, con serafica tranquillità ci dice che l’ago cannula è obbligatorio per tutti i pazienti che fanno day hospital, specie per quelli a rischio (come i malati di Mcs). A tal punto chiediamo al Direttore Sanitario se si poteva, per la paziente, fare un’eccezione, in quanto affetta da Mcs.
Ma qui invece niente di tutto questo.
Per i bambini si può fare eccezione (chissà perché !?), per l’Mcs no.
Claudia gli dice ancora di avere avuto già una reazione fortissima una volta al Pronto Soccorso del Policlinico Umberto 1° e che l’hanno dovuto togliere di corsa…l’ago cannula, ma l’allergologo, imperterrito “Faccia il test allergico al lattice e poi solo se risulta positiva, non le mettiamo l’ago cannula”.
Non si capisce perché un fatto acclarato riportato dalla paziente, quindi un importante fatto anamnestico, per il Dottore conti nulla, meno di un test che lui stesso, all’inizio, ha valutato avere “come tutti i test una valenza dal 30 al 70%”.
È come se il medico che ti chiede se sei allergico a un certo antibiotico e tu gli dici di si, ti rispondesse che te lo somministra lo stesso a meno che tu non faccia prima l’esame preposto.
Ma la clamorosa situazione non finisce così:
“Allora io chiedo, al dottore – racconta Massimo Andellini -, candidamente, se esiste l’alternativa di un ago cannula latex free, senza lattice.
“Certo, – risponde – ed io mi dico: è fatta – ma costa di più ed io per richiederlo in amministrazione, devo giustificare la spesa”.
Ma se lo portiamo noi ?!…Non si può…Ma allora se la paziente si sente male durante il day hospital, può essere aperta la finestra ? “Solo se nessun malato si oppone, che magari ha la bronchite”.
E se Claudia allora esce all’aperto per non soffocare: ”Non può, deve restare tre ore lì dentro…così ha firmato, le facciamo il cortisone a dosi massicce”…magari ammazzandola direttamente… gli diciamo…e se l’ago cannula le fa reazione…nessuna risposta. E allora al pronto soccorso?…”lì ce l’hanno (!?) il latex free”…allora prendetene anche voi, tenetevene magari uno su cento….”ma sa, come giustifichiamo la spesa ?”.
La ragazza, ovviamente, decide di non fare più alcun esame all’IDI dove non credono che esista l’Mcs, e dove, quindi, non si sente affatto tutelata, perché “se ne fregano delle linee guida della Regione Lazio, perché un day hospital lì sarebbe come entrare in galera.
Però mi è sembrato giusto raccontare questa storia. Renderla di pubblico dominio.
Perché certi signori medici, che parlano di fronte a tre testimoni – conclude -, si prendano tutte le loro responsabilità. Finalmente”.
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