La droga sull’asse Calabria – Sicilia e ritorno. Non sarebbe certamente una novità, viste le operazioni che nel solo anno 2014 hanno visto finire nelle Patrie galere diversi esponenti di Cosa Nostra ed ‘Ndrangheta.
La novità, invece, potrebbe rappresentarla la morte di Michele Brandimarte. Una novità neanche troppo “nuova”, visti i precedenti di sangue che da sempre hanno caratterizzato le lotte per la droga e le armi, proprio relativamente alla gestione del porto di Gioia Tauro.
Già in un nostro articolo, qualche giorno prima dell’uccisione del boss della ‘ndrangheta a Vittoria (LEGGI L’ARTICOLO), si faceva il “punto” sulle nuove possibili piste della droga, connesse al Mercato di Vittoria, soprattutto per quanto concerne i trasporti.
Così si apprende che il reo confesso dell’uccisione di Brandimarte a Vittoria, Domenico Italiano, fosse solito frequentare la Sicilia ed il vittoriese, così come – secondo testimonianze da noi raccolte – anche Brandimarte era già “apparso” nella città ipparina.
La piazza ragusana è da sempre fra le maggiori in termini di consumo di droghe (leggere e non), ciò potrebbe aver “ingolosito” ulteriormente la ‘ndrangheta e la famiglia Piromalli-Molè. Non va dimenticato, inoltre, che due esponenti di rilievo delle Famiglie Piromalli-Molè, nonché fratelli dell’ucciso Michele Brandimarte, sono in galera proprio per reati connessi alla droga.
Giuseppe e Alfonso Brandimarte, vennero tratti in arresto l’estate scorsa nell’ambito dell’operazione “Puerto liberado” condotta dalla Guardia di finanza con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e che portò alla luce l’esistenza di un gruppo che gestiva l’importazione di cocaina dal Sudamerica, attraverso il porto di Gioia Tauro.
Resta da capire (ed è ciò su cui gli inquirenti stanno lavorando) il perché dell’omicidio di Michele Brandimarte e con chi – se li faceva – l’uomo facesse affari nel vittoriese. Chi sono i suoi riferimenti nella città ragusana? Agiva per conto dei Piromalli – Molè?
Brandimarte, secondo le ricostruzioni, sarebbe partito da casa propria alle 11,15 di domenica 14 dicembre. I fratelli Italiano lo avrebbero “prelevato” da casa, citofonandogli. L’uomo avrebbe detto alla famiglia di “ritornare nel pomeriggio”.
Così avrebbe avuto inizio l’ultimo viaggio di Michele Brandimarte verso la Sicilia.
Tutto sino alle ore (circa) 19 di quella drammatica domenica quando, secondo l’auto denuncia di Domenico Italiano, Brandimarte sarebbe stato sparato dopo una lite, in pieno centro a Vittoria. Mentre passeggiava. Con chi, oltre al killer (o ai killer) non è dato sapersi (magari con il titolare di qualche ditta di trasporti da e per il Mercato di Vittoria ed il porto di Gioia Tauro?).
Di certo c’è l’orario ed il luogo della uccisione. Incerte le motivazioni. Sembra risibile che una lite possa sfociare, così lontano da casa, in una violenta uccisione di un uomo del calibro di Michele Brandimarte.
Fatto sta che Domenico Italiano ed il fratello si sarebbero subito messi in macchina (aiutati da qualcuno, probabilmente un complice del luogo, ad uscire dal labirinto di vie e viuzze di Vittoria) ed avrebbero fatto rientro a Gioia Tauro.
Proprio qui, alle 23,30 circa, Domenico Italiano si sarebbe costituito dichiarando di essere il killer di Michele Brandimarte e consegnando una pistola, calibro 9.
Domenico Italiano è oggi in carcere, poco si capisce, invece, del fratello più grande che lo avrebbe accompagnato nel viaggio e (probabilmente) assistito all’uccisione.
La famiglia della vittima, ritenuta dagli inquirenti vicino al clan Piromalli, è stata coinvolta, sin dal 2011, in una faida (cosiddetta di Gioia Tauro) con i Priolo, altra famiglia imparentata con i Piromalli.
Anche se non sembra a rigor di logica questa la “vera pista” che ne giustifichi l’omicidio, legata piuttosto al traffico di droga – come si accennava in precedenza -.
Insomma gli affari dei Piromalli – Molè in Sicilia, un nuovo canale della droga. Resta da capire se ancora attivo, anche dopo la morte di Michele Brandimarte, del quale ancora non sono stati ritrovati alcuni effetti personali che potrebbero essere utili alle indagini (come il cellulare…).
E Cosa Nostra cosa fa (con le diverse famiglie sul territorio, dai Piscopo al clan Carbonaro Dominante, passando per catanesi e gelesi): Collabora, subisce o comanda?