La grande alluvione di Modica (Ieri e oggi)

Il 26 settembre 1902 una terribile alluvione sconvolse Modica, distruggendo la parte bassa della città e provocando più di cento morti e migliaia di feriti. Non era la prima volta : data la configurazione urbanistica e i due torrenti che attraversavano la Cava, già nel 1833 la piena d’acqua aveva provocato danni ingenti e la distruzione dei famosi ponti. Giovanni Modica Scala nel volume “La grande alluvione” (1969) ha raccontato la tragedia del 1902, le chiese e i palazzi sventrati dall’ improvvisa esondazione, i cadaveri trascinati fino a Scicli , il ritardo nei soccorsi, la disperazione dei superstiti, le conseguenze sociali della catastrofe ambientale.

Eppure  quella terribile calamita’ ebbe paradossalmente alcuni aspetti positivi  quasi sempre trascurati. In primo luogo scatto’ una straordinaria gara di solidarietà tra tutte le città italiane per aiutare  Modica. Nel Parlamento  si era svolto qualche settimana prima un intenso dibattito sulla Questione meridionale e la grande stampa nazionale  spedì in Sicilia i più famosi corrispondenti che con i loro articoli emozionarono l’opinione pubblica del Paese. Le  colorate “tavole” di Beltrame sulla “Domenica del Corriere” disegnarono uno scenario apocalittico e contribuirono a far affluire copiosi aiuti in denaro da banche, industrie, consigli comunali, privati cittadini, per un totale di circa 800.000 lire : circa 25 milioni di euro di oggi, un fiume di denaro, che un Comitato locale presieduto da Clemente Grimaldi distribuì  ai danneggiati secondo criteri rigorosi di giustizia sociale e che servi anche a edificare al Dente il quartiere popolare Milano-Palermo.

In secondo luogo il governo Zanardelli-Giolitti intervenne rapidamente per riparare i danni. A smentire i consueti stereotipi antimeridionalisti, la prima legge speciale per le città del Mezzogiorno nell’aprile1903 finanziò la ricostruzione delle infrastrutture (acquedotto , fognatura, viabilità)  e la copertura dell’alveo, dando a Modica  il volto urbanistico di oggi. Questo fu merito politico del deputato Corrado Rizzone , implacabile nel pressare Giolitti e i ministri , estensore della legge e  protagonista in Parlamento della sua rapida approvazione.

Quelle lontane vicende sono attualissime e ci insegnano alcune  cose : lo spirito patriottico degli Italiani era molto più forte allora,  la nostra città è stata sempre apprezzata per le sue bellezze architettoniche e per la sua laboriosità , lo Stato era molto più efficiente nel dare risposta ai bisogni collettivi, Modica poteva contare su una “signora” classe politica nazionale e locale. Oggi

assistiamo inermi alla spoliazione sistematica delle istituzioni cittadine , pezzi della nostra storia e della nostra identità ( Tribunale, Università, Scuole, Uffici, Caserme ) ,senza che nessuno riesca a fermare l’emorragia delle perdute risorse . E’ questa una nuova e più grave “alluvione”, da cui rischiamo di non risorgere per noncuranza dello Stato e mancanza di classe dirigente.

Historia magistra vitae, sed discipulos non habet.

2 COMMENTI

  1. Modica è senza Piano di Protezione Civile Comunale,quello esistente non è aggiornato ed è oramai obsoleto.
    I volontari delle diverse associazione,operano autonomamente e senza coordinamento.
    Il coordinatore dei volontari del gruppo comunale,fa luce a se stesso….
    Il gruppo è ormai ridotto a poche unità,per tutte una serie di egoistici personalismi,che nessuno è riuscito a debellare,o meglio dire non s’è voluto intervenire per sempre interessi di natura lassista.
    Un qualsiasi evento calamitoso troverebbe la Città non pronta a reagire in modo appropriato,con una lenta e disordinata risposta dei cittadini lasciati a se stessi e senza le Dovute segnalazione od indicazioni.
    Se qualcuno caparbiamente ha cercato di smuovere chi di”dovere”,è stato isolato ed ignorato,perchè tutto restasse com’è.
    Occorre immediatamente riunire tutti i volontari di”buona volonta”(consiglio comunale aperto)e di buoni propositi e ricominciare a collaborare fra i vari gruppi od associazioni nell’intento di stendere sul territorio una”copertura”per le varie eventuali calamità.
    O forse è meglio affidarsi nelle mani di qualche Santo,e per certo nella Città dalle 100 chiese non mancheranno di certo i Santi.

  2. Sulla politica e sull’efficienza dello Stato di allora vorrei esporre le seguenti considerazioni.

    Com’è noto subito dopo il terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908, vennero alla luce tutte le insofferenze verso il meridione, dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Giolitti, il quale ignorò le richieste di aiuto via telegrafo, inoltrate dai piccoli paesi calabri, gli unici ancora collegati via telegrafo con Roma, mostrandosi infastidito da tali richieste di aiuto in quanto inoltrate direttamente a lui e non alle prefetture, come da prassi.
    Le gestione dell’emergenza non fu da meno, gli aiuti italiani con a capo il generale Francesco Mazza, comandante del XII Corpo d’Armata, che divenne Commissario Straordinario, arrivarono solo dopo le navi russe ed inglesi, egli pensò poco ad organizzare i soccorsi e molto ad applicare lo stadio d’assedio deciso con decreto reale il 2 gennaio 1909.
    Si venne a creare così una situazione di ulteriore oppressione, riportata in un articolo dell’epoca, apparso nel Giornale di Sicilia che annunciava: “Il flagello dello stato d’assedio grava sulla città distrutta dal terremoto”.
    Giolitti non si fece vivo nelle zone terremotate per diversi mesi e celebre è rimasto il messaggio che il Re Vittorio Emanuele III fece recapitare a Giolitti, durante la sua visita nel luogo del disastro, ovvero: “Qui c’è strage, fuoco e sangue: Mandate navi, navi, navi e navi”

    A tal proposito e a mio avviso, dare della “signora” alla classe politica nazionale di quel periodo non è proprio corretto, come anche affermare che durante le emergenze lo Stato era più efficiente di oggi.

    Forse il governo Zanardelli-Giolitti del 1903 ma non il governo Giolitti di cinque anni dopo.

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