La libreria di Margherita è uno spazio comodo, ovattato e un po’ démodé, è una struttura in legno Ikea in cui riporre ed estrarre volumi e volumetti più o meno preziosi, è una di quelle sale da tè d’oltralpe che profumano di cannella e tepore invernale in cui sedersi a leggere il proprio libro, almeno idealmente.
Che sia di carta o preceduto da una e- di nuova generazione, che sia comprato su Amazon o preso in prestito in biblioteca e mai restituito, non importa: la cosa fondamentale è leggere.
E anche scambiarsi consigli di lettura, civettare, chiacchierare, criticare, ispirare sentimenti verso la creatura cartacea di turno.
Nessun criterio, nessun percorso cronologico sensato, nessun filo conduttore: solo un libro – il mio prescelto del momento – e la mia voglia di parlarne con voi in modo non troppo serio e (spero) non troppo tedioso.*
(*Con questa stessa modalità scrivo anche di cinema e serie tv sul mio blog http://margherita-nulladipreciso.blogspot.it/. Se vi va, datemi/ci un’occhiata!).
Inauguriamo questa rubrica col piede giusto e parliamo di un libro che non sto leggendo in questo momento, ma che ha un grande valore per me e una classicità universale: Ritratto di signora di Henry James.
Spesso i film tratti dai libri mi allontanano dai libri, sono dei mega spoiler animati che non lasciano spazio al piacere letterario autonomo, dei ladri di pagine arrivati prima di me al bottino.
Se riesco a leggere un libro per poi vederne con curiosità la trasposizione cinematografica, mi riesce più fastidioso il contrario. La scoperta di ciò che leggo deve essere un’esclusiva tutta mia!
Tutto questo per dire che sono stata lontana degli anni da un’opera incantevole come Ritratto di signora di Henry James e la colpa è di Jane Campion e del suo film omonimo (peraltro magnifico anch’esso!).
Un giro random in libreria e la mia solita necessità fisica di classici ottocenteschi mi ha spinto verso questo romanzo che conoscevo ovviamente per fama e contenuto filmico, ma che non avevo mai deciso di leggere. Stupida decisione autolesionista!
La meraviglia che ho trovato in Ritratto di signora non risiede tanto nella sua trama: a ben vedere si tratta di una vicenda molto essenziale che non eccelle per complessità e originalità, la storia di una giovane donna americana trasferitasi in Europa alla ricerca di viaggi e libertà, dei suoi pretendenti, della sua improvvisa ricchezza e del suo matrimonio infelice. Pochi eventi, pochi sconvolgimenti, estrema dilatazione dei fatti.
Il piacere risiede in altro e ha a che fare con la scrittura aristocratica e pregiata dell’autore: lo stile di Henry James è a dir poco sontuoso, è un rincorrersi elegante e armonico di belle parole ricercate con attenzione umanista, il suo periodare è lussuoso, ampio, sofisticato, la sua prosa è di una bellezza commovente, è pura gioielleria della parola, è arte orafa della frase.
Per chi ama l’arte del leggere, ritrovarsi di fronte a più di 700 pagine di tale preziosismo è un’esperienza sublime, voluttuosa, una seduta di classe e accuratezza scrittoria, una lezione di stile; leggendo ci si appaga di tanta magnificenza e quasi ci si dimentica di curarsi della trama e dei personaggi.
Personaggi che all’interno di una sipario romanzesco semplice e quasi geometrico, hanno un’accuratezza psicologica raffinatissima e di tipo miniaturistico. Lo scrittore riesce a entrare nella mente di Isabel Archer e a tirarne fuori declinazioni e inclinazioni umorali e cerebrali, pensieri e stati d’animo vibranti, descritti con perifrasi davvero suggestive e dettagliate.
E fa questo non solo con la sua eroina, ma anche con tutti gli altri indimenticabili personaggi, con Ralph Touchett, Lord Warburton, Caspar Goodwood, Henrietta Stackpole, Madame Merle, fino ad arrivare all’orrendo marito di Isabel, Gilbert Osmond che col suo snobismo esasperato, descritto in modo strategicamente efficace, riesce a suscitare un’antipatia febbrile nel lettore.
D’altronde ognuno di loro ha un carattere, una sfaccettatura, un atteggiamento, in grado di creare in chi legge sentimenti ora di attaccamento ora di avversione, e mai, nemmeno per un attimo, di indifferenza.
Credo che il modo in cui sono cesellati i personaggi abbia del miracoloso in quanto a realismo psicologico e tridimensionalità.
Interessanti, brillanti, ironiche sono anche le riflessioni di James sul rapporto tra vecchio e nuovo mondo, tra la raffinata cultura europea e la pratica concretezza americana e sul passaggio dei personaggi dall’uno all’altro e viceversa. Ho trovato davvero divertenti e pungenti le considerazioni su Roma e l’Italia, principale sede geografica della vicenda.
Insomma siamo in presenza di un capolavoro; forse il libro più elegante che abbia mai letto, un ritratto di signora ma anche il ritratto del Romanzo: regale, robusto, ricco, raffinato.
Leggerlo è stata pura felicità.
Alla prossima!