A Comiso si vive una situazione eclatante ed esplicativa di quella che è la giustizia in Italia che, seppur fatta da ottimi giudici e splendidi inquirenti, spesso è incomprensibile. Mario Campailla, detto “Mario ‘u checcu” o “Saponetta”, è stato indicato nella Relazione annuale del 2014 della Direzione Nazionale Antimafia come il capo “della Stidda a Comiso” eppure rimane tranquillamente in libertà (LEGGI L’ARTICOLO).

Un boss come Campailla, stando a quanto scrive la Dna, a rigor di logica dovrebbe soggiornare nelle patrie galere, luogo “comodo” dove farlo riposare in “santa pace”. Per la Dna, infatti, “dopo l’arresto del Emanuele Firrisi, il “gruppo della “Stidda” comisano sembra essersi riorganizzato sotto la direzione di Mario Campailla, nuovamente tornato in libertà”. Mario Campailla non è mai stato una persona “tranquilla”: vittoriese residente a Comiso, venne arrestato per l’ultima volta il primo ottobre del 2012 allorquando era a capo (secondo gli inquirenti) di un gruppo criminale composto da cinque persone, tutte appartenenti al clan della Stidda, che mietevano terrore tra i commercianti di Comiso, ma aveva già scontato in precedenza otto anni di carcere per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. All’alba del primo ottobre in un’operazione (denominata “Chimera”) condotta dai carabinieri del comando provinciale di Ragusa, su input della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania aveva sgominato il gruppo con cinque provvedimenti di custodia cautelare (oltre a Mario Campailla, finirono “dentro” Francesco Razza fratellastro di Campailla, Salvatore Servo, originario di Palagonia ma residente a Comiso, Silvio Izzia anch’egli fratellastro di Campailla e Massimo Scalambrieri). Le accuse furono: associazione a delinquere di stampo mafioso, aggravata dal fatto di essere l’associazione armata, estorsione aggravata e detenzione e porto abusivo di armi da guerra e comuni. Nel 2013 Mario Campailla venne sottoposto al cosiddetto “carcere duro” (o 41 bis) e trasferito al carcere di Novara, su richiesta della Procura Nazionale Antimafia e della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania. Fu in quella occasione che l’attività investigativa – secondo quanto riferirono i Carabinieri – avrebbe consentito di comprendere le dinamiche della mafia comisana e delle sue autonome cointeressenze illecite con la delinquenza di Vittoria, riconducibile allo storico clan” Dominante” , delle attività commesse ai danni di imprenditori e degli approvvigionamenti di armi da guerra in Calabria. Eppure da qualche mese Mario ‘u checcu è tornato in libertà, nonostante sia il capo della Stidda…