C’è ancora oggi chi, finendo per fare il gioco dei mafiosi, afferma che in provincia di Enna la “mafia non esiste”.
Non solo la mafia nell’ennese esiste, ma fa affari con tutti: dall’economia a cavallo fra legale ed illegale, fino alla politica, non disdegnando estorsioni ed usura, rifiuti e infiltrazioni in Comuni (con la “C” maiuscola, cioè intesi come amministrazioni comunali). E ha, come vedremo, influenzato persino gli appalti per l’Expò.
Si può affermare che la provincia di Enna abbia una mafia antica ma non arretrata e sia divisa fra nuovi e vecchi boss (a tal proposito va ricordata la famosa strage di Catenanuova del luglio 2008 ad opera dei mafiosi catanesi del clan Cappello), costituendo da un lato la retroguardia strategica per l’organizzazione di Cosa Nostra, sia nissena che catanese, dall’altro garantendo il controllo del territorio ed una persistente dinamica riorganizzazione dei propri assetti
I clan catanesi della “Famiglia Cappello” – nella zona di Catenanuova — e della “Famiglia Santapaola” – nella zona di Troina – hanno stretto alleanze con malavitosi locali, imponendo il loro potere.
L’ORGANIZZAZIONE
“Cosa Nostra” nella provincia di Enna è articolata, secondo la tradizionale struttura della famiglia, in “cinque famiglie” che operano nell’intero territorio fra Enna, Barrafranca, Pietraperzia, Villarosa e Calascibetta.
L’ultimo riconosciuto reggente provinciale di Cosa Nostra è l’anziano Salvatore Seminara, pastore di Mirabella Imbaccari (CT), già arrestato nell’ambito dell’Operazione “OLD ONE” in data 14 luglio 2009 ed attualmente detenuto (insieme a lui vennero tratti in arresti il suo braccio destro Gaetano Drago, Isidoro Di Pino e Antonino Spitaleri, tutti di Aidone).
A Salvatore Seminara, grazie all’assoluta fedeltà dimostrata negli anni (e quindi della ponderatezza delle decisioni che sarebbe stato chiamato ad assumere nel ruolo assegnatogli) è stata affidata, su incarico di Francesco “Cicciu” La Rocca, capo storico della famiglia di Caltagirone legato ai santapaoliani e da Gaetano Leonardo (detto Tano u Liuni), ultimo capo della famiglia di Enna, la reggenza mafiosa, oltre che del calatino, anche della provincia di Enna.
Salvatore Seminara avrebbe stretto un patto associativo per la riorganizzazione territoriale del clan nel versante centro e sud—orientale dell’ennese, con Sebastiano Gurgone e Giovanni Monachino (già condannati per associazione mafiosa).
In ogni comune, quindi non solo nelle località delle “cinque famiglie”, è presente una sorta di reggente, anche se non elevato al rango di “uomo d’onore”.
Infine, prima di entrare nello specifico, va detto che personaggi della famiglia mafiosa catanese dei “Cappello”, da sempre interessata al controllo della provincia ennese, si sono insediati sul territorio al confine (tra i Comuni di Catenanuova, Troina, Cerami e Regalbuto).
LE “CINQUE FAMIGLIE”
Enna:
A Enna in questo momento sono tre i soggetti criminali più autorevoli in libertà, Salvatore La Delia, Michele Cammarata e Santo Curatolo.
I tre rappresentano gli interessi dello storico capo della famiglia ennese, Gaetano Leonardo (detto Tano u Liuni) e di Giancarlo Amaradio (entrambi nelle patrie galere).
Da sottolineare, inoltre, la conclusione del processo a carico di Salvatore Gesualdo, Agente di Polizia Penitenziaria a La Spezia, arrestato con l’accusa di aver rivestito il ruolo di reggente, successivamente all’arresto di Giancarlo Amaradio.
Barrafranca:
A Barrafranca rimangono due le figure più importanti: da un lato quella dell’avvocato Raffaele Bevilacqua (attualmente detenuto e condannato all’ergastolo) e dall’altro Salvatore Privitelli, sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno.
Pietraperzia:

A Pietraperzia ruolo di comando è esercitato dai fratelli Giovanni e Vincenzo Monachino (Giovanni scarcerato da poco).
Giovanni Monachino, uscendo dal carcere, si è immediatamente affiancato all’anziano “uomo d’onore” di Cosa Nostra, Filippo La Rocca.
Sulla famiglia di Pietraperzia va sottolineato come essa abbia una “decina” operante nel milanese, precisamente a Pioltello, retta da Calogero Farruggia.
Proprio questa famiglia avrebbe avuto un ruolo importante nei lavori della esposizione universale, l’Expò.
Il responsabile sarebbe stato Liborio Pace, organico alla famiglia mafiosa di Pietraperzia e arrestato il 30 giugno 2016 dalla GdF di Milano nell’operazione legata della Dda del capoluogo lombardo.
Liborio Pace, va ricordato, è sposato con Rosanna Anzallo, figlia del defunto Giuseppe, già a capo della famiglia mafiosa di Pietraperzia.
Inoltre è cognato di uno dei due fratelli Monachino, Vincenzo, sposato con l’altra figlia di Giuseppe Anzallo, Concetta.
Dalla Dda di Milano è stato riscontrato un “fiume di contanti in nero” che dalla Lombardia giungeva in Sicilia, fino a raggiungere la “famiglia” di Pietraperzia.
I militari del GICO della Guardia di Finanza, inoltre, hanno effettuato il sequestro preventivo di beni per oltre 5 milioni di euro.
Villarosa
A Villarosa comanda la famiglia Nicosia, composta dai fratelli Maurizio Giuseppe, Damiano e Michele, oltre a Giuseppe Saguto.
Calascibetta
A Calascibetta, è stata ricostruita la storica famiglia già capeggiata dall’anziano Calogero La Placa, con nuovi consociati sui quali le forze dell’Ordine stanno cercando di fare chiarezza e che ne avrebbero assunto il ruolo di referenti.
LE ALTRE CITTA’
Come detto in precedenza, pressoché ogni città dell’ennese ha dei referenti e/o dei reggenti.
Ad Agira, a comandare sono gli Scaminaci, Giovanni ed Antonio (da poco scarcerati), oltre a Giovanni Galletta.
Piazza Armerina, ha nei Balsamo (padre e figlio) Pietro e Cono, i responsabili, ai quali si sarebbero affiancati i nipoti Gaetano Davide e Giuseppe, oltre a Benedetto (detto Benito) Lo Presti ed a Riccardo Abiati.
Ad Aidone, Isidoro Di Pino, Antonino Spitaleri e Gaetano Drago (“posato” del clan).
A Valguarnera, sono referenti Sebastiano Gurgone (attualemnte in galera), Angelo Francese, Giuseppe Castoro, Domenico Ruisi, Cristofero Scibona, Gaetano Giovanni D’Angelo (in galera) e Gabriele Giacomo Stanzù (recentemente arrestato per l’omicidio di presunta matrice mafiosa da egli ordito nel 1998 nei confronti di Franco Saffila, storicamente collegato alla famiglia di Mistretta ed a quella gelese degli Emanuello).
A Leonforte, ci sarebbe un gruppo di comando voluto da Salvatore Seminara e costituito da Giovanni Fiorenza e dal figlio Saimon, da Mario Armenio, da Giuseppe Viviano e da Angelo Monsu.
A Centuripe, i referenti sono Gianni e Santo Galati Massaro.
A Regalbuto, i referenti sono Antonio e Sebastiano Arcodia Pignarello, oltre a Silvestro Schillaci e Vito Sravaglieri.
Infine, per quanto riguarda Catenanuova, sembra che l’equidistanza geografica da Enna e Catania le dia un ruolo di “camera di compensazione” tra le due realtà criminali.

In particolare, fino all’anno 2007, nel territorio del Comune di Catenanuova era presente un “gruppo” di soggetti, ritualmente affiliati a “Cosa Nostra” facenti capo a Salvatore Leonardi, a sua volta strettamente legato e fedele alla “famiglia” storica di Enna capeggiata dal noto boss Gaetano Leonardo.
Così il ruolo di referente mafioso su Catenanuova venne assunto prima da Prospero Riccombeni, poi dai fratelli Salvatore e Maurizio Prestifilippo Cirimbolo che, avversari di Salvatore Leonardi, ricercarono alleanze con altri clan della provincia di Catania.
I due furono oggetto di un agguato mafioso, noto come “la strage di Catenanuova”, nel quale perse la vita Salvatore Prestifilippo Cirimbolo e rimasero ferite gravemente altre quattro persone, fra cui l’altro fratello Maurizio.
L’omicidio portò al potere Filippo Passalacqua, ex militare dell’Esercito Italiano ed oggi collaboratore di Giustizia. Le dichiarazioni di Passalacqua stanno sconvolgendo non solo la città di Catenanuova, ma l’intero clan.
Passalacqua, infatti, era sposato e ha avuto un figlio con la figlia di Giuseppe Salvo (detto “Pippu u carruzzieri”) esponente di spicco del clan Cappello di Catania (condannato all’ergastolo e detenuto) e ha sfruttato nel tempo il pieno appoggio “militare” offerto dal cognato Giovanni Piero Salvo.
E successivamente sarebbe stata proprio la donna, Giovanna Maria Salvo, a comandare su Catenanuova.
Siete ancora convinti che ad Enna la mafia non c’è?!
RICHIESTA DI RETTIFICA AVV. DI MATTIA:
Ricevo incarico dal sig. Curatolo Santo nato ad Enna il 1.11.1959 di richiederLe l’immediata rettifica della notizia non veritiera apparsa in data odierna nell’articolo “La mafia ad Enna c’è e ha influenzato l’EXPO’. I nomi dei boss, dalle cinque famiglie” ai reggenti delle altre città” a Sua firma, nella testata giornalistica on-line La Spia, di cui Lei è anche direttore responsabile, laddove annovera il predetto “in questo momento” tra i “tre soggetti criminali più autorevoli in libertà” della famiglia mafiosa di Enna.
Il sig. Curatolo è lontano da ogni vicenda criminale per cui ha riportato una condanna che ha espiato secondo giustizia.
Da tempo ha intrapreso una vita segnata dal lavoro, dal rispetto delle regole della civile convivenza, nel recupero costituzionalmente garantito della propria dignità sociale.
Le chiedo, pertanto, ai sensi della normativa vigente, di rettificare la notizia non veritiera apparsa nell’articolo citato escludendo il nominativo del sig. Curatolo Santo tra i soggetti menzionati in quanto del tutto estraneo a contesti criminali di alcun tipo.
Salvo ed impregiudicato ogni altro diritto.
Distinti saluti.
Avv. Patrizia Di Mattia
NOTA DI REDAZIONE:
Abbiamo pubblicato, come da richiesta e da legge, la nota dell’avvocato Patrizia Di Mattia.
Vogliamo precisare che il nome del Signor Santo Curatolo, indicato come tra i “tre soggetti criminali più autorevoli in libertà”, è contenuto in una nota ufficiale trasmessa dalla Prefettura di Enna alla Commissione Antimafia, in occasione della visita ad Enna del 16 novembre.
Per tale ragione, adempiuto alla richiesta di rettifica, non procederemo ad escludere il nome, considerando la Prefettura di Enna fonte autorevolissima.
RICHIESTA DI RETTIFICA AVV. CURCURACI:
NOTA DI REDAZIONE:
Abbiamo pubblicato, come da richiesta e da legge, la nota dell’avvocato Curcuraci.
Vogliamo precisare che il nome dei Signori Scaminaci, Giovanni ed Antonio, sono indicati e contenuti in una nota ufficiale trasmessa dalla Prefettura di Enna alla Commissione Antimafia, in occasione della visita ad Enna del 16 novembre.
Per tale ragione, adempiuto alla richiesta di rettifica, non procederemo ad escludere il nome, considerando la Prefettura di Enna fonte autorevolissima.
RICHIESTA DI RETTIFICA AVV. MANNO
In nome e per conto del sig. Arcodia Pignarello Sebastiano, nato a Catania (CT) il 31.01.1977, che me ha conferito espresso mandato, formulo la presente per richiederLe l’immediata rettifica dell’articolo a Sua firma, pubblicato nella testata giornalistica on-line “La Spia”, da Lei diretta, in data 23/11/2016, dal titolo “La Mafia ad Enna c’è ed ha influenzato l’Expò. I nomi dei boss, dalle “cinque famiglie” ai reggenti delle altre città” (tutt’ora disponibile on-line), nel corpo del quale appare la foto del sig. Arcodia Pignarello Sebastiano da Lei espressamente indicato, nel prosieguo, quale attuale referente della organizzazione criminale Cosa Nostra nel territorio di Regalbuto.
Orbene, come è a Lei certamente noto, il sig. Arcodia Pignarello Sebastiano è stato raggiunto, unitamente ad altri soggetti, da ordinanza di custodia cautelare in carcere in data 18/02/2014, nell’ambito della operazione denominata “Go Kart” (proc. pen. 168/2008 RGNR – D.D.A. di Caltanissetta) perché indiziato del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso aggravata (capo HH della rubrica: art. 416 bis c.p., per aver fatto parte, unitamente ad altri soggetti, dell’associazione di tipo mafioso denominata cosa nostra operante nel territorio di Regalbuto, dal marzo 2008).
Appare doveroso ricordare, tuttavia, che il sig. Arcodia Pignarello Sebastiano, inizialmente sottoposto a custodia cautelare in carcere, in data 24/12/2014 veniva rimesso in libertà dal Tribunale del Riesame di Caltanissetta (per mancanza di gravi indizi di colpevolezza) in esito al giudizio di rinvio disposto dalla Suprema Corte di Cassazione su ricorso dell’indagato; tratto a giudizio per il suddetto fatto di reato (ed, altresì per il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, pluriaggravata – capo GG della rubrica), in seguito alla celebrazione del giudizio di primo grado, il sig. Arcodia Pignarello Sebastiano è stato poi definitivamente prosciolto dal G.U.P. del Tribunale di Caltanissetta, con la sentenza n.78/2015 del 20/05/2015 (irrevocabile nel settembre 2015), che lo ha assolto dal predetto reato di associazione a delinquere di stampo mafioso (di cui all’art. 416 bis c.p.), per non aver commesso il fatto, e dalla ulteriore contestazione di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90) perché il fatto non sussiste.
E’ evidente, dunque, che l’articolo a Sua firma, del tutto inveritiero ed errato nella menzionata parte, costituisce una grave lesione della dignità, del decoro e dell’immagine, del sig. Arcodia Pignarello Sebastiano, nonché grave violazione dei doveri di cronaca ed informazione.
Pertanto, a mezzo della presente, Le chiedo di voler procedere, ai sensi della normativa vigente, all’immediata rettifica della suddetta notizia perché falsa e gravemente lesiva della reputazione del sig. Arcodia Pignarello Sebastiano, provvedendo a rimuovere la fotografia ed il nominativo di quest’ultimo nell’articolo citato (ed in ogni altro ulteriore articolo).
Avv. Alessandro Manno
NOTA DI REDAZIONE:
Abbiamo pubblicato, come da richiesta e da legge, la nota dell’avvocato Manno.
Vogliamo precisare che il nome del Signor Arcodia Pignarello Sebastiano, è indicato e contenuto in una nota ufficiale trasmessa dalla Prefettura di Enna alla Commissione Antimafia, in occasione della visita ad Enna del 16 novembre.
Per tale ragione, adempiuto alla richiesta di rettifica, non procederemo ad escludere il nome, considerando la Prefettura di Enna fonte autorevolissima.