Una novità di rilievo e, purtroppo, tante conferme.
Potrebbe essere questa, con una frase, la sintesi della Relazione semestrale (2016) della Dia al Parlamento per quanto riguarda la mafia in Provincia di Siracusa.
La vera novità, come diciamo da tempo (LEGGI ARTICOLO), è la ripresa dell’attività nel clan di Salvatore (detto Turi) Giuliano. Il capomafia già in galera con diverse condanne, oggi è incredibilmente senza neanche la misura della sorveglianza speciale (con la speranza che presto si possa sanare la questione e dare una risposta al territorio).
Nella relazione della Dia si parla, dopo tempo, di Salvatore Giuliano e del suo clan.
“Ramificazioni del clan catanese Cappello – scrive la Dia – sono presenti anche nel comune di Pachino attraverso il vetusto clan Giuliano”.
Salvatore (detto “Turi”) Giuliano è stato per anni in galera, proprio perché affiliato ai catanesi, da quando è uscito dalle patrie galere, come denunciato in diverse inchieste da noi condotte, ha prima tentato di influenzare le elezioni amministrative a Pachino, poi ha ricevuto l’investitura dal capomafia in galera, Pinuccio Trigila che, ai suoi familiari, deluso dalla gestione del clan di Salvatore Collura, affermava:
“Ora, quando esce Turi… Turi Giuliano… gli dico: ‘tutte le situazioni di là (del comprensorio di Pachino), prenditele nelle mani, prenditi tutto in mano”.
Prossimamente approfondiremo, ancora una volta, la criminalità di Pachino, la figura di Salvatore Giuliano e dei suoi accoliti (dalla politica a nuove estorsioni), oltre ai traffici che ultimamente stanno inquinando il comprensorio di Pachino.
SIRACUSA CITTA’: I CLAN BOTTARO-ATTANASIO E SANTA PANAGIA
“L’agglomerato urbano siracusano – scrive la Dia – rimane conteso tra il clan BOTTARO-ATTANASIO (legato a quello catanese dei CAPPELLO), ed il clan SANTA PANAGIA, frangia cittadina del ramificato clan NARDO- APARO-TRIGILA, in rapporti con la famiglia etnea dei SANTAPAOLA”.
Oltre a questi clan, attivo è quello della “Borgata”, che
“un’articolata operazione della Polizia di Stato, denominata “Borgata” – scrive la Dia -, ha messo in luce il tentativo di rendersi autonomo dallo schieramento BOTTARO-ATTANASIO, del quale costituisce ancora oggi un sottogruppo.
Il clan Bottaro-Attanasio ha il capomafia storico in carcere al 41bis, cioè Alessio Attanasio.
Il clan si chiama Bottaro-Attanasio in quanto il sanguinario capomafia Alessio Attanasio era sposato con Patrizia Bottaro, figlia del boss Salvatore Bottaro.
Nonostante dopo l’arresto Alessio Attanasio si sia lasciato dalla moglie (che nel frattempo aveva intrapreso un’altra relazione con un appartenente al clan, Emanuele Montalto detto “burattino”, uscito dal carcere avendo scontato una condanna per omicidio) ed i due si sono separati, il clan continua a chiamarsi con i loro cognomi. Nome del clan confermato anche dopo il suicidio del boss Salvatore Bottaro, avvenuto durante la detenzione domiciliare per motivi di salute nel 2005.
Esponenti di spicco del clan Bottaro-Attanasio in libertà sono due:
il primo è Luciano De Carolis (già condannato per omicidio e mafia).
Luciano De Carolis è oggi, inoltre, indagato a piede libero per l’omicidio (come esecutore materiale insieme a Salvatore Lombardo “detto puddicino”, reo confesso ed oggi collaboratore di giustizia) di Angelo Sparatore, fratello di un collaboratore di giustizia, il mandante sarebbe proprio Alessio Attanasio.
Il secondo è Vito Fiorino (arrestato, dopo un periodo di latitanza, perché indagato per l’omicidio di Liberante Romano, ucciso nella primavera del 2002 con un colpo di arma da fuoco in testa, ma poi assolto e rimesso in libertà).
Il clan della “Borgata”, secondo alcuni pentiti un vivaio del clan “Bottaro-Attanasio”, è stato stroncato dall’operazione della Polizia (per delega dalla Dda di Catania), che arrestò:
Danilo Greco, Vincenzo Scalzo, Massimo Schiavone, Massimiliano Fazio, Attilio Scattamagna, Salvatore Tartaglia, Massimo Guarino, Sebastiano Barbiera (tutti finiti tra le sbarre) oltre a Rita Attardo (finita, all’epoca, agli arresti domiciliari).
Purtroppo i clan siracusani fanno ancora molta paura, nonostante i tanti collaboratori di giustizia. Sono da ricercare nei clan e nelle giovani leve gli autori (secondo i bene informati), infatti, gli autori di molti incendi che si verificano a Siracusa. E nell’ultimo periodo sono stati proprio tanti. Infine sono pochissime le denunce alle forze dell’Ordine.
L’ARRESTO DEL LATITANTE DELLA ‘NDRANGHETA

“Significativo delle interconnessioni tra più organizzazioni criminali” e dei rapporti con la ‘ndrangheta visti con l’operazione “Ultimo Atto” – “è l’arresto – per la Dia – del capo di una famiglia dell’Aspromonte reggino, individuato nella frazione di Belvedere, dove trascorreva la latitanza, e di cui si dirà anche nel capitolo dedicato alla criminalità organizzata calabrese”.
Parliamo del latitante calabrese Vincenzo Alvaro, arrestato dai Carabinieri ed esponente di spicco del clan ALVARO di Sinopoli (RC).
LA SUDDIVISIONE DELLA PROVINCIA PER I CLAN
“Per quanto concerne il territorio della provincia, il controllo risulta – per la Dia – esercitato dai sodalizi riconducibili al clan NARDO-APARO-TRIGILA e da sue filiazioni come il clan Linguanti su Cassibile”.
Tutti e tre i clan sono legati alla famiglia mafiosa catanese Santapaola.
Il clan Nardo opera nei comuni di Lentini, Carlentini, Augusta e Francofonte;
Il clan Aparo opera nei comuni di Floridia, Solarino e Sortino;
Il clan Trigila opera nella zona sud, riguardante i comuni di Noto, Pachino, Avola e Rosolini.
Sul clan Trigila la Dia mette in risalto l’operazione “Ultimo atto” della Polizia che “ha recentemente attualizzato l’esistenza di ottimi rapporti con le ‘ndrine calabresi per l’approvvigionamento della droga. Si tratta dell’operazione denominata “Ultimo Atto”, che ha consentito di accertare come il clan TRIGILA, nonostante la perdurante detenzione del suo vertice, Pinuccio Trigila, avesse continuato, per il tramite di stretti congiunti, a rifornire le piazze di stupefacenti della provincia siracusana grazie alle intese con elementi apicali della ‘ndrina dei SERGI”.
Gli stretti congiunti a cui la Dia fa riferimento, come più volte descritto nei nostri articoli (LEGGI ARTICOLO SUL “BISINISS” DELLA DROGA) sono:
Nunziatina Bianca, moglie di Antonino Pinuccio Trigila (detto “zu Pinuccio”) ed il fratello Gianfranco Trigila, ma anche la figlia ed il genero di Pinuccio Trigila, ovvero Angela Trigila ed il marito in seconde nozze, Graziano Buonora.
Il capomafia Pinuccio Trigila è stato da poco, incredibilmente, messo fuori dal regime di “41bis”, ovvero il carcere duro per i capi.
Per la relazione della Direzione Nazionale Antimafia, presentata a giugno, una delle emergenze del territorio siracusano è proprio il clan Trigila che “purtroppo mantiene intatta la propria capacità criminale” (LEGGI INCHIESTA CON NOMI DEL CLAN TRIGILA).
Purtroppo, va detto, spesso i cittadini nel territorio siracusano sono vittime degli affari dei clan, ma anche carnefici di se stessi perchè preferiscono cedere alla paura piuttosto che denunciare. La politica risulta spesso condizionata dai rapporti, diretti ed indiretti, con i boss.
Prossimamente pubblicheremo sul clan Trigila nuovi approfondimenti, da quello riguardante Pachino e Salvatore Giuliano (rapporti con politica ed estorsioni), ad Avola con “l’affare dei limoni”, fino a Noto (con un’inchiesta che farà comprendere importanti connivenze della società civile e della politica).