Le sette palme indugiano la sera/ondeggiando sotto la luna. È la Poesia delle Palme, il titolo della mostra di Ignazio Monteleone presso il Palazzo De Leva a Modica. Un titolo ma anche sostanza, parte dell’opera che si legge con il pensiero, mentre sfondi variamente colorati nascondono e svelano le sette palme, le abbracciano e le respingono, le chiamano e le allontanano, oltre il mare, oltre il cielo, nei colori dell’anima e nei colori del mattino, nei colori della notte, e nei colori del turbamento di amanti e della ribellione alle convenzioni, nei colori convenzionali che si allineano allo scirocco che soffia da sud-est, dal cuore stesso di questo angolo di Sicilia, che nasce e che muore e risorge puntualmente, di generazione in generazione, e per ognuna di esse è il ricordo a guidare la strada di ogni scelta individuale e collettiva!
Non sono un critico d’arte, anzi di pittura io non ne capisco un tubo, ma sono una persona dotata di quella media predisposizione a farsi suggestionare dall’arte e crede che, alla fine di ogni espressione artistica, il denominatore comune sia sempre l’esperienza soggettiva, vissuta in un preciso momento, mentre il cuore batte verso il centro dell’universo piccolo piccolo, fatto della sola distanza tra il respiro di chi ha creato l’opera e chi la riceve, con gli occhi e con l’anima, per farne un pezzo della propria esistenza e, di nuovo, un ricordo custodito nel tesoriere degli anni.
Nelle Palme di Ignazio Monteleone ho rivisto Paolo Conte e le scarpe di vernice, il sapore acre della prima sigaretta del mattino, in Piazza Matteotti, dopo una notte a girovagare con gli amici, anche quelli che non ci sono più…Ho rivisto Ciccio Belgiorno e il suo Borsalino, mentre spiega a gente di Berlino, non a torto, la natura storta di noi sempiterni modicani.
E mentre il gatto attraversa l’intero ciclo della vita, in un giorno solo, dall’alba al tramonto e poi di nuovo notte e di nuovo alba, il tempo sembra rarefatto e lui, il gatto Ignazio, continua a guardare dalla sua postazione privilegiata di custode delle Palme, con gli occhi cattivi di chi sa guardare ogni difetto umano e pur tuttavia non ha alcun interesse né alcuna voglia di correggerli, perché correggere gli altri è come tagliare la carne di un corpo vivo e farne martirio ma senza alcun altro scopo che il semplice gusto di una terrificante dominazione. E siccome lui è un gatto anarchico, vuole solo vivere la sua vita, mentre custodisce sette palme: la sua personale Menorah!
E le palme Indugiano…e si “annacano”, appena sfiorate da un vento primaverile ancora troppo giovane per dare loro amore, perché sono autenticamente siciliane loro e ondeggiano, solleticando la storia, le fibre si contraggono e si rilassano, con il rumore di un vecchio vascello pirata.
E già! Perché noi siciliani siamo ladri e bugiardi, ma abbiamo la nostra stiva piena di tesori, nella grande nave dai sette alberi maestri che indugiano nel mondo, facendo ondeggiare l’equipaggio intriso di sale e olio e grano, che muore al sole per farsi pane, quello che si condivide e non si spreca.
Sette Palme ondeggiano sotto la Luna, perché è lei la madre del cielo e dei navigatori, dei morti annegati nel canale di Sicilia, quelli che hanno visto naufragare il loro sogno nell’abbraccio freddo di onde senza nome, rendendo anonima la loro stessa fine.
Onde che ondeggiano e indugiano un attimo e poi, improvvisamene, scoprono il giorno e la battigia su cui si piantano sette palme piangenti, col capo chino di dolore per quelli che non ce l’hanno fatta e dondolanti di gioia per quel bambino che si guarda intorno e trova le dita tremanti di sua madre e poi sorride al cielo azzurro, facendo un’espressione stupita, come lo vedesse per la prima volta…e forse è proprio così…
P.S. Chiedo scusa a Ignazio Monteleone se ho divagato ma i suoi quadri mi hanno fatto questo effetto e non ci posso fare nulla 🙂