Credo sia fin troppo facile fare un semplice apprezzamento sull’operato di Exodus se non si prova sul campo, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo. Un impegno quotidiano, costante. La sfida di oggi è la solidarietà. E’ vivere in queste realtà che ti gratifica moltissimo. Quaranta comunità nel mondo di cui 29 in tutta Italia, Exodus festeggia trent’anni sabato, con un mega concerto a Milano, e splendide iniziative che, in questi giorni, hanno reso unica la storia d’amore più bella: l’amore per il prossimo.
Exodus richiama l’esodo biblico e incarna ogni singolo cammino di liberazione. Una sfida, un viaggio lungo il deserto della vita che traccia la storia di ogni uomo. E’ un progetto di vita fatto di idee semplici ma maturate e concretizzate nel tempo.
La prima carovana è l’inizio di una comunità itinerante allestita il 5ottobre del 1984 nella periferia a rischio Parco Lambro di Milano, mercato europeo dello spaccio, con 13 ragazzi tossicodipendenti e 6 educatori. Inizia così il viaggio per la vita di giovani in cerca della propria rinascita interiore. Il viaggio della scommessa, della speranza, della liberazione.
Tuttavia un percorso difficile di Exodus che vive i suoi primi dieci anni attraverso drammatiche questioni sociali come il terrorismo, l’AIDS, le dipendenze, l’emarginazione sociale.
Le carovane imperterrite continuano facendo tappe in tutta Italia raccogliendo testimonianze, condivisioni, sofferenze, fragilità, storie esistenziali drammatiche ma il puzzle deve ricomporsi e confluire in un unico quadro: il senso della vita, possibile grazie all’intenso confronto, alla capacità di saper ascoltare sorridendo.
Exodus pianta le sue radici in molte regioni d’Italia. E’ una realtà che si concretizza strutturando attività lavorative per garantire l’inserimento ai ragazzi in uscita dalle comunità. Ma il lavoro intenso delle carovane diventa realtà europea visitando i campi profughi in Bosnia, l’orfanotrofio in Moldavia, le tappe in Patagonia.
Il capo squadra, l’artefice di tutto ciò è l’eterno ragazzino dal sorriso intramontabile e dai capelli sempre spettinati: Don Antonio Mazzi. Sicuramente sera salirà sul palco e canterà assieme ai suoi amici, I Nomadi, Vagabondo, una delle sue canzoni preferite.
Lui ne ha passate tante tra coltelli alla gola, derisioni e sputi continui. Ma non si ferma, mobilita Parco Lambro e lo fa suo bonificandolo dalla droga. Il suo motto? La comunicazione. Il perché fa tutto questo, lui ti risponde sorridendo: “Hai aiutato gli altri per salvare te stesso”.
Auguri alla fondazione Exodus e all’intraprendente don Mazzi da tutta la redazione de “La Spia”.
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