Mafia: i giorni di Mori, dopo le sue dichiarazioni la Corte si è ritirata per la decisione

Inizia oggi, dopo le dichiarazioni spontanee preannunciate dal principale imputato, la camera di consiglio del processo che vede imputati il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, accusati di avere favorito la latitanza del boss Bernardo Provenzano, la cui cattura, secondo la Procura generale di Palermo, sarebbe stata possibile il 31 ottobre 1995, oltre dieci anni prima del momento in cui il superlatitante corleonese fu catturato, l’11 aprile del 2006.

Rispetto alla sentenza con cui il tribunale assolse i due imputati, c’e’ una palese differenza: i giudici della quinta sezione della Corte d’Appello, presieduta da Salvatore Di Vitale (dallo scorso anno presidente del Tribunale di Palermo e applicato alla Corte solo per questo dibattimento), si riuniscono infatti per alcuni giorni, mentre i loro colleghi del primo grado di giudizio – collegio presieduto da Mario Fontana, la cui sentenza fu investita da moltissime polemiche – il 17 luglio 2013 si pronunciarono nel giro di poche ore, lo stesso giorno in cui entrarono in camera di consiglio. Con Di Vitale, della Corte fanno parte i consiglieri a latere Raffaele Malizia e Gabriella Di Marco.

La difesa e’ affidata agli avvocati Basilio Milio e Enzo Musco. L’accusa e’ rappresentata invece direttamente dal procuratore generale Roberto Scarpinato e dal sostituto Luigi Patronaggio. I due pg hanno chiesto meno dei loro colleghi del primo grado (Nino Di Matteo, che aveva lavorato con Antonio Ingroia a questo processo, e Vittorio Teresi), contestando il reato di favoreggiamento della latitanza di Provenzano, anche se nella nuova prospettazione sono cadute due aggravanti: quella dell’avere agito per favorire Cosa nostra e quella semplicisticamente denominata come l’aggravante della trattativa. Per Mori sono stati chiesti 4 anni e 6 mesi, per Obinu 3 anni e 6 mesi, contro i 9 e gli 8 anni chiesti nel primo grado.

Mario Mori e Mauro Obinu, per la Procura generale, dunque, avrebbero “semplicemente” favorito Provenzano, tacendo ad esempio alla Procura le informazioni avute dal colonnello Michele Riccio sui favoreggiatori del boss, non approfondendo gli spunti fatti filtrare dal confidente Luigi Ilardo, mentendo ai pm. “Non devo provarlo – ha spiegato in requisitoria Scarpinato, il 18 gennaio scorso – la legge non richiede un movente, dato che il favoreggiamento e’ un reato a dolo generico”.

Mafia: processo Mori, la Corte in camera di consiglio

(AGI) – Palermo, 16 mag. – Sono entrati in camera di consiglio i giudici della quinta sezione della Corte d’Appello di Palermo, presieduta da Salvatore Di Vitale, consiglieri a latere Raffaele Malizia e Gabriella Di Marco, che dovranno decidere se confermare o riformare la sentenza che in primo grado assolse Mori e il colonnello Mauro Obinu, dall’accusa di favoreggiamento nei confronti del boss Bernardo Provenzano. La sentenza e’ attesa non prima di mercoledi’.

Il procuratore generale Roberto Scarpinato e il sostituto Luigi Patronaggio hanno chiesto per Mori 4 anni e 6 mesi, per Obinu 3 anni e 6 mesi, contro i 9 e gli 8 anni chiesti nel primo grado. A loro viene contestato il reato di favoreggiamento della latitanza di Bernardo Provenzano, anche se nella nuova prospettazione sono cadute due aggravanti: quella dell’avere agito per favorire Cosa nostra e quella semplicisticamente denominata come l’aggravante della trattativa.

I due dunque, avrebbero “semplicemente” favorito Provenzano, tacendo ad esempio alla Procura le informazioni avute dal colonnello Michele Riccio sui favoreggiatori del boss, non approfondendo gli spunti fatti filtrare dal confidente Luigi Ilardo, mentendo ai pm.

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