Mafia, la Suprema Corte di Cassazione ha deciso: “no domiciliari a Brusca, manca l’attenzione alle vittime”

No ai domiciliari per Giovanni Brusca, il boss mafioso, attuale collaboratore di giustizia, condannato a 30 anni di carcere (con fine pena nell’agosto 2022) per numerosi delitti, dalla strage di Capaci all’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, strangolato e sciolto nell’acido. Lo ha deciso la prima sezione penale della Cassazione, rigettando il ricorso dello stesso Brusca, recluso a Rebibbia, e confermando il ‘no’ alla detenzione domiciliare gia’ deciso dal tribunale di sorveglianza di Roma. I giudici della Capitale avevano sottolineato “la primaria rilevanza della collaborazione di Brusca” come riconosciuto anche dalla Direzione nazionale antimafia, dato il suo “eccezionale spessore criminale pregresso”, la “bonta’” della sua collaborazione con gli inquirenti e la sua “cessata pericolosita’ sociale” con un “positivo” percorso trattamentale in carcere che ha portato, dal 2003, a concedergli “ripetuti permessi premio”. Questo “ravvedimento”, pero’, secondo il tribunale di sorveglianza, non era “di pregnanza tale” da “giustificare la deistituzionalizzazione”, poiche’ la “revisione critica” era “meramente assertiva” e l’atteggiamento di Brusca “insoddisfacente sotto il profilo riparativo”: nei confronti delle vittime “al di la’ di una verbalizzata sensibilita’” non vi era stato “alcun passo concreto”, ne’ “disponibilita’ al risarcimento, anche di tipo simbolico”.

La Suprema Corte ha quindi condiviso le conclusioni dei giudici di Roma: la Cassazione ha ricordato e ribadito una precedente decisione del 2010 sui domiciliari chiesti da Brusca, nella quale si era “ritenuto ineccepibile che nel caso di specie il riscontro del ravvedimento, ai fini della detenzione domiciliare dovesse essere condotto con la massima cautela, anche in punto di autenticita’ della revisione critica e dovesse altresi’ implicare una maggiore attenzione verso le vittime”. Gli “elementi di resipiscenza”, si legge nella sentenza depositata oggi, devono “possedere una pregnanza e univocita’ adeguata alla caratura criminale e al livello di pericolosita’, che il soggetto aveva dimostrato con la pregressa devianza di avere, indiscutibilmente massimi nel caso di Brusca” e, quindi, non possono essere desunti “dalla sola, doverosa, regolarita’ della condotta carceraria e dalla positiva partecipazione alle attivita’ rieducativa e trattamentali, pur ravvisabili”. Servono infatti, rileva la Corte, “piu’ significative manifestazioni di conformazione al quadro ordinamentale e sociale a suo tempo violato, quali sarebbero potute essere, ad esempio, concrete iniziative riparatore nei confronti di quanto avessero subito le conseguenze dei reati commessi, dotate di forza e di ampiezza tali da rivelare un serio intento di riconciliazione con la societa’ civile cosi’ gravemente offesa”. E’ quindi “insindacabile” perche’ “adeguatamente motivata” la decisione del tribunale di sorveglianza, conclude la Cassazione, che non si e’ discostata dal “parere negativo” della Direzione nazionale antimafia, e che ha ritenuto “non vi fossero ancora, da parte di Brusca, progressi determinanti”.

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Nato a Ragusa il Primo febbraio del 1983 ma orgogliosamente Modicano! Studia al Liceo Classico "Tommaso Campailla" di Modica prima, per poi laurearsi in Giurisprudenza. Tre grandi passioni: Affetti, Scrittura e Giornalismo. "Il 29 marzo del 2009, con una emozione che mai dimenticherò, pubblico il mio primo romanzo: “Ti amo 1 in più dell’infinito…”. A fine 2012, il 22 dicembre, ho pubblicato il mio secondo libro: "Passaggio a Sud Est". Mentre il 27 gennaio ho l’immenso piacere di presentare all’Auditorium “Pietro Floridia” di Modica, il mio terzo lavoro: “Blu Maya”. Oggi collaboro con: l'Agenzia Giornalistica "AGI" ed altre testate giornalistiche".

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