La cassa del clan la teneva una donna. Inflessibile ‘agente delle tasse’ della mafia. C’e’ anche Paola Durante, 41 anni, tra gli arrestati dell’operazione “Bingo family” dei carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Palermo che hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, per estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni dei responsabili di una sala bingo nel quartiere Guadagna, storica enclave mafiosa.
Documentato l’interesse della ‘vecchia mafia’ per le sale gioco. Destinatari della misura cautelare, infatti, sono anche Cosimo Vernengo, 52 anni, della cosca di Santa Maria di Gesu’, gia’ condannato per associazione mafiosa, scarcerato il 27 ottobre 2011 a seguito della richiesta di revisione del processo per la strage di via d’Amelio; e il fratello Giorgio, 41 anni. Figli entrambi dell’ergastolano Pietro Vernengo, 73 anni, detto ‘u tistuni’, storico esponente dell’ala corleonese di Cosa nostra.
Nella stessa indagine sono stati acquisiti elementi, tuttora all’esame degli inquirenti, anche nei confronti dei detenuti Natale Giuseppe Gambino, 58 anni, sottocapo della cosca di Santa Maria di Gesu’, Salvatore Profeta, 71 anni, al vertice del clan, entrambi gia’ colpiti dai provvedimenti restrittivi eseguiti dal Ros nel dicembre 2015 nell’ambito dell’operazione “Torre Dei diavoli” e, come Cosimo Vernengo, scarcerati a seguito della richiesta di revisione del processo per la strage Borsellino.
Le indagini gia’ avviate sulla famiglia di Santa Maria di Gesu’, di cui e’ stato accertato il processo di riorganizzazione interna e la capacita’ militare culminata il 3 ottobre scorso nell’omicidio di Salvatore Sciacchitano, hanno consentito di documentare l’estorsione ai titolari della sala bingo, sia durante la precedente gestione, terminata nel luglio 2015, sia al subentro della nuova proprieta’.
In particolare, oltre ad avere gestito la messa a posto con la precedente amministrazione del bingo, Profeta e Gambino avevano manifestato l’intenzione di imporre ancora le richieste estorsive alla societa’ acquirente. I successivi approfondimenti investigativi hanno permesso di appurare che gli indagati avevano preteso un pagamento illecito di 50.000 euro, di cui oltre 6.000 gia’ corrisposti, per lasciare il bar interno alla struttura che illegittimamente rivendicavano come proprio.
Le somme di denaro estorte erano consegnate dalle vittime a Paola Durante, in precedenza responsabile per conto dei Vernengo della gestione del bar interno al bingo, a fronte della presentazione di fatture emesse da due societa’ per forniture e servizi mai effettuati. Per tale ragione sono al vaglio dell’autorita’ giudiziaria le posizioni dei due legali rappresentanti delle societa’ che hanno emesso le fatture. Cosimo Vernengo e’ inoltre accusato di aver costretto i responsabili della societa’ ad assumere la nipote di Profeta.