Boss mafiosi, imprenditori, professionisti, burocrati e anche un giornalista. Cardini di un vasto sistema affaristico attorno al business dei rifiuti in provincia di Catania. E’ quanto emerso da una complessa attivita’ di indagine, protrattasi per circa diciotto mesi, coordinata dalla Dda etnea diretta dal procuratore Carmelo Zuccaro. La Direzione investigativa antimafia catanese, guidata da Renato Panvino, supportata dai Centri Operativi di Reggio Calabria, Palermo, Caltanissetta e dalle Sezioni Operative di Messina, Trapani e Agrigento, nonche’ dal II Reparto di Roma, ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip nei confronti di sedici persone, tra cui elementi di spicco dei clan Cappello e Laudani, imprenditori e funzionari del Comune di Trecastagni, responsabili dei procedimenti di affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti. GLI ARRESTATI Nella rete dell’operazione “Gorgoni” sono finiti: Gabriele Antonio Maria Astuto, catanese di 55 anni, responsabile dell’ufficio Tecnico del Comune di Trecastagni, per turbata liberta’ di scelta del contraente aggravata, corruzione; Domenico Sgarlato, 61enne di Catania, all’epoca dei fatti dirigente dell’Ufficio Tecnico Lavori pubblici – Servizi ambientali e manutentivi del Comune di Trecastagni, per turbata liberta’ di scelta del contraente aggravata, corruzione; R B, di Venaria Reale (Torino), 58 anni, attuale rappresentante legale della Senesi Spa, per corruzione; Salvatore Carambia, detto “Turi ‘u Turcu”, pregiudicato catanese di 51 anni, per associazione di tipo mafioso; il giornalista Alfio Cutuli, 54enne di Aci Catena, cronista presso l’emittente televisiva Rei Canale 103, con l’imputazione di corruzione; Pietro Garozzo, catanese di 48 anni, per associazione di tipo mafioso; Giuseppe Grasso, 41enne di Catania, per associazione di tipo mafioso; Vincenzo Guglielmino, 63 anni, amministratore della E.F. Servizi Ecologici Srl, per associazione di tipo mafioso, turbata liberta’ di scelta del contraente aggravata, corruzione; Alessandro Mauceri, 41 anni, di Catania, per turbata liberta’ di scelta del contraente aggravata, corruzione; Vincenzo Papaserio, 44 anni, di Catania, per associazione di tipo mafioso; Lucio Pappalardo, 40enne di Aci Catena, per associazione di tipo mafioso; Angelo Piana, 46 anni, di Catania, per turbata liberta’ di scelta del contraente aggravata, corruzione; Fabio e Luca Santoro, 26enni di Catania, per associazione di tipo mafioso; Raffaele Scalia, detto “Ele”, 59 anni, di Catania, per associazione di tipo mafioso; Davide Agatino Scuderi, 43 anni, di Catania, per associazione di tipo mafioso. Gli arrestati sono stati condotti nelle carceri di Catania Bicocca e Piazza Lanza.
L’attivita’ investigativa e’ scaturita da una mirata indagine avviata dalla Dia al fine di accertare l’esistenza di legami tra la criminalita’ organizzata, funzionari della pubblica amministrazione e imprese attive nel redditizio settore della raccolta di rifiuti solidi urbani. In particolare, in seguito all’emissione nel 2015 di un provvedimento di interdittiva antimafia, decretato dalla prefettura di Catania nei confronti della E.F. Servizi Ecologici Srl di Misterbianco, l’autorita’ giudiziaria aveva delegato alla Dia di Catania a compiere accertamenti per verificare se la societa’ stesse gestendo appalti pubblici nei vari comuni. L’IMPRENDITORE BOSS Documentante le irregolarita’ formali nei procedimenti amministrativi per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti nei comuni di Aci Catena e Misterbianco, e accertati “i rapporti con la criminalita’ organizzata etnea” da parte dell’amministratore unico della societa’ E.F. Servizi Ecologici Srl, vincitrice delle gare d’appalto, Vincenzo Guglielmino. Proprio quest’ultimo “costituisce, tra tutti, senza dubbio l’indagato che meglio – spiegano gli inquirenti – rappresenta la spregiudicatezza con la quale certi imprenditori si rapportano con la criminalita’ organizzata”. Dalle intercettazioni svolte, infatti, emerge chiaramente come, “lungi dal subire le prevaricazioni dei clan mafiosi operanti nei territori dove si svolge la sua attivita’ di impresa, si rapporta in modo paritario agli esponenti piu’ rappresentativi dei clan mafiosi catanesi, in particolare appartenenti al clan Cappello e al clan Laudani, considerandoli al pari di qualunque altro interlocutore commerciale dal quale acquistare servizi”.
Le risultanze investigative hanno documentato, come sottolineato dal Gip, “la sua intraneita’ al clan Cappello, al quale regolarmente e periodicamente Guglielmino eroga sostanziose somme di denaro (quasi fosse da considerare un costo di esercizio dell’impresa)”, in cambio della protezione e del sostegno per l’affermazione e il mantenimento del monopolio delle sue imprese sul territorio. Numerose le conversazioni captate, dalle quali si evince il rapporto diretto con uno degli attuali esponenti di vertice del clan Cappello, Salvatore Massimiliano Salvo (in atto detenuto) il quale si e’ incontrato piu’ volte all’interno di un garage, gestito dall’arrestato Vincenzo Papaserio, dove riceveva periodicamente anche denaro a sostegno del clan. Salvo, figlio e fratello di Giuseppe, detto “Pippo ‘u carruzzieri” e Giovanni Piero – elementi di vertice del clan, entrambi detenuti all’ergastolo – era il responsabile della gestione delle attivita’ criminali del clan a Catania, nonche’ reggente per investitura diretta dal carcere da parte del boss Salvatore Cappello.
LE MANI SULLA MONNEZZA Fatta luce sugli accordi criminali per la gestione degli appalti relativi all’affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti, considerato florido settore di investimento criminale per tutti i clan mafiosi, i quali, per non perdere i sicuri e notevoli vantaggi derivanti dall’aggiudicazione del servizio a imprese “amiche” (in termini di entrate finanziarie e di esercizio del potere mafioso e controllo del territorio), hanno stretto una sorta di pax mafiosa. In tale contesto si inserisce l’appalto per l’aggiudicazione del servizio di raccolta dei rifiuti nel Comune di Acicatena, in particolare la trattativa intavolata tra Salvatore Massimiliano Salvo, per il clan Cappello, e Lucio Pappalardo, per i Laudani, con il contributo del Pietro Garozzo, per la cura degli aspetti amministrativi: il tutto allo scopo di risolvere il conflitto sull’aggiudicazione del servizio: i clan erano chiamati a dirimere la controversia di natura economica tra l’imprenditore Guglielmino e il sindaco del tempo Ascenzio Maesano (gia’ sottoposto a fermo di indiziato di delitto a ottobre 2016, condannato a luglio per corruzione, “in stretti rapporti proprio con Pappalardo), il quale in seguito avrebbe raggiunto un accordo di analoga natura per favorire R B, rappresentante legale della Senesi spa, societa’ subentrata proprio alla E.F. Servizi Ecologici Srl di Guglielmino. L’altro strumento utilizzato era oleare gli ingranaggi della macchina amministrativo-burocratica: vale a dire la corruzione di funzionari amministrativi comunali, che agevolassero l’aggiudicazione dell’appalto. IL GIORNALISTA Per quanto riguarda Alfio Cutuli sarebbe emerso come si prestasse a fare da mediatore tra R B, rappresentante legale della Senesi Spa con il quale sussisteva uno stretto legame, e il sindaco pro tempore di Aci Catena, Ascenzio Maesano, “al quale faceva pervenire somme imprecisate di denaro ricevute per sostenere la sua futura campagna elettorale, in cambio di un intervento cheMaesano avrebbe dovuto dispiegare in suo favore, mediante l’abuso dei poteri connessi alla funzione esercitata”, per ottenere l’annullamento delle sanzioni inflitte dal comune alla Senesi nell’esecuzione dell’appalto.
IL MAXI SEQUESTRO Colpite le ricchezze accumulate dagli imprenditori collusi. Il decreto di sequestro preventivo in via d’urgenza ai fini della confisca ha interessato societa’, immobili, terreni, automezzi e disponibilita’ finanziarie per un valore complessivo stimato di circa 30 milioni di euro. Disposto il sequestro della E.F. Servizi ecologici Srl e della Senesi Spa.
C’e’ anche un giornalista, oltre a imprenditori, funzionari amministrativi ed elementi di vertice dei clan mafiosi Cappello e Laudani di Catania, tra i 16 arrestati in un’operazione contro l’illecita gestione della raccolta dei rifiuti nel catanese. L’indagine, che ha riguardato i comuni di Trecastagni, Misterbianco e Aci Catena, con diramazioni nella Sicilia Orientale, ha portato alle misure cautelari eseguite dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catania su delega della Procura distrettuale della Repubblica di Catania.
L’operazione ha avuto il supporto dei Centri Operativi di Palermo, Reggio Calabria, Caltanissetta e dalla Dia di Roma, oltre alla Sezione Operativa di Messina, e ha portato anche al sequestro delle societa’ coinvolte per un valore complessivo di 30 milioni di euro.
Il giornalista arrestato nell’operazione della Dia “Gorgoni” e’ Alfio Cutuli, conosciuto con il nome di Salvo. Ha 54 anni, e’ redattore della televisione privata di Acireale “ReiTv” ed e’ corrispondente da quel Comune del quotidiano catanese “la Sicilia”. E’ accusato di corruzione, avrebbe fatto da mediatore tra il rappresentante legale della Sinesi Spa R B e l’allora sindaco di Aci Catena Ascenzio Maesano (condannato nel luglio scorso per corruzione), al quale, in base al provvedimento, “faceva percepire somme imprecisate di denaro ricevute dall’imprenditore per sostenere la sua campagna elettorale. In cambio avrebbe chiesto e ottenuto l’annullamento delle sanzioni irrogate dal comune alla Senesi nell’esecuzione dell’appalto”
Mafia: gestione rifiuti, maxi-operazione e arresti nel catanese
(AGI) – Catania, 28 nov. – Imprenditori, funzionari amministrativi ed elementi di vertice dei clan mafiosi Cappello e Laudani di Catania sono stati arrestati nelle prime ore della mattinata in un’operazione contro l’illecita gestione della raccolta dei rifiuti nel catanese. L’indagine, che ha riguardato i comuni di Trecastagni, Misterbianco e Aci Catena, con diramazioni nella Sicilia Orientale, ha portato alle misure cautelari eseguite dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catania su delega della Procura distrettuale della Repubblica di Catania.
L’operazione ha avuto il supporto dei Centri Operativi di Palermo, Reggio Calabria, Caltanissetta e dalla Dia di Roma, oltre alla Sezione Operativa di Messina, e ha portato anche al sequestro delle societa’ coinvolte per un valore complessivo di 30 milioni di euro.