Mafia, smantellata ‘cellula’ catanese a Messina: 30 arresti, anche funzionari e imprenditori

Blitz antimafia dei carabinieri. Colpita una cellula di Cosa nostra catanese. Trenta le persone arrestate.

I militari del Ros e del comando provinciale di Messina, coadiuvati da elicotteri e unita’ cinofile, sono stati impegnati nell’esecuzione di un provvedimento cautelare, emesso dalla locale procura distrettuale per associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, turbata liberta’ degli incanti, esercizio abusivo dell’attivita’ di giochi e scommesse, riciclaggio e reati in materia di armi. le indagini hanno consentito di accertare, per la prima volta, l’operativita’ su Messina di una cellula di Cosa nostra catanese, diretta emanazione della cosca mafiosa dei Santapaola.

Documentati gli interessi nel settore immobiliare e degli appalti pubblici, in particolare le collusioni con funzionari dell’amministrazione comunale messinese per l’acquisizione di immobili da adibire successivamente ad alloggi popolari. Evidenziati anche illeciti interessi nel settore delle scommesse calcistiche, dei giochi on line e delle corse clandestine dei cavalli.

Mafia: mani su Messina, tra arrestati funzionari e imprenditori 

Le mani di Cosa nostra su Messina. E’ quanto emerge dall’operazione “Beta” dei carabinieri del Ros e del comando provinciale che ha smantellato una celluta catanese di Cosa nostra, con l’arresto di 30 persone. L’indagine coinvolge esponenti della societa’ che conta: professionisti, l’ex presidente dei costruttori di Messina, imprenditori, titolari di societa’, funzionari del Comune: tutti connessi, spiegano gli investigatori, “a un disegno di gestione di interessi economici illeciti contrassegnati da riservatezza e reciproca affidabilita’”. Il blitz e’ scattato nelle provincie di Messina, Catania, Siracusa, Milano e Torino, con il coordinamento del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dei sostituti Liliana Todaro, Maria Pellegrino e Antonio Carchietti per i reati di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, estorsione, corruzione, trasferimento fraudolento di valori, turbata liberta’ degli incanti, esercizio abusivo dell’attivita’ di giochi e scommesse, riciclaggio, reati in materia di armi. Per 10 degli indagati il Gip ha disposto la misura degli arresti domiciliari.

Dalle intercettazioni e’ emersa, inoltre, la disponibilita’ di armi da parte del gruppo e l’esistenza di collusioni con esponenti delle istituzioni finalizzati ad ottenere notizie su eventuali indagini in corso. Le indagini, avviate nel 2013, hanno consentito di riscontrare quanto gia’ riferito da alcuni collaboratori di giustizia, documentando, per la prima volta, l’operativita’ nel capoluogo peloritano di una cellula di Cosa nostra catanese, diretta emanazione della piu’ nota famiglia mafiosa dei Santapaola e sovraordinata rispetto ai clan che tradizionalmente operano nei quartieri cittadini. Grazie alle attivita’ investigative (ed in particolare ai servizi tecnici), sono state, quindi, ricostruite le dinamiche associative del sodalizio ed il ruolo di vertice rivestito da Vincenzo Romeo, sotto la supervisione del padre, Francesco, e con la collaborazione dei fratelli Pasquale, Benedetto e Gianluca. I rapporti con l’articolazione territoriale di Cosa nostra catanese, basati anche su legami parentali (Francesco e Vincezo Romeo sono rispettivamente cognato e nipote di Nitto Santapaola, in quanto marito e figlio della sorella del boss Concetta), sono risultati solidi e perfettamente funzionali alle esigenze dell’associazione, come quando, dopo il sequestro per un valore di oltre 10 milioni di euro eseguito il 18 marzo 2014 dal Ros nei confronti dei fratelli Vincenzo Ercolano e Cosima Palma, eredi di Giuseppe Ercolano, quest’ultimo esponente di vertice della famiglia di Catania, Vincenzo Romeo ha dovuto farsi carico del finanziamento economico dei catanesi, colpiti dal provvedimento ablativo, vivendo quel frangente come una messa alla prova delle proprie capacita’ di gestione economico-criminale. I Romeo avevano peraltro collegamenti con clan della Sacra Corona Unita e della ‘Ndrangheta. L’attivita’ investigativa ha restituito l’immagine di un’entita’ criminale ancorata alle tradizioni mafiose ma, al tempo stesso, moderna e capace di agire in maniera quasi silente, limitando al massimo il ricorso ai tradizionali “reati di visibilita’”, tipici dell’associazione mafiosa, e di proiettare i propri interessi in diversi settori dell’imprenditoria, che non si e’ limitata a sfruttare passivamente, ma che ha pesantemente infiltrato e finanziato. Il tutto grazie ad una non comune capacita’ di interlocuzione con professionisti ed ambienti istituzionali, in un percorso trasversale in cui il ricorso alla violenza e’ rimasto sullo sfondo, limitato ai momenti di particolare criticita’ e nei rapporti con i clan di quartiere.

PIU’ MANAGER E MENO PADRINI

Una struttura criminale che ha sostituito i manager ai padrini e che opera per il profitto col “concorso esterno” delle squadre che sparano: cosi’, rovesciando il tradizionale rapporto dei ruoli tra societa’ bene e societa’ violenta rispetto al conseguimento degli scopi associativi mafiosi. Questa dunque, come emerge dalle investigazioni, risulta essere sovraordinata alle bande di Messina, i cui esponenti, ogni qualvolta si imbattono negli interessi dell’associazione si fermano, obbedendo. Singolare inoltre la sostituzione del pizzo con altre forme di intervento economico, grazie anche a societa’ che forniscono servizi alle imprese (come le cooperative nel settore dalle forniture alimentari) o gestiscono in subappalto la fornitura di prodotti parasanitari per conto delle Asl. GIOCHI, CAVALLI E APPALTI. Ricostruiti gli interessi del clan in alcuni importanti settori, in particolare quello degli apparecchi da intrattenimento e dell’online gaming, vero e proprio business su cui si stanno concentrando gli appetiti di diverse organizzazioni criminali a livello nazionale. Cospicui gli interessi nella gestione di centri scommesse e nella distribuzione di macchinette videopoker in provincia di Messina attraverso le societa’ Start Srl, Win play soc.coop e Bet srl. AFFARI CON ‘NDRANGHETA E SACRA CORONA. Emersa, ancora, l’influenza di Vincenzo Romeo sulla Primal srl, societa’ titolare di una concessione con diritti su 24 sale e 71 corner ed e’ stato proprio Romeo, nel corso di alcune intercettazioni ambientali, a spiegare di aver preso parte a Roma a un incontro con i finanziatori della societa’ e che sarebbero stati presenti numerosi rappresentanti di diverse cosche della Sacra corona unita e della ‘Ndrangheta, i quali avrebbero riconosciuto il ruolo di Romeo. Documentato anche l’interesse per le corse clandestine di cavalli. E nei settori immobiliare ed edile in genere, rispetto al quale l'”Entita’” e’ direttamente interessata nella gestione in proprio degli appalti – non solo quindi per il pizzo o per ottenere lavori secondari – e deve intervenire per tutelare i propri interessi determinando qualificate cointeressenze con esponenti della ‘Ndrangheta. Vincenzo Romeo si e’ reso, infatti, protagonista di un’interlocuzione con esponenti della cosca dei Barbaro di Plati’ per definire la “messa a posto” delle societa’ messinesi Demoter Spa, riconducibile a Carlo Borella e Cubo Spa, che – essendo state finanziate dalla cellula catanese – si erano avvicendate nei lavori di realizzazione e parziale adeguamento della statale 112 Dir. SGC Bovalino – Plati’ – Zillastro – Bagnara. Lo stesso Vincenzo Romeo intercettato, nel sottolineare di aver investito nelle attivita’ di Borrella cospicue somme di denaro, ha chiarito di aver fatto valere il proprio potere mafioso per mitigare le pretese dei calabresi per i lavori svolti in Calabria dalla Cubo Spa.

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