Si può militarizzare una Chiesa, simbolo della cristianità, come il Duomo di San Petronio di Bologna?
E’ questa la domanda che mi sono posto quando ho avuto il piacere di visitare la basilica di San Petronio, la chiesa principale di Bologna.
Una chiesa bellissima, architettonicamente splendida ma con un “problemino”, ovvero la rappresentazione di Maometto all’inferno, scuoiato da un diavolo. Il dipinto, di Giovanni da Modena, è ispirato all’Inferno di Dante.
Entro, non senza difficoltà per la gente in fila e per i rigidi controlli ai quali sottoporsi.
Ammirata la Chiesa, non faccio in tempo a chiedere alla bigliettaia, che non è una guida, dove sia il «famoso Maometto» che lei mi tira fuori una cartolina con il riquadro di Maometto evidenziato a penna: «Eccolo! Tanta gente lo chiede».
Il profeta è facilmente riconoscibile.
Sotto la raffigurazione c’è scritto Machomet. La guida che coordina le visita non ne parla. Me lo evidenziano anche due turisti.
Ascolto l’audioguida, ma niente. Nella teca informativa zero. Chiedo a chi lavora in basilica il perché.
«Per non offendere» mi replica un addetto.
«Quell’immagine offende la comunità musulmana» aveva detto nel 2007 l’ex capogruppo Ds e poi vicesindaco Pd Claudio Merighi.
Parole simili del Prorettore Roberto Grandi. L’affresco andava coperto. A loro arrivò la risposta laica del vescovo ausiliario di Bologna Monsignor Ernesto Vecchi. «Ai fratelli musulmani e ai fratelli Ds rispondo che quell’affresco non offende nessuno».
A tal punto mi chiedo: Anche Dante Alighieri era Charlie Hebdo?
O meglio, a rigor di logica, i poveri vignettisti francesi sterminati dai fratelli killer Kouachi erano in qualche modo suoi eredi.
Prima di loro e di qualunque satira anti-islam, fu il sommo poeta a dissacrare la figura di Maometto.
Il Profeta compare infatti nel XXVIII canto dell’Inferno dantesco insieme a suo cugino Alì, suo genero e successore come Califfo. I due si trovano tra i seminatori di discordia della IX Bolgia. Dante li raffigura come orrendamente mutilati in toni grotteschi e comici.
Secondo quella che era la visione medievale, Maometto è rappresentato come uno scismatico e l’Islam come una eresia.
Al Profeta è perciò riservata una pena atroce: il suo corpo è spaccato dal mento al deretano in modo che le budella gli pendono dalle gambe, immagine che già di per sé basterebbe a far infuriare gli integralisti che due giorni fa lo hanno vendicato a colpi di kalashnikhov nella redazione di Charlie Hebdo.
L’offesa è ancor più evidente se si considera che il corpo squarciato e “storpiato” di Maometto è paragonato ad una botte rotta, oggetto che solitamente è adibito a contenere il vino, alimento bandito dalla tradizione islamica.
Tutto questo perché, secondo Dante, il contrappasso adeguato per i seminatori di discordia era quello di infliggere ai loro corpi le stesse lacerazioni di cui erano stati artefici in vita.
Nelle descrizioni Dante non si esime dall’impiegare termini volgari e immagini raccapriccianti. Al punto che nella traduzione in arabo della Divina Commedia il filologo Hassan Osman ha scelto di omettere i versi considerati un’offesa.
Ma se quella di Dante era una visione arcaica e medievale, obiettano oggi i fautori del politicamente corretto, quella di Charlie Hebdo era invece una tragedia annunciata.
Se non fosse che quella vignetta che è costata la vita a 10 matite e 2 poliziotti, raffigurava un Profeta disperato per il tasso di stupidità degli integralisti islamici.
E, come ha giustamente osservato Massimo Gramellini sul quotidiano la Stampa, “L’attacco non era a Maometto, ma a un gruppo di fanatici superstiziosi e ignoranti che in suo nome ammazza le donne che vogliono andare a scuola e i maschi che bevono e fumano”.
Così mi rimane l’amaro in bocca e penso: “Possono quattro analfabeti che di musulmano (voglio sperare) non hanno niente, costringere al terrore chi vuole visitare una Chiesa o chi vuole entrare solo per pregare?”.
La domanda continua a rimbombarmi in testa, però una cosa è certa. Non si può continuare a fare da cassa di risonanza a questi pazzi terroristi, altrimenti si rischia di fomentare l’odio che in realtà non deve appartenere.
Suvvia, un quadro è un quadro. Il resto è la pazzia di quattro seminatori di odio, non certamente cattolici, cristiani, ebrei o musulmani. Solo seminatori d’odio, senza nessuna religione alle spalle…
Maometto nella chiesa di Modena. Condivido queste parole. “Un quadro è un quadro” Niente giustifica un omicidio o una strage per una soggettiva rappresentazione del pensiero medievale. Non dimentichiamo poi la “caccia alle streghe”, l’inquisizione o la schiavitù che è durata quasi fino a ieri nella “evoluta” America. Solo il tempo può vincere l’ignoranza e i forvianti preconcetti.