Eccentrico, originale, sanguigno, passionale, vulcanico e, molto spesso, scontroso ed antipatico. Stiamo parlando di Maurizio Zamparini, il presidente del Palermo. Ma c’è un qualcosa per cui il patron dei rosanero è molto noto. Cosa? Semplice. Gli esoneri. Solo quest’anno ne sono avvenuti ben sei. E a pagare le conseguenze di questa mancanza di stabilità è la squadra, che rischia la retrocessione. La Serie B è un vero un proprio incubo, una sorta di baratro per una piazza importante come quella siciliana. Ma l’etichetta di mangia-allenatori è un qualcosa che si lega anche al passato…
A volte cambiare può essere la soluzione giusta, può essere il modo per raddrizzare una barca che rischia di affondare, ma in altre occasioni, soprattutto quando non si riflette e si segue soltanto il proprio istinto, può rappresentare un autogol e peggiorare la situazione. E’ quello che è avvenuto quest’anno in casa Palermo. Ma che è accaduto anche in passato, ad esempio, con le cacciate di Delio Rossi e Francesco Guidolin. E come dimenticare un Pioli cacciato prima dell’inizio del campionato. Zamparini è uno che non guarda in faccia a nessuno, che non pensa a curriculum e gavette e va avanti sempre e comunque per la sua strada, non seguendo indicazioni, suggerimenti e consigli. Lo fa anche i giocatori. E non si può negare che gli abbia detto anche bene. Dybala, Ilicic, Cavani e Vazquez ne sono la dimostrazione. Ma gli allenatori non sono i giocatori. Sono coloro che guidano e che dettano l’organizzazione tattica. Cambiarli continuamente e farli sentire costantemente il bilico manda in tilt e in confusione una squadra che ha già evidenti limiti tecnici, come il Palermo di quest’anno.
“Andare in B non sarebbe la fine del mondo, sono già retrocesso con Dybala e Ilicic. Ci manca la mentalità giusta, Carpi e Frosinone sono più abituate di noi a lottare”. Queste sono le dichiarazioni del presidente Zamparini di qualche giorno fa. Ci si legge un tentativo di trovare una giustificazione, una scusa, una valida motivazione di un fallimento. E’ evidente l’incapacità di trovare una soluzione e la quasi arrendevolezza ad un destino che appare segnato. E sì perché se la quota retrocessione del Palermo rimane più alta di quella di Carpi e Frosinone, i siciliani sembrano quelli messi peggio per svariati ed infiniti motivi. Zamparini ha parlato di voglia lottare. Viene difficile però pensare che allenatori come Iachini, Ballardini e Novellino, abituati a gestire situazioni difficili, non ce l’abbiamo e non siano in grado di infonderla ai propri giocatori. Forse è un problema di organizzazione, di stabilità, di certezze di tranquillità. Insomma si potrebbe tranquillamente dire che chi scende in campo rappresenta la società. La bussola appare essere smarrita. Anzi sembra portare verso la cadetteria. E, se non sarebbe la fine del mondo per Zamparini, lo sarebbe per una piazza che merita ben altri obiettivi e ben altre stagioni. A volta basta la buona volontà di cambiare. Non solo i tecnici che siedono in panchina. E’ proprio una questione di mentalità.