La storia dell’Antica Dolceria Bonaiuto, che un ricercatore attento come Giovanni Criscione ha ricostruito con rigore e partecipazione, ci restituisce l’inedito spessore di una “civiltà delle buone maniere” basata sull’artigianato di qualità, sull’imprenditoria operosa, sulla straordinaria tradizione dolciaria come uno dei “caratteri originali ” della Contea di Modica. Senza falsa retorica e senza campanilismo si può affermare che con i Bonaiuto e con i loro successori Ruta siamo in presenza di un esempio vincente di ” capitalismo del territorio”, che attraverso sei generazioni e lungo tre secoli ha fondato il Distretto del Cioccolato modicano, eccezionale volano dello sviluppo locale centrato sul turismo culturale e gastronomico. Un progetto industriale, quello realizzato nell’ultimo ventennio da Franco Ruta e dal figlio Pier Paolo, che sulle lunghe radici dell’azienda di famiglia ha saputo contaminare il passato e il futuro, i segreti degli antichi sapori e le moderne strategie di marketing, esprimendo al meglio una Sicilia colta e laboriosa, ricca della sua memoria “dolce” .
Criscione ha rintracciato in Natale Bonaiuto, capomastro siracusano attivo nella ricostruzione di Caltagirone dopo il sisma del 1693, il capostipite della dinastia imprenditoriale. Alla fine del XVIII secolo il figlio Vincenzo svolge a Noto la professione di notaio e di funzionario negli uffici della Contea. Spetta al primogenito Francesco Ignazio inaugurare una sorbetteria nell’antica via del Collegio ( oggi via Garibaldi ) e successivamente sull’ampio ponte di S. Pietro, cuore politico e religioso della città,dove avevano sede il Circolo dei Nobili, il monastero benedettino , i negozi e le “aromaterie” della città. Agli inizi dell’Ottocento la rivoluzione commerciale investe anche il Regno delle Due Sicilie, l’espansione del carrubeto e del vigneto insieme al grano duro e all’allevamento bovino dell’altopiano alimenta di nuova linfa l’economia, crescono i consumi di “lusso” e si affinano i gusti dei nuovi notabili. I Bonaiuto decidono di investire nella “catena del freddo” ed assumono l’appalto delle neviere iblee (Vizzini, Buccheri , Palazzolo) , che per secoli erano state monopolizzate da feudatari potenti come gli Alliata e i Villafranca. Oltre a conservare gli alimenti e a rinfrescare le bevande, la neve e’ richiesta per le sue qualità antinfiammatorie e per la preparazione di gustosi gelati, quelli che deliziano il palato di Paolo Balsamo , autore del famoso “Giornale di Viaggio nella Contea di Modica” (1809).
Quando le redini della già rinomata sorbetteria passano di mano al giovane Federico la filiera del “freddo” e del “dolce” e’ nel pieno controllo della famiglia, non a caso accusata di essere “borbonica” perché favorita nell’appalto della neve. Tra le rivoluzioni del 1848 e del 1860, dunque, la concorrenza attacca a muso duro il monopolio dolciario dei Bonaiuto, mentre il contrabbando della neve tollerato dalle autorità locali fa diminuire vendite e profitti. Nel giugno del 1860, con Garibaldi già vittorioso a Palermo, l’anziano abate De Leva come Presidente del Comitato rivoluzionario e ‘ costretto ad annullare i contratti già stipulati e ad assegnarli alle ditte rivali. Federico però non demorde e trasforma l’insuccesso politico in successo economico. Negli anni ’70 abbandona il commercio della neve e si tuffa con rinnovato impegno nella lavorazione artigianale del cioccolato secondo l’antico sistema azteco della preparazione “a freddo” di cacao ,zucchero e vaniglia. In questo periodo in Europa si perfezionano i sistemi industriali della lavorazione meccanizzata : il gianduia nel 1852, il cioccolato al latte nel 1867, il fondente nel 1879. Dalla Svizzera a Torino si diffondono le cioccolaterie. A Modica il progresso industriale non entra, ma è la fortuna dell’antica ricetta di qualità.
Sarà Francesco, quarto discendente della famiglia, ad aprire il mitico “Caffè Roma” nel 1880 e ad allargare la produzione agli altri dolci tipici (pasticcini alla crema, cannoli di ricotta, npanatigghi e nucatili, mustazzoli, cobaita, torrone, aranciata e cedrata, giuggiulena ) che entrano tronfalmente sulla tavola domenicale dei ceti medi e della piccola borghesia. Nel 1911 ( nella ricorrenza del Cinquatenario dell’Unità d’Italia ) sono però le barrette di cioccolato a fare trionfare la ditta Bonaiuto alla Esposizione Internazionale di Roma, con la conquista della medaglia d’oro. A quella data lungo la via del Salone altre pasticcerie ,dai Civello ai Di Martino,dai La Bianca al prestigioso Caffè Orientale dei Borrometi , testimoniano l’alto livello ormai raggiunto dall’artigianato dolciario modicano. Francesco si tuffa anche nell’agone politico e Giovanni Criscione lo ritrova tra i fondatori del Partito Socialista , insieme al “barone rosso” Saverio Polara e al barbiere Ciccio Belgiorno. Dai Fasci siciliani del 1893 allo sgombero delle macerie durante l’alluvione del 1902, dalle lotte operaie dell’età giolittiana all’elezione al Consiglio provinciale di Siracusa nel 1920 don Ciccio Bonaiuto è un raro esempio di imprenditore di sinistra, che dovrà fare i conti con il Fascismo che lo scheda come pericoloso sovversivo. La “grande crisi” del 1929, il blocco delle importazioni di cacao, l’occhiuto controllo della Milizia fascista sono all’origine della pesante situazione debitoria quando Francesco scompare nel 1932. Ma non c’è morte senza resurrezione.
Sarà la vedova Carmela Di Martino con la figlia adottiva Rosa e il suo fidanzato Carmelo Ruta ( giovane apprendista nel laboratorio dolciario ) a risanare l’azienda e a rilanciarla nel solco di una tradizione sempre rinnovata. Negli anni ’50 e ’60 la corpulenta gentilezza di don Carmelo Ruta ripropone le squisitezze inimitabili e la vocazione socialista del Caffè Roma. La “mezza granita” con Marx e panino appartiene alla mia memoria personale, quando da liceale con i più grandi Ciccio Belgiorno e Marcello Perracchio discutevo di politica , letteratura e delle scenette da recitare nell’annuale show studentesco al Teatro Garibaldi. Il restyling dell’azienda nel 1992 e i nuovi traguardi dell’Antica Dolceria Bonaiuto si devono all’impegno professionale e alla creatività di Franco Ruta e di Pier Paolo che continuano una storia “speciale”, che ha contribuito a far conoscere in Italia e nel mondo Modica e il suo cioccolato.
Ringrazio il Prof. Uccio Barone che a distanza di un mese in occasione della presentazione del libro dei Bonajuto ammette che la ” lavorazione artigianale del cioccolato secondo l’antico sistema azteco della preparazione “a freddo” di cacao, zucchero e vaniglia” ( Barone, 05-01-2014). Fino ad oggi mi consideravo uno sprovveduto: “Chi insiste ad affermare che a portare il cacao e l’ “uso antico” della fabbricazione del cioccolato nella Contea siano stati gli Spagnoli nel ’500 o direttamente gli Atzechi sa di dire corbellerie, oppure è uno sprovveduto”. (Barone, 08-12-2012, Laspia).
Per chiarire : e’ uno sprovveduto ( fino a prova contraria) chi ritiene che l’antico metodo di lavorazione sia stato portato esclusivamente nella Contea .La lavorazione “a freddo” era nota in Europa nel ‘600, ma a metà ‘800 venne quasi ovunque abbandonata per i sistemi di lavorazione meccanizzata. A Modica, per circostanze ancora da indagare ( arretratezza o consapevole scelta? O l’una e l’altra?) si mantenne il metodo artigianale tradizionale. Ed e’ stata una fortuna.