I micronotabili e la crisi del Pd Ibleo

Lo spettacolo “edificante” offerto dal PD nazionale e locale sancisce la crisi finale della Seconda Repubblica e la mancanza di classi dirigenti in un Paese dominato dalle caste politiche. Si tratta del maggiore partito italiano, che dovrebbe esprimere la migliore classe dirigente ed un progetto di governo capace di dare un futuro al Paese. Sulla carta non ha rivali, se si considera che il PDL e’ vicino alla scissione e che il M5Stelle continua a perdere consensi elettorali. Nella realtà, invece, i Democratici sembrano avvitarsi ogni giorno di più in una “guerra civile” di tutti contro tutti, che rievoca i peggiori guasti della Prima Repubblica e accresce la sfiducia dei  cittadini  verso l’ attuale sistema politico basato sul “porcellum”, sui parlamentari “nominati”, sulle relazioni “pericolose” tra finanza, affari e poteri “forti” consociativi. La difesa “indifendibile” della ministra Cancellieri da parte del PD nazionale ( con diversi e giustificati “mal di pancia ) conferma lo scollamento tra etica pubblica e partitocrazia.

Il 2013 non si può dire certo l’anno del PD. L’appoggio dato in precedenza al governo Monti e ai suoi provvedimenti antipopolari, pur di rinviare il ricorso alle urne, si è rivelato presto un boomerang. In secondo luogo le  elezioni quasi vinte e poi “magistralmente” perdute a febbraio hanno certificato il fallimento politico di Bersani e le fratture interne che hanno minato la già debole unità di un partito  “nato male” per la fusione a freddo tra DS e Margherita. La mancata elezione di Prodi alla Presidenza della Repubblica può considerarsi  il terzo “testa e coda ” di una leadership corrosa dalle faide intestine e da una “resa dei conti” senza fine : i 101  traditori che hanno impallinato il fondatore dell’Ulivo e del Centro -Sinistra  personificano il livello di “cannibalismo” politico ormai raggiunto in Italia.  La formazione del governo delle “larghe intese”, privo di  un vero programma di riforme economiche e di moralizzazione della politica rappresenta l’ultimo capolavoro di un partito senza bussola, che si è consegnato mani e piedi all’istinto di sopravvivenza di Berlusconi.

La stagione dei Congressi locali ha così fatto implodere la galassia del PD, ormai trasformato ( la definizione è di Ilvo Diamanti ) in un’ammucchiata  di “micronotabili” in lotta per poltrone e potere. In Sicilia i “signori delle tessere” stanno distruggendo la residua credibilità del partito. In provincia di  Catania le tessere si comprano a blocchi di 5000 e si distribuiscono ad amici e conoscenti che poi si mandano a votare per eleggere i segretari cittadini. Ad Agrigento si verifica un travaso di massa di esponenti dell’ex-AN e di Futuro e Libertà improvvisamente convertiti sulla via di Damasco. A Siracusa i renziani avrebbero tesserato centinaia di persone aderenti al PDL pur di battere il gruppo storico bersaniano, col risultato impareggiabile di trovarsi ora con due segretari provinciali eletti. Non riferisco le vicende di Palermo e delle altre province per non tediare i lettori. Tessere a go-go, accordi trasversali, passaggi dell’ultmo istante da una corrente all’altra, un’aria poco raccomandabile che si respira nei circoli nati in fretta e in reciproca contrapposizione. Un partito senza idee, senza ideali.

La provincia di Ragusa si è omologata subito al “grande gioco” della delegittimazione collettiva .L’elezione del segretario provinciale Denaro è già contestata dai ricorsi dello sfidante  Calabrese, la senatrice Padua è stata sonoramente sconfitta ed è stata oggetto di rumorose contestazioni,  i tre circoli cittadini di Ragusa si rimpallano con acrimonia accuse al vetriolo, mentre a Ispica e a Scicli  la bagarre è totale. Solo a Modica il tempo sembra essersi fermato al 2 novembre, giorno dei morti. Politicamente parlando,s’intende. Quì il PD  pare scomparso dalla geografia politica  , se si tiene conto che hanno votato per il segretario cittadino appena 125 iscritti contro 60 schede bianche, come non si conviene certo ad un grande partito di massa. L’evaporazione del Partito Democratico a Modica non dipende soltanto dalla recente sconfitta alle  elezioni amministrative, ma trova origine nella cronica difficoltà di collegarsi con i “mondi” delle imprese, delle professioni e dei lavoratori precari.  Senza la capacità di rappresentare bisogni e interessi diffusi  non si va lontano. Il quadro ibleo resta perciò desolante, aldilà della facile retorica di rottamatori e rottamati antichi e nuovi.  Micronotabili alla deriva, appunto.

Personalmente mi auguro che il PD esca presto dal tunnel e ritrovi la via del riformismo e dell’etica. Anche perche’ tanti uomini e tante donne ci credono ancora, con un impegno e un ottimismo degni di miglior causa,  che merita rispetto. Alcuni sono miei amici veri, giovani e anziani, che in provincia di Ragusa hanno avuto il coraggio di denunciare imbrogli e pastette dei vecchi e dei nuovi capibastone. A loro va  il mio augurio di saper costruire gruppi dirigenti meno rissosi e più competenti.  Più democratici, soprattutto, per il bene dell’ Italia.

6 COMMENTI

  1. Caro Prof.,
    La Sua analisi rende perfettamente l’idea di quello che sta succedendo dentro il PD.
    Io ho partecipato, per la prima volta in vita mia, ad un congresso cittadino e devo ammettere che ne sono rimasto profondamente deluso per i tanti giochi di ‘assetto’ che qualche stratega ‘geniale’ ha voluto portare avanti a tutti costi, anche a costo di “svergognare” il partito stesso. Sono rimasto sconcertato per la mancanza di dibattito sulle cose della Politica, per la scarsa partecipazione degli iscritti, per l’inutile e dannosa miopia autolesionistica di qualche pseudo dirigente locale.
    In effetti, dentro il PD, c’è chi agisce con la logica del “dopo di me il diluvio!” ovvero “meglio morire tutti adesso che fare vincere l’avversario”.
    C’è anche chi appartiene alla scuola del “intanto mi piglio il partito e poi quando sarò Presidente del Consiglio lo scarico al primo che passa”.
    Le faccio notare, tuttavia, che c’è anche chi appartiene alla cultura del ‘le cose si cambiano cambiandole’, cioè Pippo Civati, colui che da quasi un anno denuncia tutto quello che lei sopra ha scritto, che non ha votato la fiducia al governo delle larghe intese, che chiede di sapere chi sono i 101 traditori che hanno riconsegnato l’Italia nelle mani di Berlsuconi, che, inimicandosi i gregari rabbiosi del l’una e dell’altra fazione, sta conducendo, in solitario, una battaglia per un PD della gente, dei movimenti, dei lavoratori, degli studenti, un PD che non rincorre il potere a tutti i costi ma persegua il benessere del popolo italiano, un PD che non cade più nel giochetto squallido delle tessere e dei ‘micronotabili’ (uso l’indicativo perché credo che in un modo o nell’altra questa battaglia sarà vinta).
    C’è una speranza, che si chiama Pippo Civati, ha la mia età e si è già fatto molti nemici tra quei della vecchia politica, tra quei ‘micronotabili’, come Lei li ha definiti, che ormai hanno il tempo contato.
    Io sono con Civati e per Civati Segretario, e tanti altri come me.
    Magari non vinceremo il congresso, ma ho la certezza che, con il nostro rispetto delle regole,con i temi che stiamo avanzando, con le nostre azioni, avremo aperto una via, una possibilità.
    Dopo il congresso ci saremo, in un modo o nell’altro, e saremo in tanti a condurre una battaglia giusta.
    Come vede, non tutto è perduto…o quanto meno c’è ancora un motivo per tentare….
    Antonio Ruta

  2. Bravo Uccio. Condivido totalmente la tua analisi, il problema sono le persone, queste persone che non si arrendono a legarsi inscindibilmente alle poltrone del partito!

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