Modica, considerazioni sulla differenziata

In questi giorni ho assistito a discussioni “surreali” in merito alla raccolta differenziata dei rifiuti. Nei social, in particolare, queste discussioni hanno dato un gran da fare a tanti commentatori, semplici cittadini ma anche consiglieri comunali e impiegati di Palazzo San Domenico.

Diverse sono state le posizioni, soprattutto in merito ai disservizi originati da questa fase “di transizione”: c’è chi accusa la ditta IGM di non essere sufficientemente organizzata; c’è chi ritiene, invece, che la responsabilità della sporcizia diffusa debba essere attribuita all’inciviltà dei modicani. Tutti hanno offerto soluzioni di vario genere, dalle più fantasiose alle più scontate, ma nessuno ha colto il problema politico che sta alla base di questa complicata vicenda.

Andiamo per ordine.

Il passaggio verso una raccolta differenziata dei rifiuti è obbligatorio per legge. Nessuna amministrazione, in Italia e in Europa, può esimersi dall’attuazione di questo “processo”, peraltro indefettibile per la tutela dell’ambiente e per garantire alle nuove generazioni il diritto alla loro stessa sopravvivenza.

Questo “processo” di cambiamento incide direttamente sulle abitudini di tutti noi cittadini e per questo motivo deve essere correttamente “governato” da parte di chi è chiamato gestire la cosa pubblica, perché sul risultato finale incide non solo l’organizzazione tecnico-logistica del servizio (affidata al professionista economico=appaltatore) ma anche, e forse a maggior ragione, la variabile umana, costituita dalla capacità dei cittadini di recepire correttamente,  nei “tempi giusti”, le istanze di radicamento di nuove pratiche quotidiane e di un diverso approccio del singolo utente rispetto al fenomeno “rifiuti”.

Questo secondo aspetto non può essere demandato “al caso”, “alla estemporaneità” e men che meno alla responsabilità di chi si deve occupare degli aspetti pratici di esecuzione del servizio, perché presuppone un’interlocuzione privilegiata con i destinatari dello stesso, nell’ambito di un rapporto di influenza, dall’alto verso il basso, ovvero dall’apice verso la base della piramide organizzativa della comunità.

Detto in altri termini, attribuire alla sola ditta il compito di “trattare” con i cittadini e di fare fronte alle resistente, a volte anche di natura culturale, oltre che alle inefficienze di un servizio che, c’è anche questo, può non essere eseguito al meglio (e qui ritengo incontestabili le responsabilità della ditta e le omissioni della committenza), significa “lavarsi le mani”, come Ponzio Pilato, nel tentativo di eludere compiti e responsabilità che, invece, sono propri di chi amministra la città.

Allo stesso modo, relegare il malfunzionamento del servizio alla sola “inciviltà” dei cittadini, significa generalizzare indebitamente una condotta che, nella realtà, incide solo in misura relativa sulla genesi stessa del problema.

Ecco, quindi, le mie deduzioni: l’avvio della raccolta differenziata, proprio per sua stessa natura, non può essere trattata da parte dell’amministrazione comunale come un qualsiasi appalto di rifacimento del manto stradale o di sostituzione di una lampadina, ma presuppone e richiede un “ruolo attivo”, di primo piano, della stessa amministrazione, sul piano politico, cioè nell’ambito della sua stessa capacità di incentivare i cittadini a recepire il cambiamento e a diventarne non solo e non tanto soggetti passivi quanto, piuttosto, protagonisti e promotori.

Tale risultato lo si ottiene solo attraverso l’esercizio della “autorevolezza politica”, che la vera classe dirigente deve essere in grado di esprimere in occasioni come questa in commento.

Ed allora, se a dare un appalto per la scerbatura, per il rifacimento del manto stradale, per l’organizzazione di giochi pirotecnici e di feste estive, siamo tutti bravi, tuttavia per “governare” i grandi processi politici di cambiamento, quelli cioè che richiedono lo sforzo e la condivisione “politica” di tutta la comunità, è necessario essere realmente titolari di un carisma profondo e della vera capacità di cambiare la cultura stessa del corpo sociale e dei suoi singoli componenti.

Da questo punto di vista, la raccolta differenziata, cioè un fatto  “subito” per legge dall’attuale leadership cittadina (e profondamente più complesso delle solite altre attività di ordinaria amministrazione affrontate dal sindaco negli ultimi cinque anni), certifica una volta di più che il consenso, anche ampio (sia chiaro: un consenso indiretto e, sotto certo aspetti, imposto da una furberia tattica) non basta a compensare limiti e mancanze di preparazione e “di visione”, cioè quei limiti a causa dei quali la ditta sta facendo un po’ come ritiene e i cittadini sono, in un certo senso, costretti ad assumere comportamenti estremi e, spesso, censurabili.

Il detto modicano dice: u pisci feti ra testa! E come al solito gli antichi non si sbagliavano!

P.S. : il pesce va nel cassonetto marrone…buona differenziata a tutti!

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