Modica, dal caso Garaffa alla necessità di una partecipazione democratica…

Che a Modica manchi, da diversi anni, un confronto vero sui temi della politica e dell’amministrazione è un dato di fatto. Basta vedere cosa sta succedendo in merito alla questione finanziaria dell’Ente. Se la Corte dei Conti ha emesso un provvedimento che sembra destinare il Comune di Modica al fallimento, la Giunta cittadina ha sbrigativamente chiuso ogni discussione sul punto, dichiarando sufficiente il piano di riequilibrio adottato nel 2014 (il cui obiettivo, però, è quello di ripianare 40 milioni di euro di debiti a dispetto degli 80 milioni reali).

Su questo terreno, il processo di partecipazione democratica viene drasticamente interrotto, con tutto quello che ne consegue in ordine ai possibili errori di valutazione connessi ad una visione parziale ed unilaterale di chi si trova, oggi, al governo cittadino.

La prima conseguenza la si vede subito con riferimento alla scelta delle priorità.

A fronte di un reale rischio di dissesto economico, la minimizzazione delle conseguenze connesse al provvedimento del Giudice contabile spinge la Giunta e la sua maggioranza a dedicarsi ad altro: il Presidente del Consiglio in carica, Roberto Garaffa, accusato dal consigliere Piero Covato, esuberante come mai lo è stato in passato, di avere partecipato ad una conferenza stampa organizzata da alcuni consiglieri di minoranza. Questo fatto, secondo la maggioranza, porta a ritenere che il Presidente del Consiglio non sia più imparziale e, quindi, deve essere sostituito (chissà, magari con lo stesso consigliere Covato?).

Ora, non voglio entrare nel merito della questione e mi limito a rilevare che, secondo il Consiglio di Stato, la funzione del Presidente del Consiglio comunale è di carattere istituzionale, per cui la sua revoca non può essere motivata da una valutazione fiduciaria di tipo strettamente politico. Nel caso di specie, la partecipazione ad una conferenza stampa, voluta da alcuni consiglieri comunali, nel corso della quale è stata dichiarata la disponibilità degli stessi a collaborare con l’amministrazione per evitare il dissesto economico, non appare un atto di parzialità istituzionale quanto, piuttosto, l’esatto adempimento di uno specifico dovere del Presidente, che è quello di agevolare la corretta dialettica tra maggioranza e minoranza (Cfr. giurisprudenza costante C.d.S.). E’ indubbio, infatti, che la presenza di Garaffa ha potuto certificare la serietà della proposta avanzata dai consiglieri e garantire la solidità istituzionale del “ponte” tra due diverse posizioni politiche, disinnescando il pericoloso meccanismo di delegittimazione messo in atto dalla maggioranza a discapito della minoranza.

Detto ciò, sembra strano, almeno a me, che di fronte ai tanti problemi della città ed in particolar modo di fronte al gravissimo rischio di fallimento dell’Ente, le attenzioni della maggioranza e dell’amministrazione si concentrino sulla necessità di detronizzare Garaffa dal suo posto di Presidente della civica assise, e questo solo perché “non più gradito” al primo cittadino (non è la prima volta che ci tentano).

E torno alla questione posta all’inizio: la mancanza di un confronto dialettico reale nella città, il venire meno dei momenti di dibattito politico con e tra i cittadini, l’incapacità delle forze politiche di stimolare una riflessione sui temi principali dell’amministrazione, stanno determinando il paradosso per il quale le vere priorità diventano fatti secondari e le sciocchezze (come, appunto, la sfiducia a Roberto Garaffa) diventano oggetto di primaria valutazione.

Nel mezzo c’è la città, il cui destino è, oggi, più che mai incerto e precario. E di fronte a tale incertezza e precarietà le risposte politiche sembrano sempre più infantili, tanto da lasciare il dubbio di una effettiva capacità di comprensione del mondo reale.

Bisognerebbe invertire la rotta e restituire al popolo la voglia e l’interesse per la discussione politica, perché le scelte di una comunità non si possono ridurre solo alle questioni tecniche di competenza degli organi rappresentativi o alla volontà unilaterale di un solo uomo, ma devono essere elaborate nella società e dalla stessa indirizzate, secondo i veri bisogni e le reali aspettative delle persone.

La democrazia e la rappresentanza sono state immaginate per il raggiungimento di un obiettivo specifico, che non è quello dell’attribuzione di un potere decisionale indiscutibile ad un uomo solo, ma il conferimento del mandato a concretizzare, con una buona azione di governo, le istruzioni impartite dai rappresentati, secondo una visione comune e collettiva del mondo e del futuro.

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