L’amministrazione comunale ha allargato il marciapiede sottostante il Palazzo Grimaldi, portandolo fino al livello della corsia di marcia veicolare e pavimentandolo con pietra bianca. Da un punto di vista estetico quest’opera è sicuramente gradevole, ed io ne condivido la realizzazione, perché i marciapiedi della nostra città sono generalmente brutti e poco funzionali, ad eccezione di quelli che, qualche anno fa, furono sistemati nello stesso modo in cui si è fatto adesso con quello in argomento.
Detto questo, però, non posso non condividere la preoccupazione di quanti ritengono che il “nuovo” marciapiede sarà occupato, in modo quasi esclusivo, dai tavolini di un bar e di una pizzeria e che, quindi, quest’opera non potrà essere fruita correttamente dai cittadini e dai turisti.
Su un piano più generale, poi, credo che la realizzazione di questa opera sia stata eseguita senza alcuna programmazione, con estrema improvvisazione e senza prevedere le conseguenze che essa avrebbe determinato sul piano dei parcheggi e della viabilità. Prova ne sia la frenetica attività di recupero di parcheggi nella zona alta di Via Marchesa Tedeschi e della parte iniziale di Via Tirella, peraltro mediante la realizzazione di segnaletiche orizzontali la cui sinuosità, sicuramente fuori dal comune, ricorda l’opera di un genio (o di un ubriaco).
Allora mi chiedo: che senso ha il rifacimento di dieci metri di marciapiede se poi il resto del centro storico rimane così come lo hai trovato? Che senso ha destinare una parte del centro storico in parcheggio pubblico, trasformando la Modica del 2018 in una brutta fotografia degli anni ‘60, mentre il parcheggio di Viale Medaglie d’Oro rimane ancora chiuso?
Ecco, dunque, il nucleo della mia riflessione: io credo che questo modo di amministrare la città, che peraltro dura da ormai cinque anni, non produca alcun beneficio, come non producono beneficio le “rappezze di asfalto” sulla strada o le rotatorie/spartitraffico (da poche centinaia di euro) improvvisamente “fioccate” ad ogni incrocio, quasi sempre all’interno di una struttura viaria che rimane dissestata e oggettivamente impraticabile (un esempio per tutti: la Via Pietro Borrometi).
Il “Fare Politica”, che una volta contraddistingueva la classe dirigente cittadina e la misurava attraverso la capacità di proiettarsi oltre il proprio tempo (pensiamo ad esempio al ponte Guerrieri, all’apertura della stazione dei Vigili del Fuoco, alla progettazione delle scale mobili e degli ascensori panoramici, al restauro di un teatro chiuso da venti anni, alla realizzazione della fognatura a Marina di Modica, alla realizzazione del Viadotto, alla realizzazione del Pala Rizza ecc.), ebbene quel “Fare Politica” ha lasciato il campo alla c.d. “politica del fare”, una pratica assai meno ambiziosa, che si accontenta della spicciola manutenzione ordinaria pur avendo la presunzione di spacciarla per grande attività gestionale.
Quei dieci metri di marciapiede, slegati da ogni altra iniziativa di recupero del centro storico nel suo complesso, sono oggi il simbolo stesso del limite di cui è affetta l’attuale classe dirigente cittadina.
Quei dieci metri di marciapiede sono il risultato di un’azione gestionale che non riesce ad andare oltre la scerbatura e la manutenzione ordinaria (peraltro fatta anche male), rinviando indefinitamente nel futuro le vere, grandi e improcrastinabili sfide del nostro tempo.
Possiamo solo sperare che nel frattempo gli elettori modicani non si siano assuefatti troppo e che gli altri politici, quelli che oggi si propongono come alternativa di governo cittadino, non vengano sopraffatti dalla tentazione di competere con gli attuali amministratori sul loro stesso, arido, deprimente sentiero…