Modica: quanto è difficile ascoltare la registrazione di un Consiglio Comunale?

Il primo luglio scorso ho avanzato richiesta all’Ufficio di Presidenza del Consiglio di Modica per ascoltare la fonoregistrazione della seduta consiliare tenutasi il 12 giugno 2019, quando si è discusso della contrastata vicenda dell’illuminazione bianca nel centro storico. 

Ho fatto questa richiesta perché, pur dando per buona la verbalizzazione sintetica pubblicata in rete, avevo la necessità di capire, rispetto ad un problema molto sentito dall’opinione pubblica, le dinamiche del dibattito politico sviluppatosi in Consiglio Comunale, apprendendola dalla viva voce dei suoi protagonisti.

Ora, di fronte ad una domanda che potremmo definire politicamente banale, lo scorso 25 luglio, l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Comunale mi ha comunicato che d’ordine del Presidente la mia predetta richiesta era stata inoltrata al Segretario Generale per quanto di competenza.

Al Segretario Generale? Ma come? Con tutto quello che ha da fare!? E poi, cosa significa (io non sono una persona particolarmente intelligente) inoltrata per quanto di competenza? Il Segretario dovrà ancora decidere se autorizzare l’accesso alla fonoregistrazione oppure dovrà disporre solo le modalità di tale accesso? E nel caso valga la prima ipotesi, perché una richiesta avanzata da un rappresentante di un movimento politico e formulata per motivi politici deve essere decisa dal funzionario, senza alcuna indicazione da parte dell’Istituzione politica, peraltro diretta destinataria di questa richiesta? Ed ancora, quanto tempo occorre aspettare per avere una risposta dall’Ufficio di Segreteria Generale? 

Intanto, oggi siamo al 5 di agosto e il termine di trenta giorni previsti dalla legge perché vengano esitate le domande amministrative è stato inutilmente superato.

Ora, non vi nascondo che sono rimasto stranito dalla comunicazione dell’Ufficio di Presidenza. Poi, però, mi sono immaginato la scena: il Presidente del Consiglio di Modica, tutt’altro che autonomo politicamente rispetto all’amministrazione in carica, vedendo che la richiesta è pervenuta da me, che notoriamente sono ai primi posti nella “lista abbatiana degli oppositori canaglia”, avrà esclamato – mai sia signuruzzu beddu! bazza ca u’ sinnucu si siddia!-, per cui, non volendo cadere nell’errore politico di darmi pregiudizialmente un riscontro negativo (la Minioto è persona d’esperienza), avrà ben pensato di fare la c.d. mandrakata, cioè di non dire né sì né no, con una tecnica che noi avvocati siamo soliti definire “defatigatoria”, cioè finalizzata a tergiversare, nella speranza di stancare controparte e indurla a rinunciare, in tutto o in parte, alle sue pretese.

Ora, se così fosse, e allo stato, data la banalità della richiesta, non ho motivo di ritenere diversamente, tenuto conto che le sedute del Consiglio sono pubbliche e che anche la fonoregistrazione dovrebbe godere del medesimo regime di pubblicità e accessibilità, e considerato che la richiesta è stata avanzata da un movimento politico per finalità squisitamente politiche e tenuto anche conto della decisione stessa di trasmettere la richiesta politica ad un funzionario, è possibile concludere che questo fatto costituisce un esempio distintivo della natura della classe dirigente che oggi governa la città e, conseguentemente, del livello di partecipazione da essa garantito nelle istituzioni democratiche.

Ed infatti, anche quando non c’è nulla da nascondere, ed anzi sarebbe scontato favorire e facilitare il controllo, anche successivo, delle azioni compiute dagli organi elettivi, questi ultimi, invece, levano un muro kafkiano e iniziano a parlare con la forma criptica del burocratese, pur di non esitare una banalissima richiesta di trasparenza, così destituendo la Politica del suo più importante humus: il confronto dialettico tra parti.

Per mero scrupolo, ricordo che il confronto dialettico attraverso la critica (momento demolitivo) contribuisce alla migliore elaborazione dI una proposta (momento costruttivo-ricostruttivo) e al consolidamento di una sintesi condivisa nell’azione politica, per garantire la piena integrazione nella comunità e la pari dignità tra governanti e governati, cioè uno degli effetti più importanti della democrazia stessa.

Da sei anni a questa parte, a Modica, il confronto dialettico viene quotidianamente delegittimato, dietro la logica assolutamente antidemocratica, secondo cui “chi vince le elezioni comanda”, cioè diventa “padrone della palla” e decide chi “può giocare e chi no”.

Tale logica, tipicamente abbatiana, che potremmo definire “primitiva” della politica (un mio Compagno e Maestro la chiamerebbe “tribale”), ha ridotto in termini qualitativi l’azione amministrativa, la cui miseria di risultato è pari soltanto alla malafede della sua stessa propaganda, derubricando le aspettative politiche in forme di intollerabile “accattonaggio” clientelare e mettendo al bando ogni altra forma di sana partigianeria, ad eccezione di quella che esalta l’attuale amministrazione.

Siamo al pensiero unico, all’uomo monodimensionale, al ritorno di una forma feudale della funzione politica che diventa “esercizio di puro potere”.

Quando i modicani si accorgeranno di tutto ciò, il danno culturale che ne emergerà sarà ben più grave dei danni economici e strutturali, perché per recuperare tale danno culturale sarà necessaria una lunga azione di “riqualificazione del pensiero”, nei mezzi e nei contenuti, da parte di una classe dirigente nuova, preparata, illuminata e lungimirante.

Esiste, oggi, anche solo la prospettiva di una simile classe dirigente?

Abbiamo la speranza che uomini e donne liberi e generosi possano dare una cura alla “malattia” che pervade, oggi, la nostra comunità?

Io voglio essere ottimista e guardando le mie figlie voglio darmi una risposta positiva, sia pure consapevole del salto temporale necessario, ma senza trasmissione ad altro ufficio, perché, in questo caso, la “competenza/responsabilità” spetta soltanto a noi genitori.

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