‘Ndrangheta, la processione della Madonna del “Crimine”: fra riti sacri e mafiosi

Al grido di “Viva Maria” si svolge ogni anno, dal 31 agosto al due settembre la festa della Madonna di Polsi, o Madonna della Montagna, che potrebbe essere rinominata come la “Madonna del Crimine”.

L’evento religioso, da anni sotto la lente degli inquirenti, si svolge a Polis, una frazione del comune di San Luca, in Aspromonte.

Nel 2010 (video sotto) i Carabinieri filmarono per la prima volta la riunione dei “capibastone”, che sancisce l’investitura alle cariche apicali della ‘ndrangheta.

In particolare, le decisioni assunte il 19 agosto 2009, in occasione di un matrimonio, con l’indicazione del vertice della “Provincia” o “Crimine” e che sarebbero state ratificate a Polsi a mezzogiorno del 2 settembre successivo, proprio in occasione dell’evento religioso.

In quell’occasione oltre 300 persone vennero arrestate dai Carabinieri.

D’altronde poco c’è da scandalizzarsi, visto che gli ‘ndranghetisti chiamano la loro organizzazione criminale “la Santa”. E l’aurea religiosa viene strenuamente difesa per legittimare il loro potere criminale. Una commistione tra fede cattolica e fedeltà mafiosa, che solo oggi le istituzioni cominciano a combattere, dove lo scenario è più che desolante e che non sempre ha visto gli uomini di Chiesa prendere le distanze.

Nicola Gratteri, magistrato reggino impegnato nella lotta alla ‘ndrangheta, ha detto di Polsi: “Ogni anno, a settembre, i capi mafia si riuniscono a Polsi per discutere delle strategia criminali. Si fanno le investiture, i processi, si decide se aprire o chiudere un locale di ‘ndrangheta”.

Il Vescovo di Locri-Gerace, Giuseppe Fiorini Morosini, nel 2010, in occasione della festa solenne della Madonna di Polsi, condannò le attività della ‘ndrangheta ribadendo che esse nulla hanno da condividere con la fede cristiana e affermando: “In questo Santuario si è consumata l’espressione più terribile della profanazione del sacro ed è stato fatto l’insulto più violento alla nostra fede e alla tradizione religiosa dei nostri padri.”

La Madonna di “Polsi”, secondo la tradizione che durerebbe da un secolo, rappresenta il luogo della custodia delle 12 tavole della ‘ndrangheta, il rito più importante è quello di iniziazione o battesimo, dove l’iniziato diventa “Picciotto d’onore”. Il giuramento vede l’iniziato tenere tra le mani la foto di san Michele Arcangelo, mentre brucia. A seguire poi, sempre con propri dogmi religiosi-cerimoniali, si trovano il rito per la dote di “Camorrista” e di “Sgarro”, altri gradi della gerarchia criminale della locale.

Per entrare nella Santa, invece, il richiamo alla religione si fa più consistente, visto che lo ‘ndranghetista deve giurare nominando il Santo Vangelo e il nome di Gesù Cristo. Sono varie le doti militari santiste presenti: la meno importante è quella per divenire “Vangelista”, e poi via via si trovano la dote di “Trequartino”, “Quartino” e “Padrino”, e la dote di “Crociata” e “Stella”. Il santista viene riconosciuto da una croce grande pochi millimetri fatta con una lama su una spalla e il giuramento viene fatto anche a favore dei protettori della Santa e dei santisti che sono Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi e Alfonso La Marmora.

Eppure a Polsi (e più in generale in Calabria) il problema sembrano essere i giornalisti che scrivono e non gli ‘ndranghetisti che spopolano.

Il primo cittadino di Gerace, presidente del comitato dei sindaci della locride, Salvatore Galluzzo, si scagliò un paio di anni fa contro “l’attacco insensato della stampa leghista e i commenti insulsi di giornalisti improvvisati”. In una lettera aperta sostenne che Polsi è un “luogo sacro, violentato prima dalla ‘ndrangheta, poi dalla stampa nordista e dalla becera stampa del sud”.

In questo contesto non si può non citare la precisa e coraggiosa inchiesta, a firma del collega Michele Albanese (sulle colonne del Quotidiano della Calabria), con l’inchino della Madonna al boss a Oppido, città nota per una delle più cruente guerre di mafia. Uno fermata di meno di un minuto della Santa davanti alla abitazione del boss 82enne Giuseppe Mazzagatti, già condannato all’ergastolo per omicidio e associazione a delinquere di stampo mafioso. Un padrino temuto e ancora potente, che da tempo si trova ai domiciliari per motivi di salute. Assistendo all’episodio, il maresciallo ha immediatamente ordinato a suoi carabinieri che si trovano ai lati della statua di abbandonare la cerimonia. Un gesto clamoroso è fatto in maniera plateale, proprio a marcare le distanze con quanto accaduto.

La cosa più grave è che, quando i carabinieri hanno lasciato la processione, nessuno tra le autorità civili e religiose presenti sembra li abbiano seguiti. E questo nonostante fossero chiare le ragioni del gesto. Tutti presenti, tutti consapevoli, tutti ossequiosi, a riverire i boss che Papa Francesco vorrebbe scomunicare.

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Nato a Ragusa il Primo febbraio del 1983 ma orgogliosamente Modicano! Studia al Liceo Classico "Tommaso Campailla" di Modica prima, per poi laurearsi in Giurisprudenza. Tre grandi passioni: Affetti, Scrittura e Giornalismo. "Il 29 marzo del 2009, con una emozione che mai dimenticherò, pubblico il mio primo romanzo: “Ti amo 1 in più dell’infinito…”. A fine 2012, il 22 dicembre, ho pubblicato il mio secondo libro: "Passaggio a Sud Est". Mentre il 27 gennaio ho l’immenso piacere di presentare all’Auditorium “Pietro Floridia” di Modica, il mio terzo lavoro: “Blu Maya”. Oggi collaboro con: l'Agenzia Giornalistica "AGI" ed altre testate giornalistiche".

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