Tutto ebbe inizio il 28 0ttobre del 1974 quando per la prima volta misi piede a Scicli. A dire il vero la destinazione fu decisa a fine settembre a Palermo nella sede regionale del PCI quando mi fu proposto l’ incarico . Il colloquio fu breve ed estremamente diretto.
” Ragusa è una provincia rossa e a Scicli c’è un partito forte ma lacerato”. Si trattava di promuovere il rinnovamento interno e coordinare la campagna elettorale in vista delle elezioni comunali della successiva primavera.
Quando quella sera di ottobre fui presentato nel corso della seduta congiunta dei tre comitati direttivi delle sezioni la reazione come è facile immaginare fu un misto di curiosità e diffidenza.
Un “catanese” di ventitre anni inviato dalla lontana Palermo per rilanciare l’iniziativa politica e coordinare le elezioni ?! Ovviamente le mie furono poche parole di circostanza dettate dal tentativo di attenuare quella generale perplessita.
A poco piu’ di quarantotto ore dal mio arrivo giunge una notizia da farmi tremare polsi e gambe. Dalla sede di Ragusa una telefonata dal tono perentorio. Avevo già sentito qualche anno prima a Catania in un’altra occasione, quelle parole pressocchè identiche. Parole anni dopo diffuse anche dalla stampa.
“Avvertiamo un tintinnio di sciabole e di manette, massima vigilanza, metti al sicuro gli elenchi degli iscritti, ti faremo sapere “.
In seguito venni a sapere che tutta la direzione nazionale del PCI dormì fuori casa per qualche giorno e che in quella occasione Emanuele Macaluso, che si trovava a Catania, trovò rifugio in una residenza religiosa. Non conoscevo nessuno a Scicli e e dinnanzi a quella notizia mi fu detto di raccordarmi con il segretario della Camera del Lavoro.
Peppino Speranza, segretario della CGIL di Scicli, non si perse d’animo. Durante la guerra era stato in clandestinità e mi pare di ricordare che era anche espatriato nell’est europeo.
Eravamo nel vivo degli anni del piombo e del tritolo.
Il Paese era insaguinato da stragi e attentati, pochi mesi prima a Brescia durante un comizio sindacale era esplosa una bomba con decine di morti e feriti. In quegli anni la destra politica, e alcuni segmenti della Democrazia Cristiana, non facevano mistero della necessità di una svolta autoritaria e di adottare leggi eccezionali per limitare alcune libertà democratiche.
Non a caso anche il generale De Lorenzo comandante generale dell’arma dei Carabinieri era stato accusato, anni prima, di aver organizzato la compilazione di una lista di oltre 120.000 nominativi di esponenti della sinistra da arrestare o deportare in Sardegna.
Inoltre erano stati desecretati da poco alcuni documenti sul tentativo di golpe da parte di Junio Valerio Borghese con l’avallo dell’ambasciata americana. Come e’ noto nel dicembre 1970 gruppi neofascisti saccheggiarono le armerie dei Ministeri della Difesa e dell’Interno con l’appoggio di alcuni reparti militari. Ci furono movimenti di truppe a Roma e il Presidente della Repubblica era previsto che avrebbe dovuto dichiarare lo stato di emergenza. Ma fortunatamente all’ultimo momento quella notte del dicembre del ’70 arrivo’ un contr’ordine.
Quando quel 31 ottobre la Magistratura ordino’ l’arresto del generale Micieli, capo dei servizi segreti, con l’accusa di complotto contro lo Stato, la preoccupazione di rigurgiti golpisti era piu’ che fondata.
Ma torniamo a quella sera del 31 ottobre a Scicli.
Peppino Speranza, da anziano resistente, non si perse d’animo e aveva le idee ben chiare. Chiamo’ un gruppo ristretto di compagni e imparti’ gli ordini.
Un incaricato ebbe il compito di nascondere gli elenchi degli iscritti in una casa isolata a Cava d’Aliga. Poi bisognava avvisare i socialisti della sezione locale, all’oscuro di tutto, quindi spostare in una abitazione di campagna a Donnalucata tutti i fucili da caccia in possesso degli iscritti. Infine occorreva garantire la vigilanza di massa. Dall’indomani una macchina con gli altoparlanti avrebbe dovuto avvisare i cittadini che il PCI convocava per la stessa sera una assemblea di iscritti e simpatizzanti.
Per coloro che non hanno vissuto quel periodo questa reazione puo’ sembrare esagerata, ma quelli erano gli anni di un’Italia insanguinata e appena l’anno prima il legittimo governo cileno era affogato nel sangue da un golpe militare sostenuto dal governo statunitense. Quello stesso governo che mal sopportava la forte presenza della Sinistra in Italia.
Per tutto il giorno successivo la macchina annuncio’ l’improvvisa assemblea nella sede della sezione centro e quella sera, del primo novembre, alcuni militanti decisero di fermarsi in sede fino a tarda notte. Ma quel via vai di persone in un orario insolito suscito’ , ovviamente, la curiosita’ dei carabinieri della locale stazione che conseguentemente pattugliarono per tutta la notte le strade intorno la sede.
Nel pomeriggio del 2 novembre tiriamo un sospiro di sollievo. Arriva la notizia del cessato allarme ed anzi fummo invitati a compiere un atto politico particolarmente significativo.
La Direzione Nazionale del PCI invitava tutte le proprie strutture ad essere presente, il 4 novembre giornata delle Forze Armate, con le bandiere del partito a tutte le manifestazioni celebrative.
Insomma il messaggio era chiaro: il PCI, forza responsabile a difesa della democrazia, aveva apprezzato la sconfitta delle tentazioni velleitarie e sosteneva le Forze Armate fedeli alla Costituzione.
Gianfranco Motta