Quando le mamme crescono… non credono più alle promesse!

Quando le mamme crescono … non credono più alle promesse. …niente di faticoso, niente di impegnativo, un lavoro adatto alle donne, alle mamme… sorrido se penso che ci avevano detto che questo lavoro era solo per un po’, che in tanti luoghi pubblici c’era bisogno di personale, e che tutti avremmo avuto un posto fisso, senza attendere molto tempo… continuo a sorridere… davanti allo specchio mentre intravedo già i capelli bianchi, mentre ci incontriamo con le altre mamme precarie, quando lasciamo i figli a scuola, e improvvisamente ci accorgiamo che sono già così forti da caricarsi lo zaino, che incurva loro la schiena. Il nostro sorriso diventa cupo fino a scomparire, quando iniziamo i discorsi di sempre: la crisi, il mutuo, il ritardo nei pagamenti.

Il sorriso si spegne lentamente ogni giorno quando non veniamo considerate persone che hanno un ruolo importante nel rappresentare una città, una struttura pubblica, un ente per le persone che arrivano, chiedono, hanno un problema da risolvere. Noi siamo le donne che vivono nell’indifferenza di tanti, che è scontato che la domenica e i festivi vadano a lavorare senza niente in cambio; che è scontato svolgano mansioni e abbiano responsabilità che non valgono i soldi che prendono a singhiozzo. Improvvisamente, in quelle situazioni esce fuori la madre interiore di ogni donna, che nutre tutto ciò che le sta intorno tramutandolo in poesia, bellezza, umanità.

Continuiamo ad essere mamme che fanno le torte trovando conforto nel sorriso dei figli che le mangeranno, mentre gli diciamo che per le scarpe nuove e il giubbotto devono aspettare ancora … ci sono i libri da pagare e la gita … poi si vedrà. Dipende. Da che cosa? Dopo tanti anni direi dal buon senso, dalla politica come servizio agli altri, dalla coscienza interiore di chi amministra a tutti i livelli. Ecco … già la cosa ci preoccupa … ma non vogliamo che l’ansia ci immolizzi, che gli incubi ad occhi aperti prendano il sopravvento! Quando le mamme crescono non si arrendono così facilmente. Diventano competenti sul posto di lavoro, anche se non sono riconosciute economicamente e professionalmente, perché sanno di arricchirsi dentro.

Si iscrivono a scuola o all’università, fanno corsi di formazione in altri settori, imparano le lingue, il computer, leggono libri, vanno ai convegni. Per riuscire a sopravvivere fanno anche le baby sitter, le badanti, le pulizie, le lavapiatti, le cuoche. Non possono contare sulla pensione dei genitori, o sul lavoro del marito che non ne ha. Sono stanchissime.

Così nell’isola, infestata dal Muos, dai fumi cancerogeni delle zone industriali, dalle trivellazioni, dai disonesti e dai corrotti di ogni regione e nazionalità, ogni giorno, si muove un esercito di donne che non credono più alle promesse, ma credono nelle proprie capacità, nella forza di volontà, nel loro coraggio di andare avanti. E’ questo il regalo di Natale per i loro figli.

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Donna, mamma, e lavoratrice precaria ( da 15 anni ) che ha visto nella maternità, nella relazione di coppia, nella precarietà sociale una strad infinita per crescere e guardare oltre il proprio confine personale. Nella sua vita si intersecano ogni giorno il racconto della storia di Modica e il racconto di fiabe per bambini, la cui fantasia, creatività, innocenza, grandezza va protetta ad ogni costo da una società, una scuola, una famiglia sempre più spesso distratta, impreparata, incapace di mettere al giusto posto le priorità.

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