La storia che si vuole raccontare offre lo spaccato di un contesto che ancora oggi non appare completamente superato.
Nella primavera dell’84 la Commissione Antimafia effettuava una visita a Palermo. L’isola era oltraggiata dai numerosi omicidi di mafia e quattro mesi prima era stato assassinato il giornalista Giuseppe Fava. Inoltre cresceva la preoccupazione che l’installazione dei missili a Comiso avrebbe provocato gravi processi di degenerazione e inquinamento con l’espansione della influenza mafiosa nella Sicilia orientale.
Nei due giorni dedicati alle audizioni ( 8 e 9 maggio) la Commissione ascoltò, tra gli altri, “ a porte aperte” i familiari di alcune vittime dei grandi delitti di mafia. Il resoconto che ne fecero i giornali era sconvolgente e il presidente Alinovi, concludendo l’audizione, affermava pubblicamente : “ Tutta la nostra Commissione non può che avvertire mortificazione per le notizie apprese. Invieremo i verbali di queste deposizioni al C.S.M. , al ministro di Grazia e Giustizia. Ai Magistrati i casi specifici di cui ci avete parlato. Ma vi prego di non perdere la fiducia nelle istituzioni, anche se da quanto avete detto emerge come sia stata inadeguata fin qui la risposta dello Stato” (l’Unita 9 maggio ’84 pag.8).
Da notare che il 9 maggio, nelle stesse ore in cui la Commissione Antimafia era a Palermo, l’onorevole Tina Anselmi, presidente della Commissione d’inchiesta sulla P2, rendeva noti i contenuti di una relazione da cui risultava l’autenticità degli elenchi degli affiliati alla loggia massonica eversiva.
Nei giorni di permanenza a Palermo della Commissione chi scrive, nella qualità di responsabile di una associazione di categoria, venne ascoltato a “porte chiuse” in merito ad alcuni fenomeni criminali riguardanti la provincia di Ragusa.
Le circostanze della scarcerazione del vecchio boss vittoriese Giuseppe Cirasa , il suo omicidio dopo qualche settimana, l’emersione di nuove aggregazioni malavitose e la crescita esponenziale di attentati ed estorsioni dimostravano che era in atto una mutazione degli assetti mafiosi. In quella deposizione si confutavano le affermazioni tranquillizzanti che provenivano dal ministero degli Interni in merito alla situazione dell’ordine pubblico in provincia di Ragusa e nel comune di Vittoria in particolare.
Inoltre la realizzazione della base missilistica a Comiso destava non poche preoccupazioni in merito alla gestione degli appalti. All’inizio della audizione venne assicurato che il contenuto della deposizione era da considerare riservato.
Senonché il 27 giugno un componente la medesima Commissione, l’onorevole Costantino Belluscio, pubblicò nella prima pagina del quotidiano nazionale “L’Umanità” e nei giorni successivi nelle pagine interne de “ La Gazzetta del Sud”, le generalità del dichiarante e stralci della deposizione a porte chiuse.
Ma chi era Costantino Belluscio?
L’onorevole Belluscio, dirigente di primissimo piano del partito socialdemocratico, ancor prima di essere eletto in Parlamento e designato quale componente la Commissione, poteva vantare un curriculum di tutto rispetto. Giovanissimo aveva partecipato alla Resistenza in Toscana poi, finita la guerra, aveva intrapreso la professione giornalistica in Rai e successivamente era stato chiamato al Quirinale per divenire addetto stampa e dopo segretario particolare del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat . Inoltre fin dal 1975 era sindaco di Altofonte in provincia di Cosenza (ne mantenne la carica per ben ventinove anni).
Era evidente che Belluscio, valutando il contesto in cui era avvenuta quella deposizione, aveva compreso la necessità non solo di intimidire il soggetto interessato, ma soprattutto di lanciare un chiaro avvertimento, sul rischio che potevano correre coloro che fossero stati intenzionati a fornire deposizioni spontanee.
A seguito di quel comportamento intimidatorio il 26 settembre il presidente della Commissione in apertura dei lavori comunicava il testo di una lettera inviata dallo scrivente : “…Il 9 maggio u.s. sono stato ascoltato dalla Commissione in occasione della visita effettuata a Palermo. La mia audizione aveva lo scopo di evidenziare l’entità dei fenomeni mafiosi in provincia di Ragusa e pertanto aveva avuto un carattere riservato. Tanto è vero che nessun estraneo alla Commissione era presente. L’onorevole Belluscio in una dichiarazione resa al quotidiano del PSDI “L’Umanità”, pubblicata il 27 giugno in prima pagina, ha reso pubblici ampi stralci della mia deposizione e riportando, in alcune parti, lo stesso resoconto stenografico della audizione. Inoltre sia l’onorevole Belluscio che l’articolista hanno evidenziato con particolare insistenza che il sottoscritto aveva chiesto di essere ascoltato da solo, che erano stati esposti fatti e circostanze molto particolareggiate e che si chiedeva la non pubblicazione della deposizione stessa”….- (resoconto stenografico della seduta pag. 3).
Ma l’onorevole Belluscio non era nuovo a tali comportamenti !
Infatti nella stessa seduta del 26 settembre il presidente Alinovi dava lettura di una seconda lettera, firmata dal senatore Flamigni a nome di tutti i parlamentari del PCI componenti la medesima Commissione, nella quale si denunciava la violazione del regolamento per quanto attiene all’obbligo del segreto quando la Commissione svolgeva il proprio mandato in seduta segreta.
A questo proposito Flamigni scriveva : “….L’onorevole Costantino Belluscio, componente la Commissione parlamentare sul fenomeno della mafia, ha infatti pubblicizzato in un apposito opuscolo, diffuso particolarmente in Calabria, e del quale hanno riferito quotidiani nazionali, stralci dell’audizione del dott. Giuseppe Viola, Presidente del Tribunale di Raggio Calabria, svoltasi per decisione della Commissione in seduta segreta…”
Il senatore Flamigni prosegue : ..”la gravità e l’effetto intimidatorio di queste reiterate rivelazioni sono particolarmente elevati perché l’onorevole Belluscio risulta iscritto nella loggia massonica P2 la quale ha avuto frequenti rapporti con la mafia e la criminalità organizzata (caso Sindona, caso Calvi-Banco Ambrosiano, casi Pazienza, Teardo, ecc.).” (stesso resoconto stenografico sopra indicato).
Il commissario Belluscio aveva in atto una precisa strategia. In un contesto in cui la Commissione aveva registrato gravi carenze nella lotta alla mafia in Sicilia, e si riprometteva di stimolare una più incisiva azione dello Stato, era necessario screditare la Commissione . Il piduista Belluscio era funzionale ad un disegno ben chiaro : demolire la certezza della segretezza dei lavori della Commissione.
Era fin troppo evidente che nei casi più delicati poteva essere necessario tutelare la libertà e la completezza delle informazioni fornite alla Commissione. Gli interlocutori della Commissione non dovevano più avere certezza della riservatezza delle loro dichiarazioni. Pubblicando i verbali si sarebbe concretizzato l’effetto intimidatorio nei confronti di chi era chiamato a deporre e, nel contempo, si screditava la Commissione perché non in grado di garantire le opportune precauzioni.
Ma l’onorevole Belluscio appariva intoccabile.
Tre anni prima, il 17 marzo del 1981, al momento del ritrovamento degli elenchi di Licio Gelli, era uno dei sette componenti piduisti del governo Forlani con l’incarico di sottosegretario agli Esteri.
Il fatto di essere uno dei 962 affiliati alla loggia P2 (tessera numero 540) non aveva impedito la sua nomina in seno ad una così delicata istituzione.
Gianfranco Motta