Raccontare questa terra “babba” è pericoloso…

Mi domandavo come rispondere pubblicamente a ciò che è accaduto. Grazie a Giorgio Stracquadanio non ho dovuto faticare nella scelta.

Ecco il Suo articolo, lo faccio mio. Grazie!

Paolo Borrometi

 

Studiare, capire e analizzare e poi raccontare, scrivendo o narrando, quello che accade nel nostro territorio. E’ uno dei pochi rimedi. se non l’unico, alla rassegnazione che caratterizza questa terra. In questi luoghi l’acquiescenza grava pesantemente su fatti e misfatti. Rimuoverla è difficile, complicato e pericoloso. I miasmi coperti da questa cappa, se liberati, possono essere anche letali. Paolo Borromenti in questi anni ha provato a sollevare con cura un lembo di questo copertura. Ciò che ha visto lo ha descritto nei suoi articoli, lo ha raccontato nelle scuole, lo ha narrato nei convegni, ha parlato delle tante, troppe, anomalie del Sud Est siciliano. Ha accesso riflettori che alcuni volevano smorzati. Ha provato a moltiplicare occhi e voci. Ha tentato di costruire presidi e insediamenti. Tutte azioni che avevano e hanno un compito chiaro: avviare un contrasto all’economia criminale che controlla questa zona. Il Sud Est, secondo un vecchio detto, è Sicilia babba. Molti però dimenticano che questa è la zona di Giufà. Qui stupidità e scaltrezza, babbitudine e malignità, si fondono in un tutt’uno dando vita ad una maschera dal volto ingenuo, babbo appunto, ma utile a nascondere ogni sorta di malaffare. Paolo in questi anni è stato accusato di “esagerazione” di “cercare visibilità”. Nei fatti ha provato a rimuovere la maschera di Giufà per vedere cosa c’è dietro.  In questa terra che babba non è, ma babba deve continuare ad apparire, ci sono forze che non vogliono che si metta in discussione l’apparente sciocchezza. Qui la troppa curiosità generare sempre certe irritazioni. Rischia di far emergere scomode verità che non possono e non devono diventare di pubblico dominio. Si crea troppa attenzione. Ed è cosi che scrivere e raccontare  gli intrecci tra economia e malaffare della Sicilia babba è diventato pericoloso per chi lo fa, come Paolo, e crea piccoli fastidi e incomprensioni per chi lo legge. Bisogna prenderne definitivamente atto: Nel Sud Est, nella nostra provincia, c’è un’enclave economico mafiosa forte che sa muoversi anche fuori il suo territorio. Nessuno può più far finta di non vederla. La migliore risposta all’atto vile subito da Paolo non può essere la rincorsa alla solidarietà o la richiesta di rafforzamento della sua scorta. Sono fatti dettati dalla circostanza. Serve squarciare il velo che nasconde con cura questa cisti, serve accendere più riflettori, serve maggiore conoscenza del territorio e delle sue economie, serve rendere la narrativa di questa terra narrativa di tutti.

di Giorgio Stracquadanio

1 commento

  1. Giusto e vero. Si condivide il contenuto di Stracquadanio e vorremmo eserci a lottare contro lo strapotere babbo ma pericoloso dei Giufà. Ma lo Stato dov’è ? In tutto questo le Procure, le Prefetture, le Questure, i Carabinieri, la Guardia di Finanza dove sono ? Ad arrestare e denunciare i rubagalline e i cittadini costretti a inventarsi un lavoro per vivere ? Sono pagati tutti i 27 da questo Stato proprio per garantire la convivenza civile dei cittadini e combattere le organizzazioni mafiose organizzate che ormai invadono a livello imprenditoriale tutti i settori. Cosa fanno per arginare il fenomeno dilagante oltre a partecipare ai convegni e alle assemblee sulla legalità nelle scuole o a sostituire i vigili urbani nel controllo del traffico e dei veicoli. Contano le piantine di marjuana ? Per carità si può fare ma la Sicilia sta affogando nelle illegalità, nelle intimidazioni e nei traffici illeciti. L’antiraket è scomparso e tutti i commercianti costretti a pagare il pizzo. Tagliamo gli stipendi a chi non è in grado tutti i giorni a garantire la sicurezza pubblica e la legalità combattendo gli affari mafiosi. Ci sono stati e abbiamo avuto uomini valorosi e in gamba nei commissariati e nelle caserme dei carabinieri che hanno portato risultati concreti ma le Procure e certe direttive li hanno isolati e molti sono stati trasferiti o hanno dovuto scegliere la via del pensionamento anticipato. La mafia non possono combatterla i giornalisti coraggiosi come voi e i cittadini onesti ma deve essere lo Stato con i suoi uomini a demolirla salvaguardando le istituzioni. Se c’è la volontà. Un’amara constatazione: Mussolini e il fascismo l’avevano sconfitta mentre questo tipo di ordinamento “democratico” la mantiene sempre in vita. Perchè ?

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