Ieri era la Festa della donna e, a rischio di essere retorica, non potevo non scegliere per questo appuntamento un romanzo scritto da una penna femminile, e in particolare da colei a cui mi rivolgo quando sento il bisogno psicofisico di un po’ di freschezza e di conforto: sto parlando di Jane Austen e del suo Ragione e sentimento.
Di questa Signora della Letteratura avevo letto solo Orgoglio e pregiudizio e Emma, ma tanto è bastato a farmi amare il suo garbo nello scrivere e quell’ironia, quella furbizia e quella capacità di sondare l’umanità e le sue mille peculiarità caratteriali con piglio leggiadro e mai appesantito, con toni sfiziosi e acuti.
Basta poco per capire che leggere Jane Austen non è una scelta come un’altra, che l’austenismo è uno stato mentale, un modo di sentire e di volersi sentire, di volersi bene e di donarsi delle piacevoli sensazioni; ha a che fare con qualcosa di simile alla felicità domestica, al tepore natalizio, all’ordine e alla serenità del pensiero. È un tipo di lettura calmante perché bucolica, ma anche eccitante perché mondana e intessuta di strategie sociali.
Ragione e sentimento me lo sono goduta dalla prima all’ultima pagina, ne ho succhiato la linfa terapeutica e riscaldante mentre fuori continuava l’inverno.
E l’ho trovato bellissimo. Più di Orgoglio e pregiudizio (a cui, non me ne vogliate, avevo comunque preferito l’adorabile Emma).
Il dualismo del titolo stavolta mi è sembrato più efficace e percepibile, un caso di perfetta antropomorfizzazione dei personaggi: Elinor e Marianne le ho sentite più vive e vere che mai, la ragione dell’una e il sentimento dell’altra li ho vissuti con autentico trasporto.
Queste due sorelle senza rendita e in età da marito, sullo sfondo della campagna inglese (e in parte della città), alle prese con amori sfortunati vissuti con modalità agli antipodi, sono entrambe ascrivibili a quel tipo di eroina letteraria brillante e indimenticabile.
Dimenticare la razionalità elegante e autoconservativa di Elinor (in cui, per ragioni caratteriali e di tipo capricornesco, mi sono identificata) o la sfrontatezza libera e passionale di Marianne sarà impossibile.
Ma anche i personaggi secondari, dai pretendenti più o meno credibili alle ricche signore chiacchierone e indiscrete, hanno una verve tridimensionale.
La classica “trama del matrimonio” è anche in questo caso il cuore centrale della penna di Jane Austen, la grande forza centrifuga che spinge, scuote e indirizza i personaggi e le loro dinamiche relazionali.
Un topos che molti possono trovare obsoleto e tedioso, ma che io trovo intelligente ed estremamente divertente, analizzato sempre con spirito e sarcasmo dalla tutt’altro che ingenua Jane.
Entusiasta di questa bella lettura, ho deciso di recuperare anche il film di Ang Lee del ’95 e devo dire che l’appagamento si è ripetuto e la componente audiovisiva si è affiancata armonicamente alla sua fonte letteraria. Bello è dire poco: Ragione e sentimento è un film pieno di grazia, un trionfo di geografia britannica, eleganza formale orientale, recitazione impeccabile, sceneggiatura (scritta dalla stessa Emma Thompson) giustissima.
Ed è anche una buona occasione per noi donne di vedere un giovane e bellissimo Hugh Grant nella sua tipica veste anni ’90 da timidone impacciato e adorabile!
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