Ragusa, Terra di mafie: Tognoli e gli imprenditori che “si affidano ai mafiosi”

“Oliviero Tognoli e Leonardo Greco rimangono in contatto fra loro soprattutto per gli interessi economici comuni” in provincia di Ragusa.

A parlare è uno dei mafiosi più spietati della storia della mafia siciliana, Giovanni Brusca, oggi pentito e quindi collaboratore di giustizia. Iniziamo così un’altra “puntata” della storia mafiosa della Provincia Iblea, quella dove la “mafia non esiste” (LEGGI IL PRIMO ARTICOLO).

Nei diversi interrogatori fatti a Brusca, le parole relative alla provincia Iblea non sono state mai pubblicate fino ad oggi e ripercorrono le trame, soprattutto economiche-mafiose, di una provincia, o meglio un’area (quella ragusana-siracusana), che ha rappresentato un’oasi felice per la mafia e per quegli interessi “grigi” e di confine fra imprenditoria, politica e criminalità organizzata che la rendono peggiore delle aree di Catania, Trapani e Palermo.

Proprio Ragusa (città e territorio provinciale) fu meta di diversi investimenti mafiosi da parte di imprenditori totalmente avulsi dal contesto ragusano.

I Tognoli sono fra i primi ad investire in provincia di Ragusa, in un momento particolare in cui il territorio provinciale ospitava “uomini d’onore” in soggiorno obbligato.

Il primo a parlare di Tognoli ed a segnalarne la presenza a Ragusa fu, anni fa, lo scrittore Carlo Ruta. Oggi, con documenti inediti, cercheremo di fare qualche passo in più per mettere in luce investimenti imprenditoriali al limite (e spesso anche oltre) del lecito.

CHI ERA TOGNOLI?

Oliviero TognoliOliviero Tognoli è probabilmente il riciclatore più importante della storia italiana, dopo Vito Palazzolo, ma più del “Von Palace” (come fu chiamato negli anni di latitanza il “cassiere di Cosa Nostra”), Oliviero Tognoli lega a sé una parte dei “buchi neridel nostro Paese, con il (presunto) coinvolgimento di Bruno Contrada nel proprio mancato arresto.

Oliviero Tognoli, re del tondino di Concesio (Brescia) – stessa città di Monsignor Giovanni Battista Montini, padre spirituale di Giulio Andreotti e meglio noto come Papa Paolo VI -, si stabilisce al seguito del padre Luciano, imprenditore nel settore dei metalli, in provincia di Ragusa.

In Sicilia Tognoli si sposa con Mariannina Matassa, cugina del noto Joseph Matassa, mafioso di spicco in America dove è stato condannato nel processo “Pizza connenction”.

Inoltre, il suo testimone di nozze (e socio, come afferma Brusca e come preciserà anche un altro importantissimo pentito, Angelo Siino) è Leonardo Greco, nato a Bagheria il nel giugno del 1938, capo mandamento di Bagheria, imprenditore nel settore del ferro e titolare, insieme alla moglie Maria Gagliano, della “Icre di Bagheria”. Società, quest’ultima, nota in quanto per lungo tempo sede di riunioni di mafia e luogo dove venivano eliminati i rivali mafiosi.

Angelo Siino, nei verbali in nostro possesso, afferma che: “Oliviero TOGNOLI è a me noto…Con Nardo Greco…Leonardo Greco….suo testimone di nozze e socio in affari che investì proprio a Ragusa”.

I TOGNOLI A RAGUSA

I Tognoli arrivano a Ragusa e fondano una prima impresa, la Almer che nel 1983 ingloba la Tu.Rag. Spa e che dal 2006 si è trasformata nell’attuale Metra Ragusa s.p.a.

I soci fondatori della Almer sono:

Luciano Tognoli, Presidente del c.d.a., nato a Concesio (Brescia);

Mario Giacomelli, Consigliere, nato a Vinci (Firenze);

Ezzelino Zanetti, Consigliere ed attuale Presidente del C.d.a., nato, anche lui, a Concesio (Brescia).

Oliviero Tognoli è stato, inoltre, consigliere e direttore commerciale della Fas Spa di Modica.

Il curriculum criminale di Oliviero Tognoli e del padre Luciano Tognoli sono di assoluto spessore ed avrebbero comportato, qualora avessero mantenuto la proprietà dell’importante azienda ragusana, in applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali antimafia, il sequestro della società.

Per tale ragioni, molto probabilmente, l’azienda passerà di proprietà e va detto che, infatti, in data 08/10/1985 il G.I. di Roma, Aurelio Galasso, aveva già sottoposto a sequestro i certificati azionari intestati a Luciano Tognoli.

Per gli inquirenti che hanno indagato anche negli ultimi anni, il passaggio di proprietà sarebbe stato solo ed unicamente “di facciata” (tanto da scrivere, in documenti, “i contatti tra Tognoli e l’Azienda sono estremamente evidenti e oltre alla sintomatica partecipazione di persone legate al Tognoli in quanto residenti da sempre e tuttora nello stesso piccolo paese e alla stessa via e con cui condivideva e condivide una stretta amicizia”).

Va detto inoltre che Oliviero Tognoli è stato segnalato a Ragusa negli ultimi anni, accompagnato nelle sue visite ragusane da un dipendente in pensione della Metra Ragusa Spa, tale S. T., da sempre suo uomo di fiducia. Lo stesso, ancora oggi quando Tognoli viene a Ragusa, gli fa da autista ed accompagnatore, prelevandolo e riaccompagnandolo all’aeroporto di Catania. Tognoli, infatti, insieme alla moglie vive a Nizza (in Francia).

In ultimo, solo a titolo di curiosità, va detto che Ezzelino Zanetti, attuale rappresentante legale di “Metra Ragusa”, è nato a Concesio – Brescia – ed è residente nella stessa via di Oliviero Tognoli a Concesio (Brescia).

E lo stesso Ezzelino Zanetti, ascoltato da Polizia e Finanza di Ragusa il 13 aprile del 1984 (in un verbale assolutamente inedito), afferma che sarebbero dovuti andare per un appuntamento di lavoro “nella mattinata di oggi a Brescia insieme”. Zanetti, tanto per confermare i rapporti di lavoro intercorsi con Tognoli, affermerà inoltre che: “Ho visto l’ultima volta il signor Tognoli il 10 mattina e dopo aver fatto il programma di visite a dei clienti del palermitano”.

LA METRA SPA OGGI:

Al netto dei problemi finanziari, la Metra Holding s.p.a. (ancora in attività) è riconducibile alla Finmetal s.p.a. con sede a Rodengo Saiano (Brescia) Via Provinciale – Stacca 1.

Le cariche societarie sono così suddivise:

Ezzelino Zanetti, Presidente del C.d.a., nato a Concesio (Brescia), nominato con atto del 20/05/2009;

Maria Poidomani, Consigliere Delegato, nata a Modica (Ragusa), nominata con atto del 20/05/2009;

Bruno Bertoli, Consigliere Delegato, nato a Villa Carcina (Brescia), nominato con atto del 20/05/2009;

Giulio Zanetti, Consigliere Delegato, nato a Brescia, nominato con atto del 20/05/2009.

IL MANDATO DI ARRESTO DEL GIUDICE FALCONE

Oliviero Tognoli fu raggiunto, il 12 aprile del 1984 da un ordine di arresto spiccato, niente di meno, dal Giudice Giovanni Falcone, nell’ambito dell’indagine “Pizza Connection”. Tognoli venne cercato a Ragusa, a Modica, a Brescia ed a Palermo.

Da quel giorno divenne latitante ed è questo uno dei “misteri d’Italia” che coinvolse anche Bruno Contrada. La fuga di Tognoli dall’Hotel Ponte di Palermo (nell’imminenza del suo arresto) ha, infatti, costituito uno degli elementi dell’accusa nel processo nei confronti di Contrada.

Nell’ambito di “Pizza connection” (erano emersi a cura di Giovanni Falcone) i collegamenti criminali di Tognoli con noti esponenti dell’organizzazione “Cosa Nostra” dediti al traffico internazionale di stupefacenti, di cui era a capo il mafioso di Cinisi, Gaetano Badalamenti ed ai quali il Tognoli aveva prestato il proprio contributo sulla base della sua notevole esperienza nel settore delle mediazioni finanziarie internazionali.

LA FUGA DI TOGNOLI E LA TESTIMONIANZA DEL RAGUSANO SALVATORE TUMINO

Il giorno precedente al mandato di arresto, come racconterà il rappresentante ragusano Salvatore Tumino, ascoltato e verbalizzato dalla Squadra Mobile e dalla Finanza di Ragusa il 13 aprile del 1984 (anch’esso segreto fino ad oggi), Tognoli si trovava come sempre a Ragusa e lo stesso Tumino si recò “unitamente al signor Tognoli a Palermo” l’altro ieri, “in data 11/4/1984.

Siamo arrivati alle 10:00 circa a bordo della macchina della società Almer, per effettuare un giro di visite alla clientela. Abbiamo cenato e quindi verso le 21,30 siamo andati a letto a dormire in camere separate.

Ci siamo svegliati alle sette e, dopo aver fatto colazione, il Tognoli si è appartato con un suo amico, di cui non conosco il nome di corporatura massiccia che era accompagnato da altra persona. Dopo un quarto d’ora circa al seguito di una telefonata ricevuta, mi ha pregato di attendere per un paio d’ore in quanto lo stesso si sarebbe assentato momentaneamente. Nel frattempo di attendere la sua venuta mi sono allontanato per comprare un giornale e quindi nel ritornare ho notato il Tognoli che mi veniva incontro da solo con una valigia e borsetta. A mia specifica richiesta lo stesso mi diceva che ci dovevamo vedere direttamente dal cliente (…). Io sono andato dal cliente e aspettavo il Tognoli quando verso le ore 11:30 mi ha chiamato dicendomi che potevo continuare da solo mi giro delle visite e che ci saremmo rivisti l’indomani a Ragusa. Da allora non l’ho più visto e sentito”.

I BOSS IN SOGGIORNO OBBLIGATO

Per gli insediamenti in provincia di Ragusa e nell’area iblea gli imprenditori del nord avevano necessita di rivolgersi ad un uomo d’onore presente sul posto che gli garantisse tranquillità e, a tal fine, utilizzavano i soggiornanti obbligati”.

A parlare è sempre Giovanni Brusca. Teniamo presente queste parole, perché le ritroveremo di grande interesse non solo in questo caso ma anche in altri casi imprenditoriali che riprenderemo prossimamente.

Va detto, infatti, che negli anni 70′ Gaspare (e poi anche il fratello Salvatore) Gambino, originari di Villabate e parenti di Carlo Gambino, capo indiscusso di Cosa Nostra americana fino al giorno della sua morte nel 1976, venne mandato in soggiorno obbligato ad Acate.

Il Gambino si trovò così bene che, finito di scontare il suo “soggiorno obbligato”, acquistò dei terreni e si trasferì definitivamente nel ragusano.

A ciò va aggiunto (chi legge potrà fare i collegamenti che riterrà) che i Gambino (il ceppo americano, parenti molto vicini del ceppo ragusano) vennero coinvolti nella stessa inchiesta, “Pizza connection”, nella quale abbiamo visto venne coinvolto anche Oliviero Tognoli.

Infatti dopo la seconda guerra di mafia (1981-82), il traffico di eroina venne gestito da mafiosi appartenenti alle Famiglie perdenti che, con il benestare del clan dei corleonesi, erano in affari con la Famiglia Gambino di Brooklyn.

LE CONDANNE DI TOGNOLI

Successivamente Oliviero Tognoli è stato anche giudicato dal Tribunale di Roma che, con sentenza n° 614 in data 28 marzo 1992, divenuta irrevocabile il 6 ottobre 1992, lo ha condannato alla pena di anni sei, mesi otto di reclusione e £ 200.000.000 di multa per il delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, aggravato per avere agito con la qualifica di “capo” ed in concorso con un numero di persone superiore a dieci, tra le quali numerosi esponenti di “Cosa Nostra” già condannati con sentenza irrevocabile per il reato di cui all’art. 416 bis. c.p. nell’ambito del primo maxi processo.

Con tale sentenza, il peculiare contributo offerto dal Tognoli, “in posizione eminente e con mansioni dirigenziali di dominus dei conti svizzeri”, era stato individuato nell’attività di riciclaggio, tramite banche di diversi paesi esteri ed in particolare della Svizzera, del denaro proveniente da un vasto traffico internazionale di eroina, fatto poi confluire nelle disponibilità finanziarie di “Cosa Nostra”.

Lo stesso Tognoli è stato, inoltre, condannato dalla Corte d’assise della Svizzera a tre anni e mezzo di carcere per complicità nel finanziamento di narcotraffico, cinque anni di bando dal paese, a 20.000 franchi di ammenda e al sequestro di 110.000 franchi. Il tribunale ha ritenuto dimostrato il riciclaggio di denaro solo per 4,5 milioni di franchi, per il resto i giurati avevano dubbi e decisero a favore dell’imputato. Inoltre il tribunale accettò la richiesta delle circostanze attenuanti fatta dalla difesa, riconobbe in Oliviero Tognoli un sincero pentimento e che egli aveva agito per necessità in una situazione difficile. La Corte di Cassazione ticinese e il tribunale federale confermarono il giudizio.

Anche questa è una storia ragusana. Anche questa fa parte della storia della “Provincia babba”, dove tutto non avveniva (né avviene) e nella quale parlare di mafia è quasi reato.

Ragusa e Siracusa, un’intera area propizia tanto da diventare una sorta di paradiso per gli investimenti mafiosi che, come abbiamo detto all’inizio, ha rappresentato un’oasi felice per la mafia e per quegli interessi “grigi” e di confine fra imprenditoria, politica e criminalità organizzata che la hanno resa peggiore (in termini mafiosi) delle aree di Catania, Trapani e Palermo.

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