Una testa di agnello ed una cartuccia di fucile sopra il cofano della sua auto. E’ quanto trovato questa mattina dall’ex assessore di Rosolini, Carmelo Di Stefano.
Di Stefano, geometra, stava accompagnando il figlio a scuola e nell’ultimo periodo ha denunciato la “questione delle serre”.
E’ solo l’ultimo di una serie infinita di episodi intimidatori (il penultimo due settimane fa, ai danni della consigliera comunale del gruppo politico “Etica”, Tina Cicciarella) che da anni stanno sconvolgendo il territorio di Rosolini, ma anche di Pachino, di Avola e di Noto.
Una cultura mafiogena che, anche se non direttamente riconducibile a fatti di mafia (almeno in questo momento, aspettiamo le scrupolose indagini degli inquirenti, per l’episodio odierno procedono i Carabinieri della locale stazione, agli ordini del Maresciallo Vaccaro), offre il polso della situazione in loco: quando qualcosa per qualcuno non “va bene” – potrebbe essere il caso della “questione serre” -, allora si ricorra al gesto intimidatorio. E pazienza se a vedere l’episodio, come nel caso odierno, è il figlio piccolo del Di Stefano.
Ovviamente, neanche a dirlo, nessuno ha visto, nessuno ha sentito nulla. A parte i malcapitati.
Non si può, però, continuare così. E’ la realtà cittadina, l’intera comunità, che non può continuare a “far finta di nulla”.
Deve indignarsi e rifiutare questa sub-cultura mafiosa.
Un riscatto che, al di là del lavoro delle Forze dell’Ordine e della magistratura, non può che arrivare dai cittadini.
Il silenzio, l’omertà, sono mafia ed è per questo che, come auspicato dalla deputata Maria Marzana, è arrivato il momento che anche la Commissione Antimafia si occupi di questo lembo di terra.
Una realtà in cui gli affari dei clan si mischiano con il silenzio della gente, dove il confine fra criminalità comune e mafia è davvero molto labile. E dove, va ricordato, la politica non è assolutamente immune da grigi coinvolgimenti o da “silenzi – assensi”.
A Rosolini, lo abbiamo scritto anni fa (LEGGI ARTICOLO), sono molti gli interessi “criminali” che riguardano l’economia “legale” che sfocia nell’illegalità, ad iniziare dal Centro Commerciale tanto discusso.
Oggi la questione delle serre, il tutto “infarcito” dalle continue estorsioni – quasi mai denunciate – e da un assoggettamento alla forza d’intimidazione. Eppure, anche in questo caso, la stragrande maggioranza delle persone sono “per bene”.
LA REALTA’ CRIMINALE E GLI INTERESSI DEL CLAN:
Siamo nel cuore del “regno” del clan Trigila. Un clan spietatissimo che ha in Antonino detto Pinuccio Trigila, il capo indiscusso e, anche se per tutto il resto della sua vita non rivedrà più la libertà, continua a esercitare il ruolo di comando dal carcere.
A Rosolini agisce in prima persona il fratello – e messaggero di Pinuccio – Gianfranco Trigila (LEGGI QUI PER VEDERE LA MAPPA DEL CLAN).