San Giorgio “l’impostore”

Era tutto pronto, come ogni anno, per la celebrazione della festa più attesa in città, quella del Santo Patrono, il vero Patrono della città, San Giorgio, il Cavaliere che ha sconfitto il drago.

Il sagrato della Chiesa era gremito, migliaia di persone venute, come sempre, per assistere all’uscita del simulacro e seguire la processione baldanzosa e festante, quella scandita dal grido, ormai celebre: “A CHI ‘NPUTTAMO A NUDDU???

Gli organizzatori e i portatori erano in assetto operativo, il parroco era bardato come in un quadro papalino del ‘400, tanto che a mala pena riusciva a stare in piedi, i tecnici dei fuochi d’artificio erano pronti a far partire le “bombe” (così chiamiamo, dalle nostre parti, i giochi pirotecnici), le due bande musicali, tra loro rivali, riscaldavano gli ottoni sotto il sole impertinente del primo pomeriggio, guardandosi in cagnesco tra loro, come in un duello da far west. I consiglieri di  maggioranza, da bravi soldati, erano schierati ordinatamente, gli assessori pure (anche se nessuno li considerava), gli oppositori non opponevano per rispetto al Santo, i cronisti radiofonici intrattenevano il pubblico a casa con aneddoti e storie sul mitico Cavaliere e le sue origini.

Insomma, c’erano quasi tutti, ad eccezione di don Vannino il gelataio, tristemente deceduto qualche settimana prima, e il Podestà, di cui nessuno aveva notizie da quando aveva lasciato la casa comunale, qualche ora prima, armato di fascia tricolore, per andare a verificare di persona l’andamento dei lavori dell’ultima sua grande opera strategica (richiesta a gran voce da tutto il popolo): l’allargamento di dieci metri di marciapiede lungo il Corso principale, con annessa pavimentazione in basole di prestigiosa pietra bianca.

Insomma, tutto era pronto ma del Podestà nessuna notizia e il Presidente del comitato organizzativo era molto preoccupato perché, spiegava, mai avrebbero potuto iniziare i festeggiamenti senza il più illustre cittadino!!!

Proprio mentre manifestava questo suo pensiero, venne avvicinato da un messo comunale, il quale gli porse un biglietto in carta intestata del Municipio, firmato Io , su cui era scritto: “iniziate pure, non sarò al seguito della statua ma state tranquilli, non mancherò certo all’appuntamento! “.

Un po’ perplesso, dopo un breve consulto con gli assessori, i quali però non sapendo che pesci prendere, come sempre del resto, trovarono un pretesto per lavarsene le mani e tornarsene a sorridere inebetiti, per cui il Presidente del comitato dovette decidere di dare l’avvio alla festa, con enorme sollievo del Parroco, già ingobbito e ai limiti di un colpo apoplettico.

Il Simulacro venne portato sul sagrato e, al momento convenuto, solennemente liberato da un meraviglioso drappo rosso, decorato in oro, che lo ricopriva interamente. Qualcuno, tra le migliaia di cittadini, abbozzò istintivamente un applauso, represso quasi subito, le due bande sbrodolarono qualche nota sul pavimento caldo, e un silenzio afoso cadde dal cielo, annidandosi dentro le bocche slapancate degli astanti.

Il Podestà con l’armatura, l’elmo e con la spada in mano, sorridente e maestoso stava appollaiato sulla statua del cavallo bianco, al posto del Santo Patrono, e aveva le gambe che sembravano artigli e lo sguardo “allupato”, con gli occhi spalancati, in attesa di prendersi l’ovazione di tutti i suoi concittadini.

Vedendo, però, che tutti tacevano e infastidito per questo motivo, prese la parola e pronunciò questo breve discorso: “Per anni io, che sono l’unico a fare le cose in città, io unico e solo ad avere messo ordine in questo luogo, prima governato solo da incapaci, io che ho dovuto subire per anni l’onta di fare da comparsa a quell’impostore di San Giorgio! Ditemi! Cosa ha fatto lui più di quello che ho fatto io per voi? Nulla! Se ne è stato lì, fermo, tronfio e vanitoso, per secoli, nella cappella della Chiesa mentre io vi coccolavo, vi accarezzavo, vi concedevo tutto quello che volevate. Certo, qualche volta vi ho pure strattonato, maltrattato, vi ho messo le mani in tasca e, forse, anche un po’ “pressato” elettoralmente, ma l’ho fatto sempre per il vostro bene, perché senza di me voi non siete niente! Sono io quello che dovete acclamare in massa! Sono io che dovete amare perché sono io il vostro unico e solo Santo Protettore, io che vi regalo questa luminaria che nemmeno al Cesar Palace, io! L’unico che conoscete!

I cittadini guardavano sbalorditi. Poco più in là una donna cadeva svenuta, facendo un rumore acquoso di gelatina spiaccicata, mentre dietro gli occhi sbarrati del Nostro, la cui bocca tremava sotto il pizzo appena sbavato, un pensiero fugace ma triste gli morse l’anima: “Che scemo! Ho lasciato troppo la scena alle statue, il giorno di Pasqua…ma l’anno prossimo rimedio!”.

Dopo una pausa che sembrava fatta di cemento, le bombe “spararono”, la gente applaudì e la processione si avviò verso Modica Alta in direzione della Società Operaia. I fedeli si erano già adattati alla situazione, come avevano fatto per tutto il resto.  Il Podestà aveva ottenuto quello che voleva, i consiglieri di maggioranza erano orgogliosi e marciavano cantando l’inno, quelli di minoranza biascicavano impotenti, gli assessori sorridevano “trasparentemente” (e nessuno continuava a considerarli), il parroco benediceva con sforzo immenso e il venditore di piretti, quello chiacchierone, con i baffi a manubrio e la faccia simpatica, che era solito mettersi sulla piazzetta a lato della Chiesa, come sempre, fino a sera tarda, concluse ottimi affari.

A CHI ‘NPUTTAM A NUDDU????”

W SAN GIORGIO!!!!

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