Sei scafisti arrestati dalla Squadra Mobile: gravi le accuse

La Squadra Mobile, in collaborazione con il Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine, la Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza e la Compagnia Carabinieri di Modica, ha eseguito il fermo di   Ahmed Lofti, 27 anni, , Ahmed Jamal, 19 anni,  Mouhamed Hameda, 24 anni,  Mouhamed Hemdan, 32 anni,  Mouhamed Mensi,  18 anni, e  Ali Hassan Ghali Hameda, 34 anni, tutti egiziani in quanto si associavano con altri soggetti presenti in Libia al fine trarne ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari di varie nazionalità. Il delitto è aggravato dal fatto di aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone; perché è stato commesso da più di 3 persone in concorso tra loro; per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale delle persone esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità ed inoltre per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale le persone sono state sottoposte a trattamento inumano e degradante.  Inoltre secondo quanto raccolto in elementi di prova dagli investigatori della Squadra Mobile risponderanno anche del reato di sequestro di persona in quanto con lo scopo di far raggiungere le coste italiane a tutti i migranti, hanno atteso che si riempisse la barca costringendo tutti i siriani a rimanere chiusi nella stiva del peschereccio per oltre 5 giorni senza poter mai uscire nonostante tutti volessero interrompere il viaggio e tornare indietro sulla terra ferma.
Gli arrestati hanno condotto dalle coste libiche a quelle italiane un fatiscente peschereccio in legno carico di 250 migranti provenienti prevalentemente dalla Siria e poche decine dall’Egitto per altro minori.

I FATTI

Alle   18 di  lunedì scorso la Nave “Luigi Dattilo” della Capitaneria di Porto rintracciava e recuperava a largo della coste libiche 2 gommoni di circa nove metri. Il giorno successivo recuperava un altro gommone ed un peschereccio di 15 metri salvando complessivamente 526 persone, molti dei quali minori e tanti neonati.
A conclusione di tale attività la nave “Luigi Dattilo” dirigeva verso il porto di Pozzallo, ove ormeggiava alle  7.30 di martredì. Tutti i migranti venivano fatti sbarcare ed allocati presso i C.P.S.A. di Pozzallo e di Comiso.

ORDINE PUBBLICO ED ASSISTENZA

Le operazioni di sbarco al porto di Pozzallo venivano coordinate dal Funzionario della Polizia di Stato della Questura di Ragusa responsabile dell’Ordine Pubblico, operazioni alle quali partecipavano 30 Agenti della Polizia di Stato, altri operatori delle Forze dell’Ordine, la Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana ed i medici dell’Asp per le prime cure.
Prima delle fasi di sbarco la Polizia Giudiziaria e la Polizia Scientifica unitamente ai medici della Sanità Marittima salivano a bordo al fine di iniziare a cercare elementi utili per le indagini.
Nelle more delle fasi di sbarco il Funzionario di Polizia responsabile dell’Ordine Pubblico si occupava di trasferire tutti gli ospiti del centro di Pozzallo al fine di poter accogliere quelli appena giunti. Una volta a terra gli extracomunitari venivano ospitati presso i locali del C.P.S.A. sito all’interno della succitata area portuale al fine di sottoporli alle difficoltose e delicate fasi di identificazione da parte di personale del Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica e dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Ragusa.
Dopo il soccorso e l’assistenza sanitaria dei migranti, la Polizia di Stato iniziava le procedure di identificazione e di intervista insieme ai mediatori.

LE INDAGINI

Gli uomini della Squadra Mobile della Polizia di Stato, la Guardia di Finanza ed i Carabinieri in questa occasione hanno dovuto quadruplicare le forze. Inoltre grazie anche al fatto che da giorni è già operativa nella città di Ragusa un’aliquota di personale mandato come rinforzo dal Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine alla Squadra Mobile l’attività è stata complessa ma portata a termine.
In questi casi seppur si tratta di un unico sbarco, gli investigatori devono fare i conti con i potenziali scafisti delle 4 imbarcazioni soccorse.
Grazie alla costanza ed all’esperienza maturata sul campo della Polizia, sfruttando anche la rabbia che in questo caso era ancora viva nei migranti, la Squadra Mobile ha rotto quasi subito il silenzio.
I cittadini siriani erano furiosi con gli scafisti, non avevano accettato il fatto che nonostante le continue richieste di scendere a terra gli scafisti egiziani li avessero obbligati a permanere a bordo fino a quando il “carico umano” non fosse arrivato al numero sperato.
Questa condotta tenuta dagli scafisti fa si che si configuri a loro carico anche il sequestro di persona considerato che questa costrizione fisica di rimanere a bordo del peschereccio chiusi nella stiva è durata 5 giorni senza alcuna interruzione a 500 metri dalla riva.
Anche in questo caso i testimoni sono stati fondamentali, hanno raccontato di violenze durante il viaggio nei confronti dei numerosi minori egiziani senza alcun motivo.
Le indagini durante quasi 24 ore hanno permesso di individuare ben 6 egiziani quali responsabili di questo ennesimo viaggio che all’organizzazione, stante quanto raccontato dai cittadini siriani ha fruttato quasi 500.000 euro.

LE TESTIMONIANZE

I racconti dei migranti fondamentali per le indagini:
• unitamente a mio, sono partito dal mio Paese nel 2012 per trasferirmi direttamente in Egitto passando per il Libano. Sono andato direttamente a Il Cairo dove ho abitato per circa un anno e mezzo ed ho svolto anche in tale territorio la professione di medico. Al Cairo ho preso in affitto un’abitazione e ho costantemente mantenuto contatti telefonici con il mio paese apprendendo in tal modo la tragedia che tale nazione sta vivendo e che costringe molti ad abbandonarla per trovare in altri territori situazioni di vita più democratiche, così come ho fatto io con mio figlio.
All’atto di lasciare la mia nazione di origine ho giurato che avrei fatto di tutto per giungere e stabilirmi in Europa, ma tale mio desiderio non poteva consolidarsi nell’immediatezza sia a causa degli ostacoli tuttora vigenti per raggiungere l’Europa e più precisamente l’Italia sia per le condizioni economiche che non mi consentivano ciò. Ho preferito, dunque, dimorare in un paese quale l’Egitto e colà fare in modo, lavorando, di racimolare la necessaria somma che mi avrebbe permesso, unitamente a mio figlio, di prendere parte ad uno di quei viaggi clandestini via mare verso l’Italia che apposite consorterie criminali operanti in Egitto organizzano. Sapendo che tali organizzazioni operano soprattutto in Alessandria d’Egitto, circa due settimane orsono, sempre unitamente a mio figlio e a mezzo autobus, mi sono trasferito in quella città. Appena giunto mi sono seduto al tavolo di un bar e ad uno dei camerieri ho espresso le mie intenzioni. Il predetto mi dava immediata risposta che era nelle sue possibilità procurarmi un recapito telefonico.
Nel corso del colloquio successivo apprendevo che effettivamente era nelle sue possibilità far partire me e mio figlio per l’Italia, in quanto appartenenti ad un’organizzazione criminale operante in tale settore.
Mi veniva risposto, dicendomi che la barca destinata per l’esodo era lunga 25 metri, che doveva imbarcare un numero di passeggeri pari a 160 e che loro erano una struttura particolarmente seria e non assolutamente paragonabile alle altre atteso che il pagamento del viaggio, corrispondente a 2.000 dollari USA per me ed altro pari importo per mio figlio.
Relativamente al modus operandi dell’organizzazione in relazione al viaggio non ho chiesto molto al mio interlocutore, atteso che ero già a conoscenza che i predetti avrebbero fatto in modo di provocare un soccorso in mare in modo che altre unità navali ci avrebbero portato direttamente in Italia. Tale pratica è oramai in uso da mesi da parte delle organizzazioni che operano nel settore dell’immigrazione clandestina verso l’Italia ed è ben nota a chiunque si avventura via mare per tale nazione.
Il giorno del viaggio, mi hanno prelevato dal capannone dove ci avevano stipato insieme ad altri e ci siamo incamminati fino a raggiungere un punto della spiaggia dove, già in acqua, vie era una barchetta in legno, mezzo questo utilizzato per trasportare, a turno di 18/20 soggetti, tutti i clandestini in acque più profonde dove stazionava una peschereccio in legno.
Tutti quanti siamo saliti su tale mezzo e man mano venivamo sistemati sui vari punti dello stesso dai componenti dell’equipaggio che già si trovava a bordo.
Relativamente alla nostra alimentazione vi provvedeva direttamente l’equipaggio del peschereccio a mezzo di tonno in scatola, pane e datteri. L’acqua che ci veniva distribuita, sebbene abbondante, risultava di un gusto ripugnante.
• prima della guerra svolgevo attività di ingegnere quale manager di progetti. Con l’inizio della guerra ho perso tutto così ho dovuto lasciare la Siria in cerca di una vita migliore. Il 01/06/2013, con mia moglie ed i miei due figli di 5 e 2 anni, siamo partiti dall’aeroporto di Damasco per recarci in Egitto al Cairo. Dal Cairo siamo subito andati ad Alessandria d’Egitto. Ad Alessandria abbiamo preso un appartamento in affitto ed ho svolto vari lavori contattando diverse organizzazioni che si occupano di organizzare viaggi clandestini verso l’Italia.
Poi ho conosciuto una persona, un egiziano di circa 45 anni, il quale mi ha detto che per la somma di 2.500 Dollari USA mi avrebbe fatto raggiungere l’Italia. Essendo notoriamente un viaggio rischioso, ho fatto tornare mia moglie ed i bambini in Siria ripromettendomi di farmi raggiungere una volta sistematomi. Sono stato più volte truffato da criminali senza scrupoli che si sono fatti pagare senza farmi partire.
Ho iniziato il viaggio e dopo circa un’ora di strada dal punto dove venivo prelevato giungevamo in una rimessa di camion che era di grande dimensioni ove vi trovavo all’interno tantissime persone, con il nostro arrivo ci concentravamo circa 70 persone, e nonostante io ho fatto l’autista non saprei indicare dove possa essere situato questo posto, posso solo dire che nella via dove è situato il sito, ho avuto modo di notare tanta gente armata, come anche all’interno del fabbricato c’erano circa 15 persone armate che ci davano ordini di come sistemarci e del percorso da seguire all’interno del capannone. In questo sito rimanevo circa una mezz’ora il tempo di organizzarsi per poi farci risalire in un altro mezzo, durante tali operazioni di trasbordo tra un mezzo ad un altro, notavo che i personaggi armati ricevevano delle chiamate telefoniche, ed ci comunicavano che potevano esserci del ritardo nella partenza, per via di qualche controllo di Polizia per strada.
Arrivati al punto stabilito dall’organizzazione ci facevano sedere sulla sabbia, dopo circa 10 minuti notavo che i personaggi dell’organizzazione conversavano via telefono, difatti dopo poco tempo arrivava una barca in legno di modeste dimensioni, mezzo questo che veniva utilizzato per il trasporto a gruppi di 20-22 soggetti di tutti quanti noi in acque più profonde dove vi era un peschereccio che stazionava. La citata barca in legno trasbordava, quindi, tutti i presenti sul peschereccio e le operazioni di trasbordo avvenivano in tutta fretta con l’ausilio dell’equipaggio di tale imbarcazione che ad ognuno di noi assegnava il posto da occupare. Molti di noi venivano fatti allocare all’interno della stiva del peschereccio, mentre altri occupavano il piano superiore.
Si trascorrevano ben cinque giorni all’interno della stiva del peschereccio.
Faccio presente che durante i cinque giorni trascorsi all’interno della stiva del peschereccio molti di noi siriani, circa il 50 per cento, ha fatto richiesta all’equipaggio di poter rientrare in Egitto a mezzo del peschereccio di raccordo, ma tale richiesta è stata negata tutte le volte, in quanto ci dicevano che dovevano riempire il peschereccio per poi poter partire e che non potevano scendere dovevamo stare li senza lasciarci alcuna possibilità in quanto ci veniva detto che tornare a terra significava essere ammazzati dai libici.
A conclusione dell’ultimo trasbordo, finalmente, il peschereccio sul quale mi trovavo iniziava a navigare e dopo 12 ore venivano soccorsi da una nave italiana.

LA CATTURA

Le indagini condotte dagli investigatori durate quasi 24 ore continuative, hanno permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto i responsabili del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di essersi associati con dei libici al momento ignoti.
A differenza che negli altri sbarchi in questo caso i migranti sono stati costretti a rimanere all’interno del peschereccio per 5 giorni privi della loro libertà nonostante le richieste di tornare sulla terra ferma, il tutto al fine di poter guadagnare quanto più possibile.
Ogni migrante ha pagato dai 2.000 euro in su per un totale di quasi 500.000 euro che sono andati quasi tutti agli organizzatori ed una piccola parte (in questo caso non è stato accertato) agli egiziani scafisti membri dell’equipaggio.
Al termine dell’Attività di Polizia condotta dalla task force e coordinata dalla Squadra Mobile gli arrestati sono stati condotti presso il carcere di Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea anch’essa impegnata sul fronte immigrazione costantemente.
In corso complesse indagini con i gruppi di investigatori presenti in territorio estero sugli altri componenti dell’associazione a delinquere di cui i fermati fanno parte responsabili del rato commesso in Libia ai danni del giovane eritreo.

LA GESTIONE DELL’ORDINE PUBBLICO

La Polizia di Stato responsabile dell’Ordine Pubblico così come delle indagini in materia di criminalità straniera, sta gestendo la “macchina” organizzativa con grande dedizione permettendo un fluido arrivo e contestuale partenza verso altre mete dei migranti a bordo dei charter messi a disposizione del Ministero dell’Interno così come accadrà nella data di oggi.
Gli uomini e le donne della Polizia di Stato stanno dando grande esempio di professionalità e spirito di abnegazione.
L’Ufficio Ordine Pubblico per disposizioni del Questore di Ragusa Giuseppe Gammino sta organizzando partenze via charter per far partire tutti i migranti in altri centri di accoglienza.

BILANCIO ATTIVITA’ POLIZIA GIUDIZIARIA

Sino ad oggi, solo nel 2014 sono stati arrestati 38 scafisti dalla Polizia Giudiziaria, da oggi con il prezioso contributo del Servizio Centrale Operativo.

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Nato a Ragusa il Primo febbraio del 1983 ma orgogliosamente Modicano! Studia al Liceo Classico "Tommaso Campailla" di Modica prima, per poi laurearsi in Giurisprudenza. Tre grandi passioni: Affetti, Scrittura e Giornalismo. "Il 29 marzo del 2009, con una emozione che mai dimenticherò, pubblico il mio primo romanzo: “Ti amo 1 in più dell’infinito…”. A fine 2012, il 22 dicembre, ho pubblicato il mio secondo libro: "Passaggio a Sud Est". Mentre il 27 gennaio ho l’immenso piacere di presentare all’Auditorium “Pietro Floridia” di Modica, il mio terzo lavoro: “Blu Maya”. Oggi collaboro con: l'Agenzia Giornalistica "AGI" ed altre testate giornalistiche".

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