Carlos aveva 30 anni, da 15 viveva con la sua famiglia in Italia, a Modica. In tasca un regolare contratto di lavoro. Fisico da atleta, un futuro carico di sogni. Amava questa terra. Carlos avverte dei sintomi di spossatezza agli arti inferiori. Viene ricoverato a Catania, al “Cannizzaro”. Gli viene diagnostica una polinevrite acuta, una infiammazione dei nervi motori e sensitivi. La terapia lo aiuta a riprendersi. Viene dimesso. Passa qualche giorno e Carlos accusa dolori. Si reca al Maggiore di Modica. Non c’è posto per il ricovero e viene assegnato al reparto di Medicina di Scicli. E’ qui che, secondo i familiari, comincia il calvario mortale di Carlos. Gli diagnosticano una sospetta pancreatite, sospendendo la terapia conclamata a Catania. Esami, prelievi ma le sue condizioni peggiorano. 12 giorni di ricovero senza nessun miglioramento del quadro clinico. I familiari vogliono che venga assegnato ad altra struttura specializzata. Per i medici la situazione è sotto controllo. Venerdì sera, però, le condizioni di Carlos peggiorano. Serve la rianimazione che a Scicli non c’è. Viene trasportato a Modica . Non si fa in tempo ad intubarlo. Carlos non ce la fa. Il suo cuore non regge. I suoi sogni di vita s’infrangono troppo prematuramente. Per i familiari si appalesano responsabilità. Si rivolgono alla Procura dove sfogano la loro rabbia attraverso la denuncia penale. Si apre il fascicolo d’indagine affidato ai carabinieri. Al momento nessun indagato. Il magistrato ha disposto l’esame autoptico che il medico legale effettuerà domani.