La storia drammatica di uno “scafista per caso”. Polizia arresta responsabili degli sbarchi mortali

In un “mare” di gente, carica di disperazione, ci stiamo purtroppo abituando a storie davvero drammatiche, sulle quali non riusciamo neanche a porre “l’accento”.

Una di queste è quella di un senegalese 25enne che, pur di arrivare in Italia (e non avendo come pagarsi il viaggio) si è proposto come “timoniere” di una delle tante carrette del mare.

“I miei connazionali mi hanno riferito che per andare in Italia avrei dovuto avere la disponibilità della somma di denaro di 1000 dinari libici. Chiedevo allora telefonicamente a mia madre di inviarmi tale somma di denaro, ma lei mi diceva di non averla. Mia madre mi consigliava di far circolare la voce che io sapevo condurre una barca, così contattavo i libici e riferivo tale circostanza. Qualche giorno più tardi, era il 15 maggio scorso, un uomo libico mi veniva a prelevare presso la casa di accoglienza e mi conduceva in una specie di capannone, dove erano presenti all’incirca 400 persone, di diverse nazionalità, che erano in attesa di partire per l’Italia. Il libico, quindi, mi diceva che da quel momento in poi avrei dovuto dormire in quel capannone fino al momento della partenza. Sono rimasto in quel capannone, insieme agli altri, per circa 15 giorni. Eravamo vigilato da libici armati di pistola che provvedevano anche a rifornirci di cibo (riso con l’olio) e bevande (acqua del rubinetto). Nessuno poteva uscire dal capannone.

I libici ci facevano anche lavorare nei campi e durante il lavoro venivamo dagli stessi sorvegliati a vista. Essi erano soliti anche picchiare le persone senza motivo o per motivi  futili; ci dicevano sempre di stare zitti. Il giorno della partenza i libici, per mezzo di un camion, ci hanno condotto su di una spiaggia di Tripoli dove vi erano quattro imbarcazioni in attesa di partire. Il camion ha effettuato più viaggi per condurre tutti i passeggeri dal capannone alla spiaggia; i libici facevano disporre le persone sul cassone del camion e poi lo coprivano con un telo. Più o meno trasportavano una cinquantina di persone a viaggio. Giunti in spiaggia, ci hanno condotto in una casa ubicata sulla stessa spiaggia in attesa della partenza. Il gommone all’atto della partenza, percorsi pochi metri, si rompeva a metà; nello specifico si rompeva a metà il pagliolato.

A causa di questo guasto siamo stati costretti a scendere dall’imbarcazione ed a ritornare sull’arenile ed i libici ci hanno nuovamente condotto nella casa in legno. Oltretutto ci hanno anche costretti a ricoverare il gommone all’interno della casa. Siamo rimasti in quella casa per un giorno intero e precisamente fino alle ore 22:00 del giorno successivo; in tutto questo tempo i libici non ci hanno distribuito nulla da mangiare o da bere. Fortunatamente avevamo in casa un rubinetto dal quale prelevavamo l’acqua per bere. Finalmente siamo partiti ed io conducevo il gommone ma dopo giorni di navigazione si guastava il motore”.

Tutto sino al soccorso ed al tragico trasbordo, con 3 morti e 2 dispersi.

Intanto la Polizia di Ragusa, coordinata dal Commissario Capo Nino Ciavola, ha identificato ed arrestato i due scafisti (uno è, ovviamente, il soggetto della storia).

Sono entrambi senegalesi, Babacar Gueye ed Sekou Sara Elhadji.

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Nato a Ragusa il Primo febbraio del 1983 ma orgogliosamente Modicano! Studia al Liceo Classico "Tommaso Campailla" di Modica prima, per poi laurearsi in Giurisprudenza. Tre grandi passioni: Affetti, Scrittura e Giornalismo. "Il 29 marzo del 2009, con una emozione che mai dimenticherò, pubblico il mio primo romanzo: “Ti amo 1 in più dell’infinito…”. A fine 2012, il 22 dicembre, ho pubblicato il mio secondo libro: "Passaggio a Sud Est". Mentre il 27 gennaio ho l’immenso piacere di presentare all’Auditorium “Pietro Floridia” di Modica, il mio terzo lavoro: “Blu Maya”. Oggi collaboro con: l'Agenzia Giornalistica "AGI" ed altre testate giornalistiche".

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